COSA SUCCEDE AL TUO CERVELLO QUANDO FAI ATTIVITÀ FISICA REGOLARMENTE?

I benefici che un’attività fisica fatta regolarmente assicura a tutti, non riguardano soltanto l’aspetto fisico, la funzionalità del corpo e di ogni suo organo, ma pure il nostro cervello e il sistema nervoso.

Fare esercizio fisico con regolarità, infatti, agisce sulle funzioni cerebrali come:

  • memoria
  • attenzione e concentrazione
  • pensiero creativo
  • resistenza ai fattori stressogeni

Ma non solo.

Aiuta a rendere più veloci oltre che a processare le innumerevoli informazioni in maniera più rapida.

Vediamo allora 7 benefici in dettaglio.

In questo articolo:

  • 1) Stress sotto controllo
  • 2) Ansia e attacchi di panico
  • 3) Attenzione e concentrazione
  • 4) Stop alla neuro degenerazione
  • 5) Miglioramento della memoria
  • 6) Preparazione all’apprendimento
  • 7) Controllo delle emozioni negative
  • Il meccanismo di base fondamentale

Stress sotto controllo

Fare attività fisica con regolarità ha un’azione diretta sulla gestione dei livelli di cortisolo (l’ormone prodotto dalle ghiandole surrenali su richiesta del cervello).

Il cortisolo, considerato l’ormone dello stress, ha la funzione di tenere allertato l’organismo quando alza i suoi livelli nel sangue.

Se questi livelli di cortisolo permangono però alti significa che il cervello e l’intero organismo sono sotto stress prolungato e non riescono a rilassarsi.

In che modo l’esercizio fisico interviene in questo caso?

Durante l’attività, che rappresenta una forma di stress fisico buono per l’organismo, il livello di cortisolo di innalza, ma a termine dell’allenamento il livello si abbassa ancor di più rispetto l’inizio dell’attività fisica.

riduzione stress attività fisica roberto travan

Non solo, ma continuando a praticare l’attività fisica, il livello di cortisolo non si innalzerà più di tanto e scenderà sempre al termine.

Con il tempo e la regolarità nella pratica, migliorerà la risposta allo stress non soltanto dopo l’attività fisica, ma pure in qualsiasi situazione di stress che la vita riserva.

Ansia e attacchi di panico

attività fisica gestione ansia roberto travan

Gestire l’ansia e tenere sotto controllo gli attacchi di panico, che si manifestano con un battito cardiaco accelerato e all’impazzata, un respiro affannoso e una pressione sanguigna elevata, è possibile con l’esercizio fisico.

Perché allenarsi significa provocare questi stessi sintomi come il cuore che batte forte, la pressione che si innalza, il respiro corto senza che destino preoccupazione.

Facendo attività fisica ci abituiamo a considerare positive queste sensazioni, a valutare come inevitabili, ma vitali.

Ecco che, in caso di ansia o di attacco di panico, il cuore in gola e la mancanza d’aria, vengono vissuti meno negativamente e in modo meno drammatico perché già fatta esperienza con regolarità.

Attenzione e concentrazione

attività fisica concentrazione roberto travan

Migliorare la capacità di concentrarsi oggi che siamo bombardati da numerosi stimoli continui, è un risultato che possiamo ottenere praticando una regolare attività fisica.

Molti studi dimostrano infatti che il cervello, quando si pratica dell’esercizio fisico, svolge una diversa attività nelle aree dei lobi parietale e frontale.

Queste aree sono particolarmente importanti per l’attenzione selettiva.

Stop alla neuro-degenerazione

Muoversi di più e con regolarità mette ogni individuo al riparo dalle patologie neuro degenerative come l’Alzheimer, la demenza senile, ecc.

La condizione di neuro infiammazione del cervello, che mette a rischio chiunque di sviluppare tali malattie, si riduce con l’attività fisica.

Per contro migliorano l’apprendimento, la memoria e cala il declino cognitivo.

Il cervello, infatti, riceve molte sostanze benefiche, aumenta la sua vascolarizzazione capillare con un maggior apporto di ossigeno, migliora la densità delle sinapsi e la connettività tra le diverse aree.

neuro degenerazione attività fisica roberto travan

Muoversi regolarmente potenzia il cervello anche con l’avanzare dell’età quando questo organo risulta meno modificabile.

L’invecchiamento, infatti, comporta una serie di cambiamenti cerebrali:

  • il cervello si riduce di peso, così come il flusso sanguigno
  • si riduce di conseguenza la disponibilità di serotonina e dopamina, neurotrasmettitori che fanno conseguire un declino delle prestazioni motorie e cognitive
  • diminuisce il numero dei neuroni

Miglioramento della memoria

L’attività fisica stimola il cervello e migliora le capacità mnemoniche grazie ad una connettività superiore tra il giro dentato (regione dell’ippocampo nel nostro cervello deputata alla formazione dei ricordi) e altre aree cerebrali.

memoria attività fisica roberto travan

Queste hanno il compito di recuperare i ricordi passati e di fare distinzione tra le memorie simili.

Sembra si restringa meno l’ippocampo, ovvero rallenta il suo naturale processo di atrofia che normalmente avviene con la senilità.

Preparazione all’apprendimento

L’attività fisica soprattutto nei ragazzi, oggi in calo causa l’utilizzo delle tecnologie attuali,:

  • agisce sul cervello dando migliore performance scolastica
  • dona benessere psicologico
  • contribuisce ad uno sviluppo positivo
  • e combatte i deficit dell’attenzione

Gli studi di neuroscienze concordano infatti che l’esercizio fisico regolare, non solo a scuola, ma pure fuori, ha un effetto sulla crescita strutturale del cervello, sulla plasticità simpatica, sul miglioramento delle funzioni neuro cognitive in particolare su quelle esecutive.

Starsene a lungo seduti per i ragazzi significa inibire l’apprendimento perché ossigeno e glucosio se ne vanno per gravità più copiosamente verso gli arti inferiori e meno verso il cervello.

apprendimento attività fisica roberto travan

I ragazzi risultano più assonnati perché si trovano in una condizione di riposo e non di attività.

Il cervello “realizza” che non c’è bisogno di attivarsi e più melatonina viene rilasciata, pertanto fanno fatica a concentrarsi.

Corpo attivo mente attiva!

Ai ragazzi (bambini e adolescenti) si raccomandano 60 minuti di attività aerobica di media-alta intensità ogni giorno e un’attività fisica più impegnativa, come il lavoro di rinforzo muscolare, tre volte almeno alla settimana.

Controllo delle emozioni negative

Le emozioni sono l’espressione di una risposta a innumerevoli stimoli esterni ed interni all’individuo e determinano un comportamento.

Quelle negative come la rabbia, la tristezza, la paura, ad esempio, alterano lo stato d’animo dell’individuo e compromettono la salute psicofisica.

Ecco che l’attività fisica praticata regolarmente favorisce la produzione e trasmissione delle endorfine, sostanze endogene che aiutano a ristabilire l’equilibrio alterato dalle emozioni negative.

attività fisica emozioni negative roberto travan

Si modifica così l’umore verso il positivo e insieme la percezione del dolore al punto da incrementare la resistenza nel sopportare le avversità.

Con l’attività fisica si alza il livello della dopamina che tiene sotto controllo la depressione.

Il meccanismo di base fondamentale

C’è un meccanismo di base fondamentale che aiuta a capire come l’attività fisica regolare aiuti il cervello.

Quando il corpo si muove più intensamente, si innalza la frequenza cardiaca con un conseguente aumento del flusso sanguigno verso il cervello.

Ecco che quest’organo, ossigenato e alimentato con il glucosio in modo più importante potenzia tutte le sue funzioni e migliora le sue condizioni garantendo la sua salute.

Una maggiore funzionalità vascolare cerebrale rafforza l’efficienza neuronale di tutte le aree cerebrali.

cervello attività fisica roberto travan

Il cervello prende dal corpo circa il 20% dell’energia disponibile.

Ma quando le richieste sono superiori come durante le funzioni e gli sforzi mentali di memorizzazione, apprendimento, ricerca di soluzioni, ecc. serve un quantitativo di ossigeno e di glucosio maggiore per dare alle cellule nervose più carburante.

La stretta connessione tra l’attività fisica e attività cerebrale comporta lo sviluppo e il mantenimento del nostro cervello e delle funzioni cognitive.

Essere attivi e praticare dell’esercizio fisico vuol dire anche favorire la moltiplicazione delle cellule nervose, i neuroni e rafforzare le connessioni tra di esse.

L’esecuzione costante e regolare di un’attività fisica, in pratica, rende il cervello più attivo, più adattabile e flessibile.


Fonti di consultazione

  • Muovi il corpo per potenziare il cervello“, Anders Hansen, Vallardi
  • Mente-corpo, cervello, educazione: l’Educazione fisica nell’ottica delle neuroscienze” Diana Olivieri
  • Kardinska Institutet, Dipartimento di Neuroscienze, studio pubblicato sulla rivista Cell


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L’ATTIVITÀ FISICA È GIÀ UN VACCINO?

Si legge ormai ovunque che l’attività fisica insieme ad un corretto stile di vita rappresenti una delle più efficaci difese per il nostro organismo. Gli effetti di una dosata e quotidiana attività fisica (leggi l’articolo“Posologia dell’esercizio fisico”) a sostegno del nostro sistema immunitario si contano nella produzione di anticorpi. E un buon numero di anticorpi (elementi prodotti come armi di difesa dai linfociti che attaccano l’agente patogeno e aiutano il sistema immunitario a distruggerlo), come il vaccino, garantiscono una protezione. 

Ma non basta. Muoversi migliora la risposta di difesa agendo in maniera diretta sul sistema immunitario, mentre avere un corpo attivo, sano, forte, del giusto peso perché costantemente allenato, che garantisce un organismo reattivo e funzionante, rappresenta la maniera indiretta di agire sul sistema immunitario.

