COSA SUCCEDE AL TUO CERVELLO QUANDO FAI ATTIVITÀ FISICA REGOLARMENTE?

I benefici che un’attività fisica fatta regolarmente assicura a tutti, non riguardano soltanto l’aspetto fisico, la funzionalità del corpo e di ogni suo organo, ma pure il nostro cervello e il sistema nervoso.

Fare esercizio fisico con regolarità, infatti, agisce sulle funzioni cerebrali come:

  • memoria
  • attenzione e concentrazione
  • pensiero creativo
  • resistenza ai fattori stressogeni

Ma non solo.

Aiuta a rendere più veloci oltre che a processare le innumerevoli informazioni in maniera più rapida.

Vediamo allora 7 benefici in dettaglio.

In questo articolo:

  • 1) Stress sotto controllo
  • 2) Ansia e attacchi di panico
  • 3) Attenzione e concentrazione
  • 4) Stop alla neuro degenerazione
  • 5) Miglioramento della memoria
  • 6) Preparazione all’apprendimento
  • 7) Controllo delle emozioni negative
  • Il meccanismo di base fondamentale

Stress sotto controllo

Fare attività fisica con regolarità ha un’azione diretta sulla gestione dei livelli di cortisolo (l’ormone prodotto dalle ghiandole surrenali su richiesta del cervello).

Il cortisolo, considerato l’ormone dello stress, ha la funzione di tenere allertato l’organismo quando alza i suoi livelli nel sangue.

Se questi livelli di cortisolo permangono però alti significa che il cervello e l’intero organismo sono sotto stress prolungato e non riescono a rilassarsi.

In che modo l’esercizio fisico interviene in questo caso?

Durante l’attività, che rappresenta una forma di stress fisico buono per l’organismo, il livello di cortisolo di innalza, ma a termine dell’allenamento il livello si abbassa ancor di più rispetto l’inizio dell’attività fisica.

riduzione stress attività fisica roberto travan

Non solo, ma continuando a praticare l’attività fisica, il livello di cortisolo non si innalzerà più di tanto e scenderà sempre al termine.

Con il tempo e la regolarità nella pratica, migliorerà la risposta allo stress non soltanto dopo l’attività fisica, ma pure in qualsiasi situazione di stress che la vita riserva.

Ansia e attacchi di panico

attività fisica gestione ansia roberto travan

Gestire l’ansia e tenere sotto controllo gli attacchi di panico, che si manifestano con un battito cardiaco accelerato e all’impazzata, un respiro affannoso e una pressione sanguigna elevata, è possibile con l’esercizio fisico.

Perché allenarsi significa provocare questi stessi sintomi come il cuore che batte forte, la pressione che si innalza, il respiro corto senza che destino preoccupazione.

Facendo attività fisica ci abituiamo a considerare positive queste sensazioni, a valutare come inevitabili, ma vitali.

Ecco che, in caso di ansia o di attacco di panico, il cuore in gola e la mancanza d’aria, vengono vissuti meno negativamente e in modo meno drammatico perché già fatta esperienza con regolarità.

Attenzione e concentrazione

attività fisica concentrazione roberto travan

Migliorare la capacità di concentrarsi oggi che siamo bombardati da numerosi stimoli continui, è un risultato che possiamo ottenere praticando una regolare attività fisica.

Molti studi dimostrano infatti che il cervello, quando si pratica dell’esercizio fisico, svolge una diversa attività nelle aree dei lobi parietale e frontale.

Queste aree sono particolarmente importanti per l’attenzione selettiva.

Stop alla neuro-degenerazione

Muoversi di più e con regolarità mette ogni individuo al riparo dalle patologie neuro degenerative come l’Alzheimer, la demenza senile, ecc.

La condizione di neuro infiammazione del cervello, che mette a rischio chiunque di sviluppare tali malattie, si riduce con l’attività fisica.

Per contro migliorano l’apprendimento, la memoria e cala il declino cognitivo.

Il cervello, infatti, riceve molte sostanze benefiche, aumenta la sua vascolarizzazione capillare con un maggior apporto di ossigeno, migliora la densità delle sinapsi e la connettività tra le diverse aree.

neuro degenerazione attività fisica roberto travan

Muoversi regolarmente potenzia il cervello anche con l’avanzare dell’età quando questo organo risulta meno modificabile.

L’invecchiamento, infatti, comporta una serie di cambiamenti cerebrali:

  • il cervello si riduce di peso, così come il flusso sanguigno
  • si riduce di conseguenza la disponibilità di serotonina e dopamina, neurotrasmettitori che fanno conseguire un declino delle prestazioni motorie e cognitive
  • diminuisce il numero dei neuroni

Miglioramento della memoria

L’attività fisica stimola il cervello e migliora le capacità mnemoniche grazie ad una connettività superiore tra il giro dentato (regione dell’ippocampo nel nostro cervello deputata alla formazione dei ricordi) e altre aree cerebrali.

memoria attività fisica roberto travan

Queste hanno il compito di recuperare i ricordi passati e di fare distinzione tra le memorie simili.

Sembra si restringa meno l’ippocampo, ovvero rallenta il suo naturale processo di atrofia che normalmente avviene con la senilità.

Preparazione all’apprendimento

L’attività fisica soprattutto nei ragazzi, oggi in calo causa l’utilizzo delle tecnologie attuali,:

  • agisce sul cervello dando migliore performance scolastica
  • dona benessere psicologico
  • contribuisce ad uno sviluppo positivo
  • e combatte i deficit dell’attenzione

Gli studi di neuroscienze concordano infatti che l’esercizio fisico regolare, non solo a scuola, ma pure fuori, ha un effetto sulla crescita strutturale del cervello, sulla plasticità simpatica, sul miglioramento delle funzioni neuro cognitive in particolare su quelle esecutive.