Godere di una buona salute immunitaria significa sentirsi protetti come con un vaccino così da resistere meglio agli attacchi degli agenti virali senza gravi conseguenze o ristabilendosi con facilità. E avere un sistema immunitario efficiente vuol dire essere persone in forma, non in sovrappeso, senza soffrire di malattie metaboliche croniche come il diabete di tipo 2, senza soffrire di disturbi cardiovascolari o di pressione alta o, ancora, di malattie polmonari (leggi l’articolo “Patologie croniche e attività fisica”).

La pandemia da Covid-19 ha rilevato che la maggior parte delle persone ricoverate in ospedale manifesta almeno tre di queste condizioni patologiche tra cui l’ipertensione, il sovrappeso e l’obesità, una malattia metabolica cronica in un quadro di età avanzata e inattività o sedentarietà.

Già il sovrappeso per mancanza di attività fisica crea un’infiammazione sistemica dell’organismo con il rilascio di quelle sostanze infiammatorie chiamate citochine. Anche l’invecchiamento crea un quadro simile di infiammazione e acidosi che comporta una vulnerabilità agli attacchi virali.

L’attività fisica regolare, prevalentemente di tipo aerobico come, per esempio, camminare a passo sostenuto per 30 minuti minimo fino a un’ora quasi tutti i giorni coadiuva il sistema immunitario nella sua azione protettiva e di difesa. 

E se per attività fisica intendiamo qualunque genere di movimento fisico realizzato dalla muscolatura del nostro corpo che implica un dispendio energetico da parte dell’organismo, allora anche andare in bicicletta, seguire un corso o un programma in palestra, praticare uno sport è ciò che ci risulta più comprensibile. Ma pure utilizzare il corpo per spostare, sollevare, riordinare, accudire come in ambito lavorativo, domestico, assistenziale o del tempo libero significa fare comunque attività fisica purchè con regolarità, con un’intensità e una durata sufficienti.

Al contrario, sedentarietà e inattività (leggi l’articolo “Sedentari o inattivi”) rappresentano quel comportamento, come stare a lungo seduti o sdraiati, il cui dispendio energetico è pari o inferiore all’1,5 dell’equivalente metabolico.

[Piano d’azione globale dell’attività fisica 2018-2030 “Persone più attive per un mondo più sano” testo tradotto a cura di R. Chiodo Karpisky, UISP Progetto Active Voice].

Muoversi poco o quasi niente ha un’influenza diretta sul metabolismo del glucosio, sul metabolismo generale e sul sistema cardiocircolatorio così da rendere l’individuo debole, vulnerabile e a rischio di patologie o contagi.

La persona attiva è colei che inserisce l’attività fisica nella sua routine quotidiana.

Le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardano i 150 minuti consigliati di attività fisica di moderata intensità alla settimana per gli adulti comprendendo quella impiegata per gli spostamenti, in ambito lavorativo e ricreativo e i 60 minuti di attività quotidiana da moderata a intensa per gli adolescenti.

Ovviamente gli effetti dell’attività fisica sulla fisiologia del sistema immunitario sono diversi a seconda che sia regolare, di media intensità oppure ad alta intensità. Ciò significa che il rischio di infezione soprattutto delle vie aeree superiori varia: è minimo quando l’attività fisica è moderata, è molto elevato quando il soggetto è sedentario e sale ancora di più quando il soggetto pratica un’attività fisica molto intensa e di lunga durata (sovrallenamento sportivo).

[SIMG Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie].

Un’intensa ed estenuante attività fisica o sportiva comporta, infatti, al termine della stessa e per la durata di un certo numero di ore (valore soggettivo), una ridotta concentrazione di linfociti.

Mentre i linfociti (cellule del sangue che appartengono ai globuli bianchi e producono anticorpi) si attivano nel sangue durante l’esecuzione dell’attività fisica per proteggere l’organismo, al termine invece, causa l’entità dello sforzo, riducono la loro azione immunitaria. È definito Open Window il fenomeno della durata massima di 72 ore in cui gli atleti e tutti coloro che fanno intensa attività fisica a livello agonistico o amatoriale subiscono un forte calo dell’attività del sistema immunitario.

Al contrario, un fisico di qualsiasi età stimolato regolarmente con attività fisica non troppo elevata che lo mantiene allenato è in grado di rispondere in maniera efficace alle sollecitazioni esterne e a eventuali contagi perché abituato a saper recuperare nella fase di riposo dopo l’attività fisica. 

Cosa significa ciò? 

Significa che durante lo svolgimento di attività fisica si creano delle microlesioni fisiologiche alle fibre muscolari che determinano uno stato infiammatorio. Tale infiammazione rappresenta una reazione immunologica naturale dell’organismo che si manifesta nella fase di recupero per riparare le fibre muscolari da quelle microlesioni causate durante l’esercizio fisico. Come dire che l’azione immunitaria si rende più efficace in una condizione di infiammazione provocata dall’attività fisica sul muscolo. Senza movimento non avvengono le microlesioni muscolari, non si crea quello stato infiammatorio che attiva la risposta immunitaria e quella di riparazione. Proprio come un vaccino che attiva le proprietà del sistema immunitario senza scatenare la malattia così da stimolare i meccanismi fisiologici di difesa dell’organismo contro le infezioni (risposta anticorpale).

Ma cos’è un vaccino?

Il vaccino inoculato nelle persone sottoposte a vaccinazione è costituito da virus o batteri inattivi (uccisi) o attenuati (resi innocui, privati cioè della loro capacità infettante) oppure da sostanze da loro prodotte (tossine inattivate).

Il vaccino è realmente lo strumento più efficace per prevenire l’insorgenza di alcune malattie gravi, per evitare di ammalarsi, soprattutto le categorie a rischio o di trasmettere una malattia impedendo il diffondersi di epidemie.

Vaccinarsi è semplice, ma alcuni soggetti possono correre il rischio di effetti collaterali, inoltre, nessun vaccino ha un’efficacia del 100%. Tuttavia, se il numero di persone vaccinate è elevato e supera una data soglia, i virus hanno maggiori difficoltà a diffondersi da un individuo all’altro e anche coloro che non sono vaccinati sono indirettamente protetti. È questa la “protezione di comunità” o herd immunity o “immunità di gregge”.

Così, se il vaccino garantisce l’immunità personale salvaguardando l’individuo vaccinato e al contempo l’immunità collettiva, una regolare costante attività fisica non solo migliora la risposta immunitaria del nostro sistema, ma pure la risposta di immunizzazione attiva del vaccino inoculato.

Far diventare l’attività fisica un’abitudine giornaliera, salutare come nutrirsi, idratarsi, riposare, ecc. aiuta ad essere più resistenti alle malattie infettive.

L’attuale pandemia del coronavirus Covid-19 e i rischi futuri danno l’opportunità di ribadire quanto uno stile di vita sano, basato sulla pratica di una dosata e continua attività fisica costituisca una regola di vita e un coadiuvante nella vaccinazione.

Il vaccino diventa indispensabile quando il rischio di contagio porta al manifestarsi della malattia, come accade oggi, e alle complicazioni respiratorie gravi che necessitano di ricovero ospedaliero. Ciò è necessario per non fare collassare il sistema sanitario, ma è anche un atto di responsabilità mantenersi fisicamente attivi per rendere più efficace l’azione del vaccino e per avere un organismo sano, funzionale che si protegge da sé.

Altre fonti: 

  • docenti.unime.it “Le difese dell’organismo”
  • scienzainrete.it “Vaccini e anticorpi, la rivoluzione dell’immunologia”

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CAMMINARE PER FARE ATTIVITÀ FISICA

Camminare è un’azione che coinvolge il corpo in un impegno totale solo quando è eseguita bene e quando presuppone di avere libere le articolazioni del piede (dita e alluce), della caviglia, del ginocchio, dell’anca, del bacino, della schiena fino alle spalle. Blocchi articolari importanti, tensioni muscolari o legamentari infatti condizionano il modo di camminare.

Ciascuno di noi ha un suo stile personale nel camminare determinato da molti fattori compresi anche quelli culturali e religiosi, le malattie, i traumi e gli altri eventi della storia individuale, le influenze familiari e sociali.

Il nostro modo di camminare rappresenta infatti la nostra postura in movimento che ad ogni passo si rinnova: se è una buona postura, non ha bisogno di nuovi adattamenti, se è cattiva richiede qualche aggiustamento nell’andatura. 

Attenzione che imparare a camminare in maniera più funzionale richiede tempo. 

Se un bambino impara nuove abilità in tre-sei sei mesi, l’adulto che deve sostituire alcuni movimenti scorretti con altri più funzionali, ha bisogno di più tempo, di consapevolezza e volontà.

Ognuno di noi ha inoltre la sua cadenza preferita nel camminare che dipende dalla lunghezza della gamba e che in genere rappresenta il ritmo con cui si deambula al minor consumo energetico.

Quando camminiamo, un piede alla volta rimane sempre sul terreno in appoggio e l’equilibrio, la coordinazione con le braccia sono il risultato di una stretta collaborazione tra il controllo top-down del cervello, lo stimolo botton-up di piedi e gambe, il controllo del midollo spinale sul ritmo.

Ogni porzione del piede ha una funzione diversa nella dinamica del passo. 

Il tallone è il primo punto di contatto con il terreno, l’arco plantare è responsabile dell’elasticità e quindi dell’adattamento del piede al suolo, la parte anteriore fino alle dita rappresenta il vero punto di forza perché dà la spinta per mandare in avanti il corpo e compiere così il passo.

Camminare è un’azione che si svolge su tre piani di movimento: 

  • sagittale-mediano (movimento verso destra – sinistra), 
  • frontale (movimento avanti – dietro) 
  • trasverso (movimento alto – basso).