Starsene a lungo seduti per i ragazzi significa inibire l’apprendimento perché ossigeno e glucosio se ne vanno per gravità più copiosamente verso gli arti inferiori e meno verso il cervello.

apprendimento attività fisica roberto travan

I ragazzi risultano più assonnati perché si trovano in una condizione di riposo e non di attività.

Il cervello “realizza” che non c’è bisogno di attivarsi e più melatonina viene rilasciata, pertanto fanno fatica a concentrarsi.

Corpo attivo mente attiva!

Ai ragazzi (bambini e adolescenti) si raccomandano 60 minuti di attività aerobica di media-alta intensità ogni giorno e un’attività fisica più impegnativa, come il lavoro di rinforzo muscolare, tre volte almeno alla settimana.

Controllo delle emozioni negative

Le emozioni sono l’espressione di una risposta a innumerevoli stimoli esterni ed interni all’individuo e determinano un comportamento.

Quelle negative come la rabbia, la tristezza, la paura, ad esempio, alterano lo stato d’animo dell’individuo e compromettono la salute psicofisica.

Ecco che l’attività fisica praticata regolarmente favorisce la produzione e trasmissione delle endorfine, sostanze endogene che aiutano a ristabilire l’equilibrio alterato dalle emozioni negative.

attività fisica emozioni negative roberto travan

Si modifica così l’umore verso il positivo e insieme la percezione del dolore al punto da incrementare la resistenza nel sopportare le avversità.

Con l’attività fisica si alza il livello della dopamina che tiene sotto controllo la depressione.

Il meccanismo di base fondamentale

C’è un meccanismo di base fondamentale che aiuta a capire come l’attività fisica regolare aiuti il cervello.

Quando il corpo si muove più intensamente, si innalza la frequenza cardiaca con un conseguente aumento del flusso sanguigno verso il cervello.

Ecco che quest’organo, ossigenato e alimentato con il glucosio in modo più importante potenzia tutte le sue funzioni e migliora le sue condizioni garantendo la sua salute.

Una maggiore funzionalità vascolare cerebrale rafforza l’efficienza neuronale di tutte le aree cerebrali.

cervello attività fisica roberto travan

Il cervello prende dal corpo circa il 20% dell’energia disponibile.

Ma quando le richieste sono superiori come durante le funzioni e gli sforzi mentali di memorizzazione, apprendimento, ricerca di soluzioni, ecc. serve un quantitativo di ossigeno e di glucosio maggiore per dare alle cellule nervose più carburante.

La stretta connessione tra l’attività fisica e attività cerebrale comporta lo sviluppo e il mantenimento del nostro cervello e delle funzioni cognitive.

Essere attivi e praticare dell’esercizio fisico vuol dire anche favorire la moltiplicazione delle cellule nervose, i neuroni e rafforzare le connessioni tra di esse.

L’esecuzione costante e regolare di un’attività fisica, in pratica, rende il cervello più attivo, più adattabile e flessibile.


Fonti di consultazione

  • Muovi il corpo per potenziare il cervello“, Anders Hansen, Vallardi
  • Mente-corpo, cervello, educazione: l’Educazione fisica nell’ottica delle neuroscienze” Diana Olivieri
  • Kardinska Institutet, Dipartimento di Neuroscienze, studio pubblicato sulla rivista Cell


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L’ATTIVITÀ FISICA CAMBIA L’UMORE?

Alzarsi al mattino di buon umore o di umore nero può dipendere da molti fattori. Ma c’è qualcosa che già dal risveglio possiamo fare per partire di slancio e affrontare la giornata.

In questo articolo:

  • Definizione di umore
  • Cosa regola l’umore?
  • Alcuni consigli
  • L’attività fisica migliora l’umore
  • Cosa accade con l’attività fisica?

Definizione di umore

L’umore è uno stato d’animo, quell’atteggiamento soggettivo nel vivere emotivamente ogni istante della nostra vita e che varia più o meno frequentemente

Essere di umore buono o cattivo costantemente, subirne gli sbalzi a seconda delle circostanze, soffrire di disturbi fino alla patologia come la depressione è ciò che accade fisiologicamente.

L’umore è buono quando condiziona in modo positivo e propositivo tutti gli ambiti della nostra vita influenzando i pensieri, i comportamenti, le azioni.

L’umore è pessimo quando, al contrario, il condizionamento è negativo.

Il benessere o il malessere che proviamo quando siamo di buon umore o di pessimo umore si riversa nella nostra vita privata e pubblica, sociale e lavorativa caratterizzando le conseguenze.

Le alternanze tra buon umore e malumore sono inevitabili: cambiare umore è la risposta naturale ai fatti quotidiani e a cui non possiamo sottrarci.

Cosa regola l’umore?

L’umore (e così pure i disturbi o le patologie legati all’umore) è regolato dalla neurochimica e dalla neurobiologia. Tutto avviene all’interno del nostro organismo, nel nostro sistema nervoso e nel nostro cervello, ma si è soliti distinguere quegli elementi, quelle cause interne ed esterne a noi che condizionano il tono del nostro umore. 

Così, i fattori esterni possono essere:

  • l’incontro con una o più persone
  • il ricordo di un avvenimento
  • l’emozione di un particolare momento
  • l’ apprendere un’informazione o ricevere una notizia

ma pure:

  • il tempo atmosferico che cambia (chi non è nervoso quando viene brutto tempo o triste e malinconico quando piove?)
  • le stagioni che variano (soprattutto quando si va verso l’autunno-inverno)
  • la luce solare più o meno intensa o la lunga esposizione alla luce artificiale.