Quasi tutti ci muoviamo in modo un po’ asimmetrico. Abbiamo un piede preferenziale con cui iniziamo sempre il primo passo senza rendercene conto, mentre il piede che resta a terra e più statico e regge il peso. Ecco perché la muscolatura può risultare diversa tra una gamba e l’altra.

Poggiamo il tallone a terra come prima parte, ma poi carichiamo più il lato esterno o interno del piede e la spinta delle dita può non essere sempre completa terminando con quella dell’alluce.

Il ciclo del passo si divide in otto fasi funzionali, secondarie alle due principali di appoggio (stance) e di oscillazione (swing), necessarie a svolgere i compiti di: 

  • carico del peso corporeo;
  • sostegno su una gamba sola;
  • progressione dell’arto inferiore in avanti.

Si può scegliere di camminare lentamente allo scopo di impegnare di più tutte le strutture articolari coinvolte (ogni tanto è bene farlo anche a piedi scalzi, leggi l’articolo del blog: “Attività fisica a piedi scalzi”) o perché si parte da zero causa i problemi osteoarticolari, l’età avanzata, il sovrappeso, le cardiopatie, l’inattività, la sedentarietà e si vuole fare il primo passo verso il recupero della forma fisica, la prevenzione e la cura della propria salute oppure verso un’attività fisica più impegnativa.

Camminare, infatti, è un’attività fisica di intesità moderata che stimola la resistenza utilizzando il meccanismo energetico aerobico così da migliorare la forma fisica e la salute metabolica.

Per aumentare l’intensità e renderla più allenante si può aumentare la velocità  del passo (sostenuto) e/o la durata (es. 30-45 minuti = tempo breve, 45-90 minuti = tempo medio, oltre i 90 minuti = tempo lungo).  

L’intensità può variare anche per l’asperità del terreno e per la pendenza: terreni variabili sotto i piedi e cambi di pendenza richiedono un impegno muscolare maggiore. 

Percorsi in salita e discesa, terreni sconnessi sui quali i piedi eseguono correttamente le fasi del passo, esercitano le nostre articolazioni e tessuti annessi (muscolare, connettivale, tendineo, legamentario) in un ottimo lavoro di mobilità, propriocettività e allungamento dando più funzionalità all’intero apparato locomotore e più efficacia all’allenamento.

Rendere più veloce il proprio modo di camminare significa aumentare la lunghezza del passo e la frequenza. Anche il movimento rapido delle braccia sincronizzato con quello delle gambe (i gomiti stanno più in flessione per ridurre il tempo di oscillazione del braccio avanti e indietro rispetto la spalla) aiuta a mantenere l’andatura veloce dei piedi.

La camminata rapida o sportiva è un modo volontario di camminare a ritmo accelerato (dai 5 ai 7 km/ora circa) in cui è necessario sapere e poter articolare bene il piede: poggiare con sicurezza il tallone, compiere più passi spingendo energicamente sulle dita fino allo stacco dell’ alluce da terra, dà maggiore potenza alla camminata.

Per camminare velocemente ci vuole una buona consapevolezza corporea e soprattutto nessuna limitazione o impedimento come portare uno zaino sulle spalle, trascinare un trolley da viaggio, spingere un carrello, tenere qualcuno per mano o il cane al guinzaglio che riduce i movimenti della parte superiore del corpo, impedisce l’oscillazione delle braccia e del bacino.

Prepararsi a camminare con una serie di esercizi è importante affinché sia sostenibile e più naturale possibile per tutti:

  • oscillare le braccia portandole ben indietro e in alto per ottenere la massima mobilità delle spalle;
  • mobilizzare alluce, dita, piede, caviglia sia dalla posizione in piedi sia da seduto aiutandosi con le mani;
  • scendere alcune volte in piegamento naturale con le ginocchia flesse fino dove è consentito per attivare la muscolatura delle cosce;
  • andare sulle punte e sui talloni per mobilizzare ancora la caviglia e stimolare la muscolatura del polpaccio;
  • in piedi, ruotare il busto sul bacino fermo per attivare la muscolatura del tronco.

Gli esercizi descritti consentono di aumentare il flusso sanguigno in tutto il corpo, di attivare le strutture che verranno maggiormente sollecitate inizianda a camminare, di stimolare l’organismo all’attività. 

Dedicàti pochi minuti alla preparazione (meglio se ogni giorno) non resta che infilare scarpe comode e uscire. 


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PERCHÉ CAMMINARE È LA MIGLIORE ATTIVITÀ FISICA

Si cammina poco e si cammina male, meno di quei 30 minuti giornalieri consigliati, eppure camminare, per chi lo fa, resta la forma di esercizio preferita

Non richiede un elevato livello di forma fisica né un’abilità motoria specifica, può essere praticata quasi ovunque, soprattutto all’aperto, tra spazi verdi o urbani, non c’è bisogno di un particolare abbigliamento o di un’attrezzatura, non pone vincoli d’orario e nemmeno di contesto.

Da soli o in compagnia, camminare è un’attività motoria spontanea, la più antica e naturale per uomo. Per gli esseri umani, anche quelli sedentari e inattivi dei nostri giorni, camminare rappresenta la forma più comune e più semplice di fare esercizio fisico, eppure se ne fa poca.

Infondo camminare non comporta un grosso impatto del peso corporeo sulle singole articolazioni (anche, ginocchia, caviglie, piedi) perché viene assorbito per intero dall’apparato locomotore (ossa, articolazioni, muscoli, tendini e legamenti) per cui risulta l’attività fisica più adatta a tutti soprattutto a coloro restii a entrare in palestra, agli inattivi, agli anziani, alle persone con patologie croniche o dismetaboliche.

Perché camminare fa bene a tutto il corpo. Vediamo perché.

  • Stimola gli organi sottoposti a sforzi e stress a proteggersi e recuperare;
  • aiuta l’intestino favorendone il transito;
  • riduce il livello del colesterolo “cattivo” (LDL, lipoproteine che trasportano il colesterolo dal fegato alle cellule dell’intero organismo) ed alza il livello del colesterolo “buono” (HDL, lipoproteine che portano il colesterolo in eccesso dalle cellule dell’organismo al fegato per smaltirlo);
  • abbassa la pressione arteriosa;
  • tiene controllato il rischio di diabete di tipo 2;
  • ha effetti sul tasso metabolico (consumo di energia per generare calore) e sul peso corporeo (camminare per un’ora alla velocità di 4 km/ora, per esempio, richiede tra le 100 e le 200 calorie bruciando circa 6 gr. di grasso);
  • può far dimagrire se si tiene conto che i grassi bruciano nell’organismo solo dopo circa 20 minuti di attività e se si bada a ciò che si mangia. Il grasso delle cellule adipose è rappresentato dai trigliceridi immagazzinati nell’organismo ovvero quei composti di carbonio, idrogeno e ossigeno che, grazie all’attività fisica e al camminare liberano il carbonio che viene eliminato col respiro sottoforma di anidride carbonica e trasformano idrogeno e ossigeno in acqua;
  • comporta una riduzione dei marcatori di infiammazione e di molti indicatori di patologie tra cui quelle cardiovascolari;
  • dà benefici a certi disturbi respiratori;
  • rallenta le varie forme degenerative legate di invecchiamento originando anche cambiamenti plastici nella struttura del cervello:
  • favorisce la produzione di una molecola importante, il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (o Vegf, Vascular Endothelial Growth Factor) che stimola la vascolarizzazione cioè la crescita della rete capillare che porta ossigeno e nutrimento alle cellule del sistema nervoso, aumentando l’afflusso di sangue al cervello e intensificando l’attività neurocognitiva; 
  • ha un grande impatto sulla memoria e sull’apprendimento perché migliora la struttura e la funzionalità cerebrale popolando di nuove cellule proprio quelle aree della memoria e dell’apprendimento;
  • riduce la produzione dell’ormone cortisolo rilasciato normalmente in risposta allo stress e agisce sull’umore (camminando dopocena a passo sostenuto senza particolari sforzi si favorisce una vasodilatazione duratura, anche per l’intera notte, con una conseguente azione antistress); 
  • consente con il suo andamento ritmico di avere una maggiore lucidità e di raggiungere uno stato meditativo (leggi l’articolo del blog “La meditazione nel movimento” ) e creativo di problem- solving.

Già alzarsi in piedi per iniziare a camminare ha effetti immediati sulla pressione e circolazione sanguigne e, come sosteneva già Ippocrate più di 2000 anni fa, “camminare è una medicina”.

Per essere efficace la camminata non deve avere un’andatura troppo lenta né una mancanza di simmetria o di sincronia dei movimenti del corpo soprattutto tra il lato destro e quello sinistro come spesso accade alle persone anziane.

Camminare bene, saper camminare in modo funzionale nel rispetto delle proprie caratteristiche e del proprio stato emotivo evita alla lunga di compromettere l’apparato muscolo-scheletrico con dolori articolari, mal di schiena, disturbi muscolari, ecc.

Utilizzare male le articolazioni, i legamenti, i muscoli e loro tendini diventa un’abitudine consolidata che perpetuandosi nel tempo non fa che peggiorare la situazione.

Sapendo solo quanto sia importante camminare non ci siamo forse mai posti il problema se lo facciamo bene o se lo facciamo male e quali conseguenze può avere nell’un caso o nell’altro.

Certo è che se camminare giova alla salute, siamo responsabili di farlo bene per non farci del male.

L’uomo non è evoluto per smettere di camminare e di muoversi né di rendere queste attività motorie opzionali, pertanto non è mai troppo tardi per incominciare.

E se il problema è riuscire a camminare per almeno quei 30 minuti al giorno consigliati, meglio pensare di farlo più volte in una giornata per un tempo molto breve oppure, se la preoccupazione è di calcolare il numero totale di passi fatti in una giornata come indicatore dell’attività fisica svolta, allora meglio misurare la cadenza, il ritmo della camminata cioè i passi compiuti al minuto. 