I fattori interni riguardano invece quei processi attivati dai neurotrasmettitori come la serotonina, l’adrenalina, la dopamina, dalle sostanze endogene prodotte dal nostro organismo che regolano e modificano l’umore.

Così cambiamo d’umore in relazione alle situazioni che viviamo, ai fatti che accadono, alle persone che interagiscono con noi e che condizionano le nostre emozioni.

Le emozioni contrapposte di gioia e tristezza, e pertanto il buonumore e il malumore, si alternano nella vita di tutti i giorni.

L’umore mutevole è fisiologico fino ad una data soglia definita da alcuni precisi sintomi. Questa soglia rappresenta il limite oltre il quale l’umore presenta le sue alterazioni di tipo depressivo o di tipo maniacale, bipolare.

I disturbi dell’umore sono in realtà disturbi emotivi che rimangono costanti e perdurano nel tempo, si manifestano in maniera intensa, eccessiva e creano disagi alla persona.

Alcuni consigli

Possiamo prenderci cura del nostro umore per favorire il nostro benessere e la stabilità verso il buonumore. Adottare comportamenti positivi e propositivi si può seguendo alcuni suggerimenti:

  • mantenere uno stile di vita sano grazie ad un’alimentazione corretta e a un’ adeguata attività fisica regolare e costante (oggi nel rispetto delle restrizioni contro il covid);
  • condividere le emozioni con gli altri in un dialogo continuo soprattutto quando viviamo momenti difficili (come oggi con la pandemia da covid). Ciò aiuta ad abbandonare il malumore e a uscire dall’isolamento della sofferenza;
  • dare tregua ai periodi di stress che creano malessere rallentando il ritmo, concederci qualche gratificazione e momenti di vita più semplice e tranquilla;
  • venire a contatto più spesso con la natura, esposti alla luce solare evitando di stare a lungo in ambienti chiusi illuminati solo da luci artificiali (come oggi con lo smartworking – leggi l’articolo del blog “Sopravvivere allo smartworking con l’attività fisica”);
  • accettare le situazioni complesse che alterano il nostro umore come ostacoli da superare e opportunità da cogliere.

Favorire il buon umore è sempre possibile a partire dal nostro corpo perché, quando il corpo si muove, si attiva, si allena trova quel giusto equilibrio che lo fa stare bene e dentro quel corpo che sta bene ci siamo noi che,come conseguenza, stiamo meglio.

L’attività fisica migliora l’umore

Il consiglio per il buonumore sta nella pratica di una sana attività fisica.

Meno sedentarietà e inattività, (leggi l’articolo del blog “Sedentari o inattivi?”) infatti, è infatti il punto di partenza per allontanare i pensieri negativi, eliminare le preoccupazioni e la malinconia, in una parola per cambiare l’umore.

Molto spesso alla parola “attività fisica” reagiamo con avversione pensando agli allenamenti ad alta intensità, sportivi o militari, riservati agli atleti, mentre qui si intende un’attività fisica moderata, regolare continua.

Chi decide di fare attività fisica per influire sul tono dell’umore deve tener conto delle sue caratteristiche fisiche, delle sue difficoltà e delle sue preferenze. Un’attività fisica piacevole ha molte più probabilità di essere praticata nel tempo e di dare fin da subito, proprio per la sua piacevolezza, il buon umore.

L’attività fisica deve rappresentare quell’esperienza positiva che distrae dagli elementi negativi e che ci consente di mantenere un buon equilibrio dell’umore.

Anche piccoli cambiamenti nella nostra vita quotidiana per dar spazio all’attività fisica possono portare benefici nella regolazione dell’umore.

Ma affidarsi ad un professionista laureato in scienze motorie (o ad un personal coach) è il primo passo per creare la propria routine motoria quotidiana. 

A volte c’è bisogno di frammentare gli obiettivi dell’attività fisica in piccoli passi purché realizzabili oppure di non concentrarsi solo su l’intensità degli esercizi perché gli effetti positivi sull’umore sono indipendenti dall’intensità.

La cosa importante è che l’attività fisica diventi un rituale giornaliero per avere quell’effetto terapeutico soprattutto quando insorgono i sintomi del cattivo umore.

Il buonumore che l’attività fisica ci dispensa passa attraverso il modo in cui la si fa. “Sentire” bene l’esercizio fisico eseguito in modo corretto, i muscoli coinvolti, le parti che si muovono aumenta la consapevolezza corporea: si percepisce la funzionalità del proprio corpo insieme ai punti di forza e ai punti di debolezza.

Pochi minuti di esercizi al mattino appena svegli come fosse la fase di riattivazione e di riscaldamento per risvegliare la muscolatura e l’apparato cardiocircolatorio dopo il sonno oppure 30 minuti di impegno aerobico come camminare a passo sostenuto ogni giorno è la minima quantità di attività fisica che fa la differenza di umore nel breve e nel lungo periodo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia 30 minuti di attività fisica giorno, non meno di cinque giorni alla settimana perché aiutano chiunque a sentirsi meglio.

Cosa accade con l’attività fisica?

L’attività fisica attiva l’intero sistema circolatorio e l’apparato respiratorio che, innalzando il calore interno, ossigenando di più i tessuti e togliendo le tensioni muscolari, inducono una sorta di rilassatezza e di calma interiore nell’immediato. Quando stiamo bene fisicamente anche l’umore cambia.

I cambiamenti neurochimici e neurobiologici che avvengono con l’attività fisica contrastano l’abbassamento dell’umore: la produzione di molecole di alcune sostanze endogene riattiva il benessere e genera il buon umore.

Ecco cosa accade con l’attività fisica: 

  • una migliore circolazione sanguigna a livello cerebrale stimola l’asse ipotalamo-ipofisi-ghiandola surrenale (HPA) e rende migliore e più efficace la risposta ormonale allo stress. Ciò significa che i fattori di stress quotidiani, familiari, di lieve entità non inducono una risposta esagerata e che recuperare dai momenti negativi è più rapido e soddisfacente. Così ne guadagna l’umore;
  • il rilascio delle endorfine, considerate gli ormoni del benessere, riduce la sensazione dolorosa perché esse hanno un effetto analgesico, tengono sotto controllo, inoltre, le alterazioni dell’umore e gli stati depressivi con la loro azione euforizzante paragonabile a quella delle sostanze oppiacee o della morfina. Ecco perché ci si sente bene dopo aver fatto dell’attività fisica!
  • il livello di cortisolo si abbassa tenendo così sotto controllo sia lo stress che gli stati depressivi. Non è un caso che le persone sedentarie soffrano di più di ansia e depressione rispetto le persone attive, che il livello di cortisolo sia alto e che ci sia minore produzione di endorfine. Il risultato è uno stato di rilassamento e di calma interiore; 
  • l’attività fisica stimola il rilascio di un’ altra importante sostanza endogena, la noradrenalina che contribuisce a stabilizzare l’umore;
  • sonno e riposo in genere migliorano e solo con un miglioramento si recuperano energia vitale e buonumore;
  • il metabolismo più efficiente e veloce tiene sotto controllo il peso corporeo riducendo l’effetto negativo dell’eccesso di peso. Il peso corporeo è legato infatti, al benessere psicoemozionale. Vedersi bene e in forma fisica migliora l’umore;
  • l’autostima sale perché la percezione di sé, il piacersi di più, il sentirsi più sicuri, l’immagine di sé migliorata è più gratificante potendo notare i risultati fisici ottenuti;
  • si evitano la pigrizia e l’abbandono ad uno stile di vita poco sano con ripercussioni sull’umore (disordine alimentare, alcol, sedentarietà, fumo, abuso di farmaci, ecc.);
  • ci si allontana dalle preoccupazioni e dai problemi, non ci si lascia condizionare da distrazioni o pensieri negativi così da migliorare la propria determinazione.

Facendo attività fisica guadagniamo in salute, forma fisica e benessere con un impatto positivo sull’umore.

Sarebbe sufficiente concentrarci sulla moltitudine di vantaggi che l’attività fisica dona all’organismo prevenendo molte patologie per sentirsi più felici e di buonumore!

È difficile riscontrare stati d’animo negativi come malumore, ansia e depressione nelle persone che fanno attività fisica. In fondo, è proprio muovendoci che “scarichiamo” la tensione delle situazioni complesse e allontaniamo il cattivo umore. Non solo, ma preveniamo questi disagi emotivi allenando costantemente corpo e cervello.      



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CONTRATTURA, STIRAMENTO O STRAPPO MUSCOLARE?

Succede più frequentemente agli adulti che sono meno “elastici” di giovani e bambini, facendo sport amatoriale o agonistico così come nella vita di tutti i giorni di procurarsi una contrattura, uno stiramento o uno strappo muscolare.

Sono tre tipi di trauma muscolare che vanno distinti per riconoscerli e risolverli.

La contrattura, lo stiramento e lo strappo, quest’ultimo definito di 1°, 2° o di 3° grado, sono considerati lesioni delle fibre muscolari. Ciò non significa che si verifichi in tutte tre le condizioni traumatiche una “rottura”, un’ interruzione della continuità muscolare, ma sicuramente uno stato alterato dell’equilibrio muscolare.

Vediamo insieme le differenze.

La contrattura muscolare rappresenta quella condizione di contrazione continua delle fibre muscolari che non si rilasciano per difesa. Poiché il muscolo è stato sottoposto a uno sforzo superiore alle sue possibilità di contrarsi, va in contrattura e così rimane per proteggersi da un ulteriore sollecitazione troppo intensa che causerebbe una lesione. 

Ciò provoca:

  • dolore (che insorge qualche ora o qualche giorno dopo il trauma);
  • rigidità muscolare;
  • perdita dell’elasticità;
  • limitazione funzionale, 

e toccandolo, il muscolo risulta più duro per l’aumentato tono muscolare.

La contrattura si verifica quando la muscolatura è affaticata e stanca già da un po’ di tempo e lo sforzo da compiere risulta elevato. Di fatto, la contrattura è una micro lesione del tessuto muscolare, ma nell’ambito delle lesioni funzionali che danno soltanto delle limitazioni, al contrario di stiramento e strappo che rappresentano invece delle lesioni strutturali ovvero anatomiche.

Allora, cosa fare?

La prima azione è di tenere a riposo il muscolo contratto anche quando si esclude la gravità del caso. Se la contrattura non è troppo rilevante ci si può aiutare da subito con un’automassaggio non energico, utilizzando creme, gel, pomate, olii a base di sostanze naturali insieme ad alcuni esercizi di allungamento lento e progressivo delle fibre muscolari rigide senza superare la soglia del dolore.

Quando la contrattura risulta invece dolorosa e limita le attività giornaliere, è allora consigliabile rivolgersi ad un fisioterapista

Una fisioterapia sia manuale che strumentale può rendere più veloci i tempi di recupero: taping, tecarterapia, laser a media e alta potenza, ultrasuoni, qualche massaggio decontratturante o una mobilizzazione nell’ambito della terapia manuale.