Uno studio pubblicato a maggio 2018 nel British Journal of Sport Medicine consiglia di raggiungere i 100 passi al minuto per una camminata di intensità moderata (velocità di circa 4,5 km/ora) che diventa un vero esercizio fisico, oppure di 130 passi al minuto e oltre per una camminata vigorosa che aiuta sia sul piano della forma fisica, del consumo calorico che della prestazione. In entrambi i casi lo schema è quello di un’attività fisica benefica.

Allora, perché attendere per iniziare? 

La risposta su come farlo nel prossimo articolo del blog…


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PATOLOGIE CRONICHE E ATTIVITÀ FISICA

L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19 ha sottolineato che il rischio di ammalarsi può dipendere dall’essere affetti dalle patologie croniche e dai trattamenti farmacologici assunti per tenerle sotto controllo*.

Ha inoltre fatto emergere il valore della buona condizione di salute grazie all’importanza dell’attività fisica. Già solo presentando una pressione alta, un iniziale diabete o una malattia cardiovascolare considerata “malattia di base”, siamo persone a rischio. 

Così è stato per il Covid-19 e così il novel coronavirus potrà mettere in pericolo la vita delle persone non solo anziane, deboli o immunodepresse.

Ma quali sono le patologie croniche e perchè mettono a rischio la nostra salute?

Sono malattie che insorgono già in età giovanile-adulta, ma che si manifestano clinicamente solo decenni dopo. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) le definisce “…quelle patologie non trasmissibili da una persona all’altra che presentano le caratteristiche di lunga durata e, generalmente una lenta progressione”

Sono considerate problemi di salute che necessitano di un trattamento continuo durante un periodo di tempo che va da anni a decadi o per sempre e richiedono l’impegno del 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale.

Costituiscono la prima causa di morte e comprendono le cardiopatie, l’ictus, il cancro, il diabete, le malattie respiratorie croniche, le malattie mentali, i disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointestinale, i difetti della vista e dell’udito, le malattie genetiche.

Sono considerate croniche perché, con il passare del tempo e con le dovute cure (intendo cure mediche o farmacologiche, non sani comportamenti e buoni stili di vita!) non si risolvono, hanno infatti le caratteristiche di lunga durata e lenta progressione e il Sistema Sanitario Nazionale deve farsene carico.

Alla base di molte di queste patologie c’è uno stile di vita poco sano in cui la mancata attività fisica rappresenta la causa più rilevante oltre ad una alimentazione disordinata.

Questo comportamento genera fin da subito quei fattori di rischio intermedi come l’ipertensione, la glicemia alta, l’eccesso di colesterolo, il sovrappeso che portano dritti alle patologie croniche. 

Oggi, c’è però maggiore attenzione verso le patologie croniche dopo l’esperienza del Covid-19

A lungo sottovalutate, hanno contribuito a far nascere alcuni preconcetti come il pensare che rappresentino una minaccia molto lontana nel tempo e meno importante di qualsiasi malattia infettiva o che possano passare per un normale processo di invecchiamento.

Già nel 2005 la rivista scientifica Lancet aveva lanciato un allarme sulla diffusione delle malattie croniche, una possibile epidemia invisibile evitabile solo grazie ad un impegno sociale, politico, culturale.

L’incidenza di queste patologie è molto alta. In Italia si contavano nel 2019, 24 milioni di persone affette da, le più frequenti, ipertensione, malattie reumatiche e degenerative come l’artrite, l’artrosi e l’osteoporosi, allergie, cardiopatie, diabete. E sono in aumento.

Il paradosso è che la salute a livello mondiale sta migliorando perchè si muore di meno e si vive di più, ma si vive abbastanza a lungo da sviluppare molte malattie croniche.

La salute è una dimensione decisiva nel nostro vivere e la pandemia delle malattie croniche e l’ultima del Covid-19 ci obbligano a ridefinirla in termini di responsabilità personale oltre che collettiva.

La salute è nostra responsabilità. Abbiamo il dovere di gestire e proteggere la nostra salute come il bene più prezioso che ci viene dato alla nascita perché, salvo alcuni rari casi, nasciamo tutti sani. Salvaguardare la propria salute è un dovere individuale e sociale perché gli aiuti e le soluzioni non possono arrivare solo dall’assistenza sanitaria, dagli studi scientifici o dagli ultimi ritrovati farmacologici.

Solo adottando uno stile di vita sano in cui l’attività fisica occupa il primo posto, potremmo evitare circa la metà delle patologie croniche o ritardare la loro insorgenza.

La cura e la prevenzione delle malattie croniche devono passare attraverso le scelte individuali. E prendendo decisioni – in tema di attività fisica – su come aiutare l’organismo muovendosi di più, ognuno di noi determina la propria condizione di salute assumendosene la responsabilità.

Neurologi, reumatologi e psichiatri consigliano il movimento per le malattie croniche: bisogna alzarsi ogni giorno e attivarsi.

È vero che ci sono fattori non modificabili come l’età, il sesso, la genetica e le malattie preesistenti che possono essere inevitabili fattori di rischio per alcune patologie croniche.

Un modello elaborato negli Stati Uniti mostra i fattori che influenzano la salute**:

  • 20% genetica, età e sesso;
  • 10% accesso ai servizi sanitari e qualità;
  • 20% ambiente e ambito sociale;
  • 50% comportamenti e stile di vita

Ma intervenendo su tutti gli altri fattori, soprattutto sui comportamenti che sono modificabili, siamo in grado di gestire in senso migliorativo anche i fattori non modificabili!

Un soggetto, ad esempio, con una familiarità al diabete perché le statistiche dimostrano che ha un carattere ereditario, può diminuire il rischio di ammalarsi di diabete (leggi l’articolo del blog “Combattere il diabete con l’attività fisica“) se adotta dei comportamenti positivi come la pratica costante di attività fisica e una alimentazione corretta.

L’attività motoria indispensabile nella riduzione e prevenzione delle patologie croniche comprende ogni forma di attività praticabile nel tempo libero (attività sportive e esercizio fisico), al lavoro, dentro casa, attorno la propria abitazione, negli spostamenti da luogo a luogo con o senza mezzi di trasporto dove ci sia di base un impegno muscolare. 

Muoversi di più, questo è il monito, lo dice l’Istituto Superiore di Sanità: il movimento cura e previene le malattie cronico-degenerative a tutte le età.

Si consiglia un’attività fisica aerobica di resistenza di moderata intensità come camminare, andare in bicicletta, ballare, nuotare per un tempo di 30 minuti al giorno per cinque giorni alla settimana oppure un’attività fisica più intensa per un minimo di 20 minuti al giorno per tre giorni alla settimana; a questa si aggiunge l’attività motoria quotidiana di bassa intensità come quella per l’igiene personale, i lavori domestici, la preparazione dei pasti, ecc.

L’OMS raccomanda così quei livelli minimi di attività fisica per ottenere benefici alla salute ed essere fisicamente attivi a tre gruppi di persone per età:

  • 60 minuti di attività moderata-vigorosa ogni giorno per i bambini e ragazzi (5-17 anni) comprendendo almeno tre volte a settimana esercizi fisici per la forza.ì;
  • 150 minuti di attività moderata oppure 75 minuti di attività vigorosa alla settimana per gli adulti (18-64) anni in sessioni di almeno 10 minuti ciascuna comprendendo un lavoro di forza circa due volte alla settimana;
  • 150 minuti di attività moderata (come sopra) per anziani (dai 65 anni in poi); le indicazioni sono le stesse degli adulti, ma con maggiore attenzione per quegli esercizi orientati all’equilibrio per la prevenzione delle cadute.

Ad ogni età, una regolare, costante e moderata attività fisica, meglio se quotidiana, migliora la qualità della vita se: 

  • consente di mantenere un peso corporeo stabile nel tempo (è sufficiente infatti un aumento del 5% dell’indice di massa corporea per causare limitazioni della mobilità generale del corpo e soprattutto della parte inferiore portando lentamente ad un declino funzionale, ad una lenta degenerazione fisiologica che conducono alle forme degenerative di tipo artrosico e allora osteoporosi);
  • diminuisce la concentrazione di colesterolo nel sangue così da abbassare immediatamente il rischio di cardiopatie;
  • ostacola la patogenesi del diabete e riduce lo stato infiammatorio generale dell’organismo;
  • rafforza il sistema immunitario (leggi l’articolo del blog “L’attività fisica combatte i virus“) rendendo i soggetti meno immunodepressi.

Va da sé che ci siano davvero poche controindicazioni assolute all’attività fisica per le persone che manifestano già delle patologie croniche.

Anche la somma di brevi momenti di attività fisica durante tutta la giornata giova alla salute, a condizione che l’intensità sia moderata-vigorosa, come camminare a passo sostenuto (l’indicatore è la difficoltà a sostenere una conversazione).

L’attività fisica può salvare molte vite, a patto che quelle persone a rischio desiderino salvarsi con attività fisica perché l’attività fisica è un fattore di protezione della salute e un intervento sanitario efficace ma è sottoutilizzato!

Vero anche che consigliare dell’attività fisica in modo generico a persone con patologie croniche può rappresentare un rischio per chi decide di praticarla. L’aiuto di figure professionali, esperte del settore che collaborano con l’ambito medico, tutela la giusta pratica e il preciso dosaggio (leggi l’articolo del blog “Posologia dell’esercizio fisico“).

Con l’aumento del numero dei soggetti praticanti la giusta quantità e qualità di attività fisica si può raggiungere un importante obiettivo di sanità pubblica***.

*fonte: “Malattie croniche e rischio di Covid-19: risultati preliminari di uno             studio caso-controllo in Toscana”, Ars Toscana;

*fonte: “Il coronavirus è più pericoloso per chi soffre di queste patologie” National Geographic;

**fonte: IFTF; Center for Disease Control and Prevention;

*** fonte: Global reccomandations on Phisical activity for Health – World        Health Organization – OMS.


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RINGIOVANIRE CON L’ATTIVITÀ FISICA ?