Dopo un trattamento fisioterapico il trainer può intervenire con gli esercizi di allungamento muscolare sia statico che dinamico da ripetere più volte nell’arco della giornata e insegnare l’ alternanza della contrazione e del rilassamento del muscolo. 

Anche alcuni esercizi generali di bassa intensità fanno ritrovare alla muscolatura contratta la sua condizione naturale di partenza. Dopo qualche seduta si consiglia di aggiungere esercizi di tipo aerobico a completamento del percorso rieducativo.

Lo stiramento è l’effetto di un allungamento brusco e rapido delle fibre muscolari oltre il loro limite fisiologico durante l’esecuzione di un gesto sportivo o di un movimento di importante impegno muscolare.

Non si provoca una rottura vera e propria, ma il dolore localizzato è improvviso e acuto anche se non al punto di interrompere l’attività in corso. 

Altri segni che si evidenziano sono:

  • la limitazione funzionale;
  • una discreta rigidità (dalla conseguente contrazione di riflesso all’allungamento);
  • una riduzione della forza muscolare.

Come porre rimedio?

L’applicazione del ghiaccio nell’immediato, il riposo evitando continue sollecitazioni alle fibre muscolari stirate, un prodotto in crema o gel ad uso topico sono i provvedimenti da prendere subito in autonomia.

Per essere certi dell’entità del trauma ed escludere lo strappo muscolare è sempre bene rivolgersi ad una figura competente come il fisioterapista, il proprio medico di base, il fisiatra, l’ortopedico, il medico dello sport.

L’esame diagnostico ecografico è elettivo per una precisa diagnosi, ma anche in assenza di questo è possibile valutare se e quando ricorrere alla fisioterapia strumentale (kinesiotaping, laser a media e ad alta potenza, tecarterapia, ultrasuoni a contatto) per rendere più veloci i tempi di recupero dello stiramento muscolare.

Dopo circa una settimana dall’evento traumatico si può procedere con la massoterapia decontratturante, la terapia manuale e con i primi esercizi di allungamento.

Si associa a questo punto del percorso il lavoro del trainer con un blando lavoro aerobico che parte dall’uso della cyclette o del tapis roullant per una camminata e con gli esercizi di allungamento secondo la tecnica PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), in italiano “facilitazione propriocettiva neuromuscolare”,  che prevede l’allungamento muscolare in quattro fasi distinte:

  • portare il muscolo in allungamento in modo lento e graduale, sempre sotto la soglia del dolore;
  • contrarre il muscolo nella posizione di massimo allungamento per 15-20 secondi (contrazione isometrica);
  • rilasciare il muscolo per 5 secondi;
  • allungare il muscolo per altri 30 secondi:

Il lavoro aerobico può farsi via via più impegnativo con l’uso di altri attrezzi “cardio” come lo step, con l’aumento dell’intensità sul tapis roullant (camminata vigorosa e corsetta) e con gli esercizi di forza per ripristinare il trofismo muscolare.

Dopo due settimane dall’infortunio il soggetto può riprendere la sua vita attiva a pieno regime e lo sportivo le sue sedute di allenamento.

E infine arriviamo allo strappo muscolare o distrazione, vera e propria lesione delle fibre muscolari sottoposte a un esagerato impegno muscolare, ad un allungamento eccessivo, ad un’importante sollecitazione, durante uno scatto, una brusca e veloce azione o una contrazione improvvisa.

Il muscolo può risultare lesionato solo in alcune sue fibre (lesione di 1° grado), in una porzione consistente (lesione di 2° grado) oppure strappato interamente (lesione di 3° grado).

Lo strappo muscolare si caratterizza per il rumore della rottura (il “crac”, lo “stock”) percepito come un colpo forte al muscolo seguito da un dolore intenso e acuto e dall’avvallamento (il “buco”) della porzione muscolare lacerata.

Dopo un certo numero di ore si nota un versamento che a seconda del grado di lesione può presentarsi più o meno esteso, più o meno importante. Le caratteristiche dell’ematoma fino alla raccolta di sangue, il gonfiore e la rigidità del muscolo strappato possono dare subito la misura del danno.

La prima cosa da fare, oltre all’immediata sospensione dell’attività fisica sportiva o lavorativa in corso, è applicare il ghiaccio o un impacco freddo e rivolgersi ad uno specialista in traumatologia (ortopedico, fisiatria, medico dello sport) o al proprio medico di base per indagare la lesione. È probabile la successiva richiesta di un esame diagnostico elettivo come l’ecografia o la risonanza magnetica per la precisa valutazione della lesione e della prognosi. 

In caso di strappo muscolare sono generalmente indicati:

  • il riposo di alcune settimane; 
  • l’immobilizzazione e la compressione della parte lesionata;
  • lo scarico dell’appoggio con l’uso di stampelle quando lo strappo interessa la muscolatura degli arti inferiori;
  • la terapia fisica come tecarterapia, laserterapia o ultrasuonoterapia

L’azione tempestiva può evitare la formazione cicatriziale di fibrosità muscolari.

Lo strappo è un taglio delle fibre muscolari e il tessuto cicatriziale di riparazione che si forma tende infatti ad essere spesso rigido, toglie elasticità alle fibre muscolari ed espone il muscolo ad ulteriori traumatismi lesivi.

Ecco perchè l’intervento fisioterapico di terapia fisica diventa indispensabile, seguito dalla terapia manuale come il trattamento miofasciale per agire sul tessuto connettivo.

In caso di strappo bisogna attendere la 2ao 3asettimana dopo le cure mediche e fisioterapiche per iniziare il recupero attivo con esercizi aerobici (cyclette, tapis roullant, step) e la 3ao 4asettimana per il recupero attivo della forza grazie ad una serie di esercizi in isometria senza carico del peso e in isotonia con deboli carichi. 

Si passa poi a sollecitare il gruppo muscolare antagonista al muscolo lesionato fino ad arrivare agli esercizi in catena cinetica  chiusa (es. per arti inferiori come squat o leg press) per stimolare l’intera muscolatura dell’arto e non il solo muscolo lesionato.

Dopo la 4a– 5asettimana si procede con gli esercizi a resistenza elastica e  isocinetica per il recupero attivo di forza e trofismo muscolari.

[Andrews, Harrelson, Wilk. Physical Rehabilitation of the Injured Athlete, Philadelphia, 2004]

In caso di fibrosi dopo lo strappo muscolare ovvero ispessimento del tessuto connettivo nell’area della lesione che causa perdita dell’ elasticità e aderenze, utile è la fibrolisi con il foam-roller.

Il foam-roller permette con il passaggio ripetuto sulla parte rigida (mai superare la soglia del dolore!) di rompere i tessuti fibrotici e migliorare la distensione delle fibre muscolari e fasciali.

Ci sono persone più soggette ai tre infortuni muscolari appena descritti, soggetti più predisposti che non sempre sono agonisti dello sport o sportivi amatoriali. Anche i sedentari e le persone che non praticano attività fisica possono vivere l’esperienza della contrattura, dello stiramento o dello strappo muscolare come gli sportivi.

Questi i fattori condizionanti:

  • hanno dei disequilibri tra gruppi muscolari, vizi posturali o blocchi articolari che compromettono il lavoro muscolare non consentendo contrazioni e rilasciamenti completi delle fibre muscolari;
  • presentano un’ asimmetria degli arti (quando sono interessati gli arti inferiori);
  • compiono movimenti bruschi per la velocità di esecuzione (in particolare la velocità di accelerazione) sollecitando i muscoli in maniera eccessiva rispetto alla propria forma fisica;
  • si trovano a condizioni atmosferiche particolari e a temperature basse, magari senza badare all’abbigliamento tecnico o consono al freddo, nelle quali la muscolatura è già rigida in partenza e predispone ai 3 tipi di infortuni;
  • eccedono nell’affaticamento;
  • trascurano il fatto che la muscolatura posso essere stanca, affaticata e di conseguenza rigida ed esposta alle lesioni prima ancora di sottoporla ad un lavoro;
  • in ambito sportivo dimenticano il riscaldamento o lo rendono inadeguato, e così pure il defaticamento;
  • non dedicano attenzione agli esercizi di allungamento muscolare (stretching).

Funzionalmente, contrattura, stiramento e strappo avvengono quando il muscolo interessato si trova in contrazione eccentrica (tensione della fibra muscolare in allungamento) e ciò accade soprattutto ai muscoli flessori del ginocchio, la loggia posteriore alla coscia (ischio-crurali, bicipite-femorale), agli estensori del ginocchio, la coscia anteriore (quadricipite, sartorio, retto femorale), agli adduttori, al polpaccio (soleo, gastrocnemio), ma pure a collo e spalle (trapezio), ai pettorali e alla zona dorso-lombare della schiena.

Il riscaldamento e il defaticamento sono i momenti di preparazione e conclusione dell’ attività fisica, ma pure lavorativa, molto spesso trascurati. 

Sono due fasi distinte che devono essere personalizzate e che variano a seconda delle condizioni psico-fisiche del soggetto nonché di quelle meteorologiche e ambientali.

Il riscaldamento è indispensabile ad innalzare la temperatura corporea per rendere più veloci tutte le reazioni biochimiche dell’organismo e per eliminare l’attrito favorendo lo scorrimento delle parti durante l’esecuzione del movimento. Con il riscaldamento si innalza inoltre la frequenza cardiaca: l’aumentato battito del cuore favorisce un maggior trasporto di sangue e di conseguenza di ossigeno ai muscoli sottoposto allo sforzo.

Un insufficiente riscaldamento (che prevede anche cauti esercizi di allungamento statico e dinamico fatti a caldo) può compromettere il funzionamento dell’apparato muscolo-scheletrico: la viscosità tendinea e muscolare rimane alta facendo perdere l’elasticità nel movimento.

Venendo a mancare la flessibilità, la tensione eccessiva sull’unità muscolo- tendinea può causare l’infortunio che si manifesta nei tre casi sopradescritti.

Il defaticamento comprende gli esercizi di allungamento dei vari fasci muscolari volti a ripristinare le condizioni di partenza, prima dello sforzo muscolare.

I più importanti per gli arti inferiori sono: 

  • allungamento del polpaccio (composto dai muscoli gemello interno e esterno e soleo) > in piedi appoggiare le mani ad una parete con le braccia tese, tenere estesa una gamba con piede ben vincolato a terra mentre l’altra è piegata e permette al bacino di avanzare; gestire la tensione muscolare mantenendola per circa 60 secondi.  
  • allungamento specifico del soleo > la posizione è analoga all’esercizio precedente, procedere piegando anche il ginocchio della gamba che ha il piede vincolato dietro.
  • allungamento del quadricipite > in piedi con una mano in appoggio ad una parete, impugnare il piede della gamba controlaterale e flettere il ginocchio portando il tallone, per dietro, al gluteo; mantenere la posizione per 20 – 60 secondi.    