Invecchiare è fisiologico, naturale, inevitabile.

C’è un invecchiamento biologico che prevede numerose modificazioni fisiche come l’abbassamento dell’udito, un indebolimento della vista, i capelli bianchi o il battito cardiaco che tende a rallentare, per citarne alcuni, così anche per il cervello, ma questo non rappresenta che circa il 30% dell’intero processo. 

Sono le singole cellule che cambiano e così tutti gli organi fino a indurre trasformazioni nell’aspetto esteriore della persona e nelle funzioni del suo organismo. Non si ferma il tempo e ogni corpo è destinato a invecchiare stando al passo con il suo processo naturale. Seguendo il suo ritmo, il corpo fisico si logora, si usura e si trasforma in modi diversi e in tempi diversi da soggetto a soggetto e invecchia. 

Il 70% di questo lento e inesorabile cambiamento può essere però controllato da un corretto stile di vita: ciò significa che possiamo non subire questo cambiamento se facciamo le scelte giuste.

Il 70% del processo di deterioramento fisico legato all’invecchiamento, infatti, come la debolezza, la fragilità, i problemi di equilibrio, gli acciacchi articolari e muscolari, il rallentamento metabolico si può prevenire quasi fino alla fine dei nostri giorni.

Una buona manutenzione del nostro corpo fatta cambiando stile di vita a qualsiasi età (perché non è mai troppo tardi!) e muovendosi di più evita numerosi problemi e infortuni che capitano solitamente nell’ultimo terzo della vita. Perché invecchiare è anche questione di abitudini e scelte di vita.

Se tornare indietro nel tempo non si può, conviene tenere il corpo attivo con regolarità e costanza per ringiovanire almeno da un punto di vista funzionale.

Ringiovanire è legato alla possibilità di vivere fino oltre gli 80 anni con un corpo fisico e un organismo efficiente come se ne avessimo 50 – 60! 

Ma come fare e quanto incide l’attività fisica in questo processo? 

L’attività fisica praticata costantemente cambia i segnali inviati al corpo: ogni esercizio fisico, infatti, invia segnali chimici al cervello e al corpo di vitalità, di energia e non certo di decadimento. Come dire che fare esercizio fisico inverte la chimica del decadimento!

Le cellule del nostro corpo vengono periodicamente sostituite con quelle nuove e sono i muscoli a controllare la chimica della crescita. Se noi stimoliamo la muscolatura con l’attività fisica costante, siamo in grado di garantire la nuova crescita delle cellule anziché il loro progressivo decadimento.

Gli effetti di un’attività fisica costante, di intensità moderata e cadenze ravvicinate, rallenta l’invecchiamento a livello cellulare facendo guadagnare un buon numero di anni. La misura di questo “ringiovanimento” è data dai telomeri che rappresentano una sorta di orologio biologico e che si riducono in lunghezza man mano che si aggiungono anni alla vita.

I telomeri sono considerati le estremità dei cromosomi e hanno la funzione di proteggerli da un processo di deterioramento mentre si accorciano con l’avanzare dell’età. Le persone non più giovani che praticano poca attività fisica o sono sedentarie, hanno i telomeri dei loro cromosomi più corti di quelli delle persone attive.

(Fonte: Studio della Brigham Young University pubblicato sulla rivista Nutrition Examination Survey).

Muovendosi di più o continuando ad essere sportivi si ha un’età biologica inferiore rispetto coloro che hanno uno stile di vita sedentario.

Chi non fa attività fisica, infatti, e rimane inattivo, in particolare dopo una certa età, ha cellule biologicamente più vecchie di chi è attivo (ricerca sull’American Journal of Epidemiology della University of California, San Diego School of Medicine).

Fare attività fisica corregge quel declino funzionale dovuto alle mancate, continue sollecitazioni alla muscolatura. Condurre una vita sedentaria e reagire poco agli stimoli motori per pigrizia o trascuratezza comporta già dai quarant’anni in sù un’ atrofia muscolare cioè una perdita graduale di massa muscolare (massa magra) denominata sarcopenia (Leggi l’articolo del blog “L’esercizio fisico contro invecchiamento e sarcopenia” ).

Inoltre, muovendosi poco, il corpo tende ad accumulare più grasso perché il suo metabolismo rallenta e brucia di meno. Rimanendo sempre attivi, al contrario, I muscoli più tonici consumano di più, mantengono controllato il peso corporeo e contrastano l’accumulo di grasso.

Alcuni fattori chimici come le miochine, proteine rilasciate dai muscoli durante l’attività fisica, sembra permettano ai muscoli di avere una “comunicazione” con il cervello, con organi quali il pancreas, il fegato e pure con il tessuto adiposo attraverso una modulazione endocrina. Questa comunicazione riguarda la regolazione del benessere fisico. 

Cosa significa? 

Significa che il muscolo, come un organo endocrino, libera citochine e altri peptidi, le citate miochine, che svolgono un’azione antiinfiammatoria e di mediazione degli effetti benefici sull’organismo.

(Fonte: Hoffman e Weigert. Cold Spring Harb Perspect Med, 2017);

(Fonte: Pratesi et al. Skeletal Muscle: an endocrine organ. Clinical Cases Mineral Bone Metabolism, 2013).

Le miochine agiscono anche sulla perdita del tessuto adiposo agendo sul metabolismo dei lipidi, dei glicidi e sul grasso viscerale.


Benessere fisico, controllo del peso, metabolismo efficiente sono i risultati di un’attività fisica regolare, ma non basta. Dando tono e sviluppando il trofismo muscolare anche la pelle ne beneficia perché, maggiormente sostenuta e distesa sui muscoli più sviluppati, fa sembrare più sode le “carni” con minore effetto “tendina”!

Attivare un corpo con l’esercizio fisico significa garantire prestazioni di reazione alle varie situazioni e ai vari contesti, controllo delle posture assunte e quindi migliore aspetto esteriore, significa ottimizzare la sinergia muscolare così da avere maggiore efficacia nelle azioni, coordinazione e controllo del corpo nello spazio.

Sappiamo che invecchiare comporta una diminuzione della prestazione aerobica: la frequenza cardiaca massima si riduce e il massimo consumo di ossigeno cala di circa l’1% ogni anno.

Con una certa quantità di esercizio fisico, però, svolto con continuità si può recuperare una buona percentuale del valore del VO2 max (= massimo consumo di ossigeno al minuto durante uno sforzo fisico dinamico, di intensità massimale coinvolgendo i grandi gruppi muscolari) cioè il maggiore lavoro sostenibile nell’unità di tempo utilizzando il metabolismo aerobico. 

E se con l’attività fisica si ripristina il VO2 max perduto con il processo di invecchiamento, è come tornare indietro negli anni e sembrare più giovani oltre che sentirsi più giovani!

L’obiettivo di un’attività fisica specifica per ogni persona che vuole ringiovanire è di migliorare il corpo in maniera globale. E Il miglioramento deve intendersi sia delle capacità motorie, dello sviluppo della forza, della resistenza (più fiato), della velocità e dell’equilibrio oltre che dell’aspetto estetico.

L’attività fisica per ringiovanire non deve essere selettiva, ma utile ad allenare il corpo nel suo insieme. Forza, resistenza, flessibilità, controllo devono essere stimolati grazie agli esercizi fisici di tipo funzionale che servono a compiere meglio tutti quei movimenti che ritroviamo nella vita di tutti i giorni e che, a sua volta, diventano essi stessi esercizi alienanti.

L’attività fisica deve essere anche sostenibile da ciascuna persona in base alle sue caratteristiche fisiche, alle sue condizioni oltre che in base alle sue necessità fisiologiche perché deve essere portata avanti nel tempo fino alla fine dei propri giorni. Non ci sono scuse: per invecchiare bene e pretendere di ringiovanire funzionalmente dovremmo porre l’attività fisica obbligatoria nella nostra vita soprattutto dopo i cinquant’anni! Solo così possiamo mantenere o addirittura migliorare la forma fisica e la qualità della vita riducendo quel senso di stanchezza e a fatti meno affaticamento tipico di un’età che avanza.

Dal punto di vista pratico dobbiamo chiedere a noi stessi prima di tutto un impegno costante se vogliamo ringiovanire perché spesso accade che fare attività fisica non piaccia. 

In secondo luogo dobbiamo affidarci alla professionalità e alla competenza delle figure del settore: iscriversi in palestra, ad esempio, è l’aiuto necessario per saper cosa fare e perché è importante avere un posto dove andare e non improvvisare.

La guida di personale qualificato in esercizio fisico può spiegarci che il lavoro di flessibilità aiuta il tessuto connettivo a conservarsi elastico, le articolazioni meno rigide, i movimenti più ampi, un corpo più flessibile; che il lavoro di forza (2 volte alla settimana) usando i pesi serve a fermare quei processi di invecchiamento che comportano perdita della massa ossea, del tessuto muscolare (sarcopenia), disidratazione delle cartilagini, perdita dell’elasticità dei legamenti e dei tendini; che il lavoro di resistenza (come camminare, nuotare, pedalare, ecc.) migliora i sistemi cardiocircolatorio e respiratorio soprattutto mantenendo una respirazione di solo naso e senza affanno; che il lavoro propriocettivo o di controllo dà grande stabilità al corpo nello spazio, armonia, coordinazione ed equilibrio alla persona.

Un corpo che ottiene tutti questi risultati dall’attività fisica è un corpo che non mostra i segni dell’invecchiamento e che a tutti gli effetti è più giovane del corpo di coloro che rimangono inattivi e che si lasciano andare senza reagire. 

Ecco perché si può ringiovanire con l’attività fisica.