Prevenire gli infortuni come la contrattura, lo stiramento e lo strappo muscolare è sempre meglio che curare. Ed è compito del trainer esperto in scienze motorie guidare le persone ad avere una buona forma fisica di base per praticare attività fisiche sportive o lavorative adeguate alla propria preparazione, e a decidere di dedicare brevi intervalli di tempo al riscaldamento e al defaticamento. 

Stimolare i fasci muscolari con precisi ed adeguati esercizi fisici, favorire l’escursione articolare, l’elasticità muscolare, la forza e la resistenza (lavoro aerobico) sono i prerequisiti per una funzionalità muscolare ottimale ed un minor rischio di infortuni e traumi muscolari.

[Il materiale pubblicato consente un rapido accesso alle informazioni e ai suggerimenti dati per ogni relativo argomento. Tali indicazioni non si sostituiscono al parere medico e tecnico specialistico in ambito sanitario]

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QUANDO L’ATTIVITÀ FISICA MATURA UN INTERESSE COMPOSTO

Investire nell’attività fisica il proprio tempo, l’impegno fisico e talvolta una minima parte di denaro, si sa, è utile. L’obiettivo di stare bene, di apparire bene, di prevenire le più importanti e frequenti malattie metaboliche e cardiocircolatorie, di aiutare il sistema immunitario (leggi l’articolo Attività fisica e sistema immunitario) si raggiunge soltanto contrastando la sedentarietà e l’inattività (leggi l’articolo “Sedentari o inattivi”), in una parola, muovendoci di più.

Normalmente quando si parla di investimento si intende l’investire finanziariamente un capitale ovvero una certa quantità di denaro per ottenere degli interessi nel tempo. E quando gli interessi monetari maturati si aggiungono periodicamente al capitale di partenza investito per costituire insieme un nuovo capitale a sua volta investito, ecco che nasce l’interesse composto (compound interest). 

L’interesse composto o la capitalizzazione degli interessi è quel meccanismo che consente di generare interessi su interessi. Tale meccanismo si basa su una crescita esponenziale e non lineare come nel caso dell’interesse semplice. E la crescita esponenziale dell’interesse composto lascia intendere che non ci sia un limite: investire costantemente dimenticandosi di quel denaro investito porta alla lunga ad un risultato sorprendente. Ma il risultato necessita di lunghissime fasi temporali.

Cosa accade quando il nostro capitale non è il denaro, ma la nostra salute ovvero il nostro “capitale fisico”? E quando l’investimento è rappresentato dall’attività fisica?

Praticare ogni giorno dell’attività fisica con costanza, metodo e pazienza significa non vedere nell’immediato i risultati sperati nonostante lo sforzo quotidiano e la perseveranza. In fondo nessun corpo cambia, nessuno organismo guarisce, nessun fisico si scolpisce nel giro di ore, giorni o settimane!

Il tempo deve diventare il miglior alleato di chi si impegna con l’attività fisica.

Nell’attività fisica come nella finanza conta il medesimo principio: i risultati rapidi e facili non esistono.

Ci hanno sempre illuso di poter trasformare il nostro aspetto, di poter diminuire il peso, di riconquistare energia e salute in poco tempo facendo questo o quello, ma la verità è che tutto può accadere molto lentamente senza grandi risultati iniziali. Questo è il concetto di interesse composto.

Siamo abituati a porre l’attenzione solo sul risultato ultimo, il successo e la vittoria finali oppure ad attribuire quel traguardo alla fortuna. Ci si dimentica invece di ricordare i giorni, i mesi e gli anni di impegno quotidiano nel fare con costanza quegli esercizi dati dal proprio trainer, ad esempio, nel camminare o andare in bicicletta anziché usare l’automobile ecc. ecc.

Ed è proprio qui, in questo lungo processo che l’interesse composto matura.

Diamo un’occhiata al grafico:

A – rappresenta la condizione fisica di partenza che per molti significa tot kg. in più, pressione alta, disturbi articolari muscolari, glicemia e colesterolo elevati, stato ansioso o depressivo, ecc. ecc. ecc. 

B – rappresenta quel punto di arrivo strettamente personale in cui ci si sente bene, con più energia, con un bel aspetto fisico, lontani dal manifestare patologie, in una parola, in salute.

Se l’interesse composto fa evolvere in maniera esponenziale il capitale di partenza investito dopo un lungo periodo di tempo, anche la pratica costante di una routine giornaliera di esercizio fisico (camminare a passo sostenuto almeno 30 minuti, frequentare la palestra, ,eseguire al risveglio quei pochi ma importantissimi esercizi consigliati, sostituire la comodità di ascensori, scale mobili, mezzi di trasporto con un po’ di impegno fisico, ecc.) fa raggiungere i risultati desiderati, basta applicarsi.

E se la parola “interesse” rappresenta il “risultato” che vogliamo ottenere da un punto di vista fisico, l’aggettivo “composto”, apparentemente meno chiaro, rivela la “somma” di ciò che abbiamo guadagnato oggi (faccio un piano di scale con meno affanno), aggiunto a ciò che ho raggiunto ieri (1/2 kg in meno sulla bilancia), l’altro ieri (più energia a fine giornata), il giorno prima ancora (riesco a toccare con le mani la punta dei piedi piegandomi) e così via.

L’interesse composto applicato nell’ambito dell’attività fisica può davvero cambiare la nostra condizione di salute o forma fisica: ha solo bisogno di continuità nelle azioni intraprese e di un lungo tempo.

I risultati desiderati o a volte nemmeno previsti si vedono solo a lungo termine. La volontà di perseverare ogni giorno senza aspettarsi al momento niente in cambio è l’unico strumento a nostro vantaggio. 