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SOPRAVVIVERE ALLO SMARTWORKING CON L’ATTIVITÀ FISICA

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ci ha fatto sperimentare una modalità lavorativa che ci consente di lavorare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata (anywhere and anytime), in questo caso da casa, utilizzando i dispositivi mobili come il proprio computer, il tablet, lo smartphone, ecc.: lo smartworking.

Caratteristico di alcuni settori oggi lo smartworking sta coinvolgendo tutti gli ambiti e tutte le persone e sembra improntare il futuro del mondo del lavoro: bisogna però sapersi organizzare bene.

È vero che lo smartworking o il lavoro agile è un modo flessibile di adempiere ai propri impegni lavorativi, ma, al di là dei numerosi vantaggi tra i quali poter lavorare da casa oppure avere tutto il tempo a disposizione, comporta una serie di conseguenze sul piano psico-fisico e sulla salute.

L’impatto dell’attività digitale nella vita delle persone, l’isolamento dal contesto lavorativo, relazionale e i mancati spostamenti giornalieri penalizzano lo slancio motorio e favoriscono i comportamenti sedentari. Si resta troppo a lungo fermi e seduti (leggi l’articolo del blog:”Perché troppo fermi e seduti fa male?”).

Sappiamo che i comportamenti sedentari influiscono sull’aumento del peso corporeo, delle problematiche osteoarticolari, del livello del colesterolo e della pressione sanguigna, così come possono disturbare il ritmo sonno-veglia, dare irritabilità e rendere più difficile la concentrazione.

Un corpo fermo in uno spazio limitato, una mente interconnessa, l’uso continuo dei dispositivi tecnologici, la costante reperibilità, la richiesta di risposte e soluzioni rapide, l’interferenza e la sovrapposizione tra lavoro e vita privata provocano un aumento dei livelli di stress con ripercussioni anche sul sistema immunitario.

Se da un lato lo smartworking non entra in merito all’orario, dà più opportunità e libertà di tempo perché punta sugli obiettivi, dall’altro disorienta facendoci rischiare perdite di tempo e di concretezza nell’organizzazione giornaliera.

Ci si dimentica di fare una pausa o spesso si rimanda a più tardi con il rischio non solo di muoversi poco, ma anche di precipitare nell’overwork e di esagerare.

Lo smartworking riduce inevitabilmente la quantità di attività motoria compiuta normalmente durante la giornata e, svolgendosi negli spazi casalinghi, accorcia il raggio d’azione e gli spostamenti. Confinati in casa siamo tutti più fermi.

Il danno fisico legato all’inattività, alla ripetitività di piccoli gesti poco funzionali per il nostro corpo (digitare, spostare il cursore o il mouse, ecc.) o ai rischi ergonomici (tipo di sedia, posizione al computer, ecc.) è valutabile nell’immediato e nel tempo.

Liberi di stare come ci pare, vestiti comodi, a casa lavoriamo senza dubbio in posizioni molto più rilassate, molto meno corrette e funzionali di quando siamo sul posto di lavoro sotto gli occhi di tutti. Così facendo perdiamo il ritmo di prenderci cura di noi stessi.

Contrastare la sedentarietà è il primo consiglio suggerito oltre che stabilire dei ritmi di impegno lavorativo ben definiti alternati a pause attive.

Lo smartworking comporta tensioni fisiche e mentali che si traducono in contratture fisiche e stress mentale perché il corpo non convoglia la sua energia in nessuna espressione motoria. Non basta alzare il dispositivo digitale all’altezza degli occhi per evitare di piegare la testa in avanti oppure evitare di utilizzare poltrone e divani come postazione di lavoro o le gambe accavallate!

La gestione dello smartworking prevede l’interruzione del lavoro per permettere alla muscolatura sollecitata nella posizione seduta di evitare il sovraccarico di lavoro e a quella poco stimolata di lavorare di più. Ecco perché è importante staccare con regolarità e muoversi. Se la sedia su cui sediamo a lungo non è ergonomica o non è una fitball, le interruzioni devono essere più frequenti.

È il tessuto connettivo ad essere coinvolto quando si è a lungo fermi e seduti, responsabile di retrazioni e disturbi muscolari e articolari.

Non è la postura sbagliata a creare tensioni muscolari al collo e alla schiena, ma la quasi immobilità con minime variazioni di posizione spesso verso quella più rilassata. 

L’impegno di non rinunciare alla salute comporta l’interruzione dello smartworking con brevi intervalli dedicati al movimento come fare esercizio fisico di resistenza, flessibilità e forza e ai bisogni primari come idratarsi, alimentarsi e andare al bagno. 

Usando un timer da cucina possiamo impostare le sessioni di lavoro della durata di 30-60 minuti a cui aggiungere la pausa attiva di 5-10 minuti. Ogni 2-3 tre ore di lavoro circa far seguire 30 minuti per camminare, possibilmente all’aperto, senza fermarsi, a passo sostenuto unendo qualche movimento complementare alle anche, ginocchia e caviglie, per esempio, (alzare le ginocchia al petto, procedere sugli avampiedi per contrarre di più i polpacci, portare i talloni ai glutei) per far circolare la linfa (leggi l’articolo del blog:”Muoversi per…far circolare”).

Rimanere attivi, pur confinati in casa o in spazi limitati, è il modo migliore di affrontare lo smartworking ed evitare le sgradevoli ripercussioni muscolo- scheletriche, circolatorie e metaboliche. 

È vero che contrastare la posizione seduta con una serie di azioni fisiche come i lavori domestici o le incombenze familiari può dare già molti benefici.

Nel mondo anglosassone la Non-exercise activity thermogenesis (NEAT) già da tempo definisce quel processo metabolico di dispendio energetico facendo quotidiane attività non paragonabili alla vera attività fisica, che tengono in movimento il nostro corpo. Così muoversi a tempo di musica, camminare mentre si telefona, stare in piedi, piegarsi, salire e scendere le scale, fare i lavori di casa e gestirla, accovacciarsi, spostare oggetti, giocare con i bambini sono movimenti ordinari eseguiti da tutti abitualmente e utili ad un corpo sedentario.

Ma non basta. Lo smartworking deve essere sostenibile per consentire al corpo di stimolare ogni giorno nelle giuste dosi (leggi l’articolo del blog:”Posologia dell’esercizio fisico”) la resistenza, la forza, e la flessibilità attraverso esercizi specifici. Potrebbe bastare seguire un corso di ginnastica on-line, curiosare tra i tutorial sul web o scaricare una app, ma è importante essere cauti e consapevoli delle proprie limitazioni, tener conto delle proprie caratteristiche fisiche, dei bisogni legati alla condizione fisica per non sollecitare troppo e male un corpo che rimane a lungo seduto soprattutto quando non si ha una grande esperienza. 

L’allungamento muscolare porta in detensione anche i tendini, i legamenti, le fasce di tessuto connettivo che avvolgono queste strutture liberando così le articolazioni e ridando quell’elasticità e leggerezza fisiologiche. Del resto “stiracchiarsi” viene naturale soprattutto al risveglio quando il corpo si desta da un lungo intervallo di immobilità! 

Conoscere “perché” fanno bene certi esercizi fisici aiuta a cogliere l’importanza e a farli più volentieri.

I benefici dell’attività fisica per lo smartworking si hanno solo se la svolgiamo regolarmente e, anche se poco esercizio è meglio di niente, vale la regola che sia costante.

Lavorare da remoto con i dispositivi digitali è la premessa dei nuovi scenari di domani. Lo smartworking si è diffuso, ma al centro deve stare la salute delle persone. Con l’attività fisica si può.

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PERCHÉ TROPPO FERMI E SEDUTI FA MALE?

Passiamo buona parte della nostra vita fermi e seduti davanti uno schermo e al volante senza sapere cosa accade al nostro organismo.

Le implicazioni sullo stato di salute e sulla forma fisica, oltre che sull’umore, sono davvero tante, ma non abbiamo consapevolezza che possano portare a sindromi metaboliche, a ripercussioni cardiovascolari o addirittura a tumori del colon-retto.

Quei problemi sono troppo lontani nel tempo per preoccupare: meglio capire cosa succede alla nostra salute nell’immediato.

Abitualmente rimaniamo fermi e seduti per un tempo più lungo di quello che trascorriamo dormendo. Da 6-8 a 13-15 ore al giorno sul lavoro, negli spostamenti, a casa, statici su una sedia, un sedile o una poltroncina non possiamo sfuggire all’azione della forza di gravità (Leggi anche “ATTIVITÀ FISICA E FORZA DI GRAVITÀ“) che ci schiaccia. 

La forza di gravità a cui siamo sottoposti, infatti, costantemente ci tira verso il basso, ci chiude, ci comprime, ci accorcia, riduce la mobilità delle nostre articolazioni, ci incurva irrigidendoci. Le posizioni in cui stiamo a lungo, l’inattività e l’influenza della forza di gravità modellano il nostro corpo fino a fargli assumere l’aspetto che vediamo riflesso ogni giorno nello specchio!

Curvi in avanti con la schiena a C quando siamo seduti, imponiamo ai dischi delle vertebre della nostra colonna una pressione poco naturale irritando le radici nervose e di seguito i nervi che si diramano da lì. A risentirne è tutta la colonna vertebrale che rimane in una postura scorretta e i cui dischi schiacciati non vengono nutriti né alleggeriti da un peso corporeo poco uniforme.

Il tratto cervicale, allungato in avanti per assecondare lo sforzo oculare al terminale o alla guida, si trova a reggere il peso della testa e a condizionare anche il tratto dorsale.

Ci ritroviamo così a stare gobbi e a ingobbirci nel tempo.

Il disequilibrio che si crea coinvolge pure le spalle che, chiuse in avanti mantengono alcuni gruppi muscolari in stiramento ed altri in accorciamento, con una conseguente limitazione di movimento.

Alcuni muscoli come i glutei, poco sollecitati a contrarsi, al contrario molto allungati e stirati, perdono il loro tono e creano un ulteriore squilibrio a livello di bacino.

L’articolazione dell’anca resta costantemente in flessione alterando i tessuti molli che, come i legamenti, i tendini, la capsula articolare, perdono parte della loro elasticità mentre l’ileo-psoas, muscolo flessore dell’anca, resta in accorciamento.

I muscoli addominali sono sottoutilizzati non essendo implicati nel controllo di una stazione eretta o nel mantenimento di una postura e lasciano rilassata la nostra pancia. Un sano tono muscolare addominale, invece, oltre a sostenere il core, aiuta anche il processo digestivo e la respirazione.

Stando fermi e seduti il diaframma non ha possibilità di espandersi in uno spazio addominale ridotto: gli atti respiratori sono brevi, poco ossigeno entra e poca anidride carbonica esce, le costole si alzano appena e il tratto dorsale rimane bloccato. Respirare bene è, invece, un requisito vitale per garantire una buona postura, per condizionare i movimenti del nostro corpo, lo stato mentale e l’efficienza intestinale!

E che dire di eventuali disturbi uro genitali, di perdite urinarie (soprattutto nella donna dei cinquant’anni in su) per mancato lavoro dei muscoli perineali e del trasverso dell’addome?

Ma la serie di disturbi e disequilibri fisici che stare a lungo seduti comporta, non finisce qui.

Una postura ferma e in chiusura come quando sediamo per ore porta gli strati della fascia connettivale ad aderire l’uno sull’altro riducendo la mobilità articolare e muscolare. Il tessuto connettivo, infatti, avvolge, fascia e fornisce una struttura a tutte le componenti del nostro organismo: continuo dalla testa ai piedi, come una rete connette ogni parte del nostro corpo e lo condiziona interamente.

Un corpo troppo fermo fa aumentare i valori della glicemia, del colesterolo e la quantità di tossine in circolo. Il cuore ne risente causa una circolazione sanguigna e linfatica rallentate, un’alterazione della pressione e una minore quantità di grassi bruciati.

E se sangue e linfa scorrono con minore velocità da seduti (magari con le gambe accavallate!), possono nascere disturbi agli arti inferiori (Leggi anche “MUOVERSI PER…FAR CIRCOLARE“. Non solo gonfiori e pesantezza, ma rischio di trombosi per formazione di coaguli (trombo).

Stare fermi seduti non aiuta il transito intestinale, non fa bene al microbiota del nostro intestino (Leggi anche “INTESTINO E ATTIVITÀ FISICA“) così come comporta seri rischi per il tratto del colon e del retto (emorroidi, ragadi, ecc.).

Particolare attenzione va fatta anche al pancreas e alla sua produzione di insulina che serve a tenere sotto controllo i livelli di glucosio per produrre energia. Stare seduti più di 8 ore al giorno porta ad un aumento del 90% del rischio di diabete di tipo 2. (Leggi anche “COME COMBATTERE IL DIABETE CON L’ATTIVITÀ FISICA“)

A questo punto, viene voglia di alzarsi e muoversi?

Già nell’atto di alzarsi, infatti, o di muoversi da una posizione statica mantenuta a lungo, si innesca una serie di reazioni a livello molecolare nel nostro organismo. Grazie all’insulina, per esempio, si attivano in pochi secondi i sistemi cellulari e muscolari che permettono di regolare i livelli di trigliceridi, glicemia e colesterolo nell’immediato.

Il nostro corpo è stato progettato per muoversi svincolandosi dalla forza di gravità nella continua ricerca di posture equilibrate. Più ci muoviamo e migliori diventano le posture che adottiamo soprattutto quando siamo costretti a stare a lungo fermi e seduti.

Tre sono i comportamenti da adottare per ridurre i danni fisici causati dalle posizioni statiche e le conseguenze per la nostra salute:

  • essere consapevoli che stare a lungo fermi e seduti e controindicato;
  • avere una seduta adeguata alle proprie caratteristiche fisiche e alle proprie esigenze intervallando il tempo trascorso da seduti con qualche esercizio fisico;
  • curare la propria forma fisica e lo stato di salute muovendoci per rendere il corpo adatto a stare a lungo fermo e seduto senza danneggiarlo.

La consapevolezza arriva quando impariamo a “sentire” che la postura adottata da fermi e seduti può essere migliorata.

Solo la sensibilità e la percezione di come stiamo quando siamo fermi e seduti rende sostenibile il cambiamento della postura. 

Il movimento che avviene nel nostro corpo quando eseguiamo un esercizio fisico per alternare la posizione da fermi e seduti, la contrazione dei muscoli che eseguono quell’esercizio, la percezione di cosa e dove sta avvenendo, sono elementi che devono essere “sentiti”. “Sentire” con il corpo significa essere consapevoli che qualcosa sta accadendo.

Avere una sedia o poltroncina adatta non significa ricercare l’ultimo modello in fatto di design! I designer, infatti, studiano il corpo umano per creare sedute confortevoli ed ergonomiche, ma dimenticano che non siamo fatti per stare fermi e seduti troppo a lungo.

Rivolgere l’attenzione a nuova sedia può a volte convincerci che i problemi di salute si risolvano soltanto così e non applicandoci dell’esercizio fisico! 

Allora, come stare seduti in modo sano?

Scegliere di farlo senza appoggiare la schiena e senza appoggiarsi ai braccioli stimola il lavoro della muscolatura addominale e della schiena così come posizionare un cuscino a cuneo in modo da avere le anche più alte delle ginocchia. 

Inoltre, la seduta su superfici instabili come una fit-ball o un cuscino pneumo-elastico contenente aria permette quei micro movimenti che mobilizzano in continuità le articolazioni e ci liberano da molte tensioni.

Una seduta adatta ed ergonomica non ci risparmia dall’intervallare il nostro lungo tempo trascorso in posizione statica con qualche esercizio fisico! 

Ecco allora che alzarci e camminare da una stanza ad un’altra, rimanere un po’ in piedi andando sulle punte e sui talloni sia a ginocchia estese che a ginocchia flesse, inginocchiarsi in posizione di affondo per allungare i flessori dell’anca (ileo-psos), mettersi in posizione quadrupedica (a gatto) incurvando la schiena in alto e in basso, può essere ripetuto più volte e può dare un grande beneficio.

Per eliminare gli effetti negativi accumulati nelle ore trascorse da seduti è importante, anche per chi pratica da tempo attività fisica (specifiche sedute settimanali dedicate), alternare la posizione seduta con gli esercizi.

Per chi si muove poco, decidere di iniziare a praticare con regolarità una corretta e dosata attività fisica, meglio se consigliata da personale esperto, è una scelta responsabile. 

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ATTIVITÀ FISICA E SONNO

Un terzo della nostra vita se ne va dormendo o tentando di farlo, ma sono in molti a non avere una buona qualità di sonno. Eppure dormire bene circa 7-8 ore al giorno è indispensabile per il nostro benessere, la salute e per un buon funzionamento del nostro cervello.

Il sonno è una condizione di riposo fisico e psichico perlopiù notturno,  che si contrappone allo stato di veglia, nella quale l’organismo ha ridotte attività e interazione con l’ambiente per consentire la conservazione e il recupero energetico. 

Le funzioni del sonno, in realtà, sono pure quelle rivolte alla memoria e all’apprendimento perché dormendo si assimilano e si generalizzano le informazioni, si consolidano nuove memorie mentre l’attività cerebrale rimane attiva riorganizzandosi.

È dal mancato sonno che si coglie la sua importanza: dormire poco o dormire male causa mancata regolazione dell’umore, irritabilità, deficit dell’attenzione, uno sbadigliare continuo, indebolimento del sistema immunitario che non tiene più a bada molte patologie, aumento dei rischi di disturbi cardiaci, di diabete e di obesità.

Come si svolge il sonno?

Le quattro fasi del sonno, dal sonnolento a quello paradosso, sono organizzate in cicli di circa 90 minuti che si ripetono mediamente 4-6 volte durante la notte e sono determinate da specifiche modificazioni che avvengono nell’organismo e nell’attività cerebrale.

Fase 1: è la fase di dormiveglia in cui il corpo entra in uno stato di sonno leggero; i muscoli si rilassano, la temperatura corporea si abbassa, il battito cardiaco rallenta, i movimenti degli occhi non sono ancora rapidi (NREM) e il tutto si predispone al passaggio verso un sonno più profondo.

Fase 2: è la fase di sonno medio in cui il corpo si addormenta. La temperatura corporea si abbassa ulteriormente, le ghiandole endocrine producono in maggior quantità gli ormoni specifici della crescita cellulare e, insieme all’invio di sangue alla muscolatura e al contributo dei sistema immunitario, lavorano in un processo di riparazione dei tessuti, di ricostruzione di quelli muscolare favorendo la rigenerazione.

Fase 3: lo stato del sonno è ancora più profondo e dal quale è difficile risvegliarsi. Gli occhi si muovono lentamente, il metabolismo corporeo rallenta e, passando alla fase successiva, si entra decisamente nel sonno lentoprofondo.

Fase 4 (REM): detta anche sonno delta, è caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dell’attività cerebrale. La respirazione si fa irregolare, gli occhi chiusi iniziano a muoversi rapidamente (REM = Rapid Eye Movements) ma in modo irregolare, la muscolatura involontaria risulta immobilizzata perché perde il suo tono e si sogna. È questo il cosiddetto sonnoparadosso in cui l’organismo, pur addormentato profondamente, presenta un’attività cerebrale molto simile a quella caratteristica dello stato di veglia: il cervello consuma ossigeno per rimanere attivo e il sonno è qualitativamente più leggero.

Il sonno dunque è efficace per un buon recupero, ma la sua durata e la sua qualità molto dipendono dalla condizione di stanchezza da cui il corpo ha necessità di recuperare. 

Cosa significa? 

Che il nostro corpo ha bisogno di stancarsi, di affaticarsi, di muoversi un po’ giorno per avere garantito un buon sonno ristoratore.

“La sedentarietà è con ogni probabilità nemica del buon riposo” cita Orfeu Buxton, specialista del Centro dei disturbi del sonno del Brigham and Women’s Hospital di Boston e con uno studio la National Sleep Foundation ha evidenziato che è prima di tutto la qualità del sonno a migliorare con l’attività fisica. 

Questo spiega perché molte persone sedentarie lamentino con frequenza disturbi del sonno e risvegli notturni.

L’inattività fisica è pertanto il reale nemico del sonno.

Il nostro organismo è progettato per l’attività motoria, ma i grandi cambiamenti che hanno facilitato e migliorato la condizione di vita di ciascuno, hanno ridotto la quantità di attività motoria e spinto verso una maggiore sedentarietà, fattore di rischio di numerose condizioni patologiche moderne. 

Fra tanti effetti positivi della pratica di una certa quantità di attività fisica giornaliera sulla nostra salute fisica e psichica c’è anche il farci dormire meglio. 

Questi effetti sono conseguenza delle modificazioni fisiologiche che avvengono a livello del nostro corpo grazie all’attività fisica. 

È bene tenere presente che questi cambiamenti sono però temporanei ovvero cessano nel momento in cui cessa l’attività fisica e in breve tempo l’organismo ritorna come prima, il sonno disturbato come prima.

Allora, iniziamo a muoverci!

L’attività fisica ottimale consigliata è quella che coinvolge il sistema cardiocircolatorio, l’apparato respiratorio e quello muscolo-scheletrico in proporzioni equilibrate anche se ogni occasione per muoversi va sempre sfruttata.

La quantità e l’intensità dell’attività fisica sono fondamentali per consentire a ciascuno di noi, in base alle proprie caratteristiche e ai propri limiti, di trarne beneficio. Proprio come un farmaco, l’attività fisica deve essere dosata, in accordo con la tesi del fisiologo italiano prof. Margaria (Rodolfo M. 1901 – 1983) che ha ribadito che farne troppo poca non serve, non dà beneficio, troppa fa male.

A chiunque si consiglia un’attività fisica moderata come intensità, ma costante nel tempo, possibilmente quotidiana. Si può partire al mattino dopo il sonno notturno e prima di colazione con alcuni minuti di risveglio muscolare; durante la settimana alternare un giorno di attività di resistenza come camminare per almeno 30 minuti, con un’attività di forza utilizzando pesi o elastici per un minimo di 20 minuti. 

Perché l’attività fisica praticata con consapevolezza e piacere aiuta anche a liberare la mente, ad abbandonare le preoccupazioni e l’ansia che portano invece allo stress. L’ossigenazione dei tessuti, la produzione di sostanze euforizzanti come le endorfine, la vitalità percepita di un corpo che si muove quando si fa attività fisica hanno l’effetto di rilassare il corpo e di condurlo ad un buon sonno ristoratore

Approfondiamo.

L’attività fisica provoca un lieve aumento della temperatura corporea che, per alcune ore, rimane elevata rispetto i valori normali e favorisce l’eliminazione di tossine e prodotti di rifiuto accumulati dall’organismo.

Dopo questo intervallo di tempo, la temperatura scende e l’organismo può predisporsi al riposo e al sonno nel modo migliore.

C’è da notare che se l’attività fisica praticata consente all’organismo di raggiungere una temperatura più bassa durante il sonno, quell’abbassamento di temperatura corporea favorisce un’efficace sintesi proteica necessaria a riparare tutti i tessuti compresi quelli muscolari danneggiati durante l’attività fisica.

Gli studi su attività fisiche e sonno non sono ancora così numerosi nel portare a conclusioni definitive. Certo è che l’attività fisica (praticata per almeno un’ora al giorno e di livello medio-alto, cioè solo se richiede non meno del 60% della capacità respiratoria del soggetto) migliora la qualità del sonno, riduce il tempo necessario per addormentarsi così come il sonno condiziona l’attività fisica. Nello specifico, il sonnoparadosso in cui il cervello rimane attivo, si accorcia a favore del sonnolentoprofondo.

Sempre più gli studi scientifici stanno spostando l’attenzione sull’attività fisica praticata o meno anziché sui temi alimentari nel rispondere ai numerosi dubbi sulla salute. Anche per il sonno, è quanto ci si muove piuttosto che ciò che si mangia a fare la differenza (cit. Fondazione Veronesi).

Dunque, se svolgere attività fisica è essenziale per dormire bene, ridurre lo stress quotidiano, rigenerare l’organismo ed essere più attivi, farlo solo il fine settimana (Alon Avidan, professore di neurologia e direttore della UCLA Sleep Disorder Center afferma che, lattività fisica può davvero migliorare la qualità del sonno con una pratica regolare e costante di almeno 30 minuti, 3-4 volta la settimana anziché solo durante il weekend ) o concentrarla la sera prima di andare a letto è sconsigliato.

L’innalzamento della temperatura corporea e la produzione di adrenalina durante l’attività fisica stimolano l’organismo. L’adrenalina, infatti, che necessita di ore per essere smaltita, impedisce il sonno perché mantiene elevata la reattività dell’organismo: dilatando le vie aeree bronchiali esalta la prestazione fisica e rende difficile l’addormentarsi.

Chi soffre già di insonnia dovrebbe evitare di praticare attività fisica di sera tardi, soprattutto se intensa. Uno sforzo anaerobico come una seduta di sollevamento pesi o qualsiasi altro allenamento ad alta intensità comporta anche una produzione di acido lattico che per essere riassorbito necessita di alcune ore prima di coricarsi.

Al contrario, nella rivista Sleep Health (Mathias Basner e colleghi dell’University of Pennsylvania Perelman School of Medicine di Filadelfia) si avanzano supposizioni che l’attività fisica possa far bene anche se fatta prima di coricarsi a quei soggetti “gufo” pronti che normalmente possono rimanere attivi fino a tardi perché vanno a dormire tardi. Attività fisica serale sembra invece controindicata ai soggetti “allodola” che si destano presto il mattino e finisco presto la sera. 

Per evitare disturbi al sonno la sera basta praticare esercizi fisici leggeri, fare una passeggiata, seguire un corso di gruppo di ginnastica dolce, posturale, di Pilates, yoga o altro che sia anche rilassante.

Nell’arco delle 24 ore di un giorno il sonno rappresenta la fase più importante perché da essa dipendono l’attività cardiocircolatoria, quella del sistema immunitario, le funzioni psichiche e l’attività fisica ne migliora il ritmo.

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L’ATTIVITÀ FISICA COMBATTE I VIRUS

Attivita fisica combatte i virus_2_1_2020La capacità di contrastare gli agenti patogeni che, come i virus e oggi in particolare il coronavirus, ci attaccano, è la protezione naturale del nostro organismo. Ma per difendersi bisogna stare bene, essere sani, forti, resistenti e avere un sistema immunitario che funzioni.

L’attività fisica che pratichi aiuta il tuo sistema immunitario.

Studi scientifici sempre più numerosi evidenziano una positiva influenza dell’attività fisica praticata con costanza e regolarità sul sistema immunitario grazie a un’azione protettiva.

Perché, praticata con la giusta durata e la giusta intensità, l’attività fisica aiuta a migliorare la risposta immunitaria.Attivita fisica combatte i virus_5_1_2020

Chi si dedica ad una regolare attività fisica corre un rischio molto basso di contrarre infezioni o di esporsi a contagi rispetto ai soggetti sedentari.

Ogni singolo momento dedicato all’attività fisica, sia esso un allenamento in palestra, un corso di ginnastica, un’ora di pilates, una camminata all’aperto, un giro in bicicletta, una lezione con il personal trainer, rafforza il sistema immunitario. La somma totale di questi momenti di attività fisica esercita nel tempo un’azione di protezione sull’organismo ancora più importante.

Attivita fisica combatte i virus_3_1_2020Chi ha la buona abitudine di frequentare anche quotidianamente la palestra, chi tra impegni lavorativi e familiari sfrutta i vari momenti della giornata per muoversi un po’, chi appassionato di sport non esagera e non strapazza l’organismo, sa che dare continuità alla propria attività fisica è senza dubbio la miglior scelta per prevenire e difendersi dall’insorgenza di patologie virali.
Il sistema immunitario a cui appartengono il midollo osseo, le tonsille, la milza, le adenoidi, i linfonodi, la linfa, ha il compito di difendere l’organismo da agenti estranei di natura infettiva, fisica o chimica e il compito di regolazione del processo infiammatorio.
Macrofagi, neutrofili, cellule Natural Killer e mastociti creano una sorta di barriera difensiva nella fase precoce di attacco da parte degli agenti esterni virali, mentre i linfociti intervengono con maggiore specificità più tardivamente.Attivita fisica combatte i virus_4_1_2020

Con l’attività fisica questo processo di difesa risulta più efficace.

I parametri immunologici migliorano perché la risposta dei linfociti contro i virus e l’azione fagocitaria di macrofagi e neutrofili
aumenta. Già con una singola seduta di attività fisica avvengono numerosi cambiamenti positivi tra le classi dei globuli bianchi come, ad esempio l’aumento dei linfociti e dei neutrofili. Ciò sta a significare che continuare a muoversi rende più attivo il sistema immunitario e di conseguenza la protezione contro i virus e, oggi, il coronavirus.

Ora, se l’obiettivo è rimanere in buona salute con una valida difesa immunitaria anche dal coronavirus, va da sé che ci si muova

AVVERTENZA PER IL LETTORE: l’articolo è stato scritto prima che la situazione diventasse pandemica e prima che le posizioni governative impedissero ai cittadini di praticare l’attività fisica nei luoghi e secondo le modalità consuete.


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