L’interesse composto consente di moltiplicare il nostro stato di salute

Lo stesso processo d’interesse composto, però, avviene anche in senso negativo. Tanti momenti di inattività, di procrastinazione del fare attività fisica si sommano nel tempo dando risultati negativi. 

Così come quei pochi esercizi fisici fatti ogni mattino dopo il risveglio consigliati dal trainer (evitando il fai-da-te!) ci aiutano a mantenerci flessibili, la rinuncia a farli ci porta a diventare via via più rigidi. Così quell’esercizio terapeutico che il fisioterapista ci ha dato da fare una volta giorno per pochissimi minuti, indispensabile a dare stabilità alla nostra schiena evitandoci lo spiacevole blocco lombare, se non fatto perché ci scoccia o perché ci dimentichiamo, nel tempo causa l’ernia al disco o la spondilolistesi, per esempio, che richiederà magari l’intervento chirurgico o che causerà una grande limitazione al movimento. Così ancora il cucchiaino di zucchero nel caffè o nei caffè che beviamo ogni giorno (e potrebbero essere più di tre = tre cucchiaini di zucchero!) di per sé non ci fanno percepire di ingrassare nell’immediato, ma alla lunga, negli anni contribuiscono ad esporci al rischio di patologie metaboliche come il diabete di tipo 2 e così di seguito.

L’interesse composto della somma totale delle innumerevoli azioni fatte, una al giorno, a favore della nostra salute o a sfavore si renderà visibile e la nostra condizione fisica sarà decisamente trasformata in meglio o in peggio.

Certo è che in un orizzonte di tempo così lungo e lontano possono verificarsi delle cadute in basso, delle scivolate verso la rinuncia a fare gli esercizi, uno sgarro col cibo, ad esempio o il dolce far nulla all’insegna della pigrizia.

In fondo, come l’andamento di un investimento finanziario può risultare irregolare nel tempo perché a volte sale, volte scende oppure rimane stabile, così investire in salute dedicandosi all’attività fisica può subire delle oscillazioni lungo il percorso. 

Applicarsi ogni giorno un po’ è un atto di volontà e di responsabilità, ma è umano perdersi qualche volta in una sregolatezza. Fondamentale invece è perseverare nel tempo con l’attività fisica dando costanza alle azioni pur con i suoi alti e i suoi bassi, senza mollare mai.

Ecco perché è importante a volte iniziare con un impegno minimo di attività fisica al giorno, che per alcuni di noi può essere il gradino in più quando si sale le scale, un giro a piedi più lungo quando si va a camminare, l’esercizio di corpo proteso (plank) tenuto qualche secondo in più e così via. 

Poco impegno giornaliero è più facile da mantenere a lungo nel tempo perché il voler fare troppo fin da subito stravolgendo la propria vita (“vado ogni giorno in palestra per due ore, mi metto a seguire una dieta rigorosa, modifico le abitudini e abbandono la mia routine, mi impegno a dormire solo cinque ore per notte, ecc.”) non tiene conto degli imprevisti e fa saltare il programma.

Allora, se possiamo incrementare il nostro patrimonio finanziario nel lunghissimo periodo e sognare la ricchezza grazie all’interesse composto, nella stessa maniera possiamo aspirare a godere di una buona condizione fisica se ci applichiamo costantemente nell’esercizio fisico.


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L’ATTIVITÀ FISICA È GIÀ UN VACCINO?

Si legge ormai ovunque che l’attività fisica insieme ad un corretto stile di vita rappresenti una delle più efficaci difese per il nostro organismo. Gli effetti di una dosata e quotidiana attività fisica (leggi l’articolo“Posologia dell’esercizio fisico”) a sostegno del nostro sistema immunitario si contano nella produzione di anticorpi. E un buon numero di anticorpi (elementi prodotti come armi di difesa dai linfociti che attaccano l’agente patogeno e aiutano il sistema immunitario a distruggerlo), come il vaccino, garantiscono una protezione. 

Ma non basta. Muoversi migliora la risposta di difesa agendo in maniera diretta sul sistema immunitario, mentre avere un corpo attivo, sano, forte, del giusto peso perché costantemente allenato, che garantisce un organismo reattivo e funzionante, rappresenta la maniera indiretta di agire sul sistema immunitario.

Godere di una buona salute immunitaria significa sentirsi protetti come con un vaccino così da resistere meglio agli attacchi degli agenti virali senza gravi conseguenze o ristabilendosi con facilità. E avere un sistema immunitario efficiente vuol dire essere persone in forma, non in sovrappeso, senza soffrire di malattie metaboliche croniche come il diabete di tipo 2, senza soffrire di disturbi cardiovascolari o di pressione alta o, ancora, di malattie polmonari (leggi l’articolo “Patologie croniche e attività fisica”).

La pandemia da Covid-19 ha rilevato che la maggior parte delle persone ricoverate in ospedale manifesta almeno tre di queste condizioni patologiche tra cui l’ipertensione, il sovrappeso e l’obesità, una malattia metabolica cronica in un quadro di età avanzata e inattività o sedentarietà.

Già il sovrappeso per mancanza di attività fisica crea un’infiammazione sistemica dell’organismo con il rilascio di quelle sostanze infiammatorie chiamate citochine. Anche l’invecchiamento crea un quadro simile di infiammazione e acidosi che comporta una vulnerabilità agli attacchi virali.

L’attività fisica regolare, prevalentemente di tipo aerobico come, per esempio, camminare a passo sostenuto per 30 minuti minimo fino a un’ora quasi tutti i giorni coadiuva il sistema immunitario nella sua azione protettiva e di difesa. 

E se per attività fisica intendiamo qualunque genere di movimento fisico realizzato dalla muscolatura del nostro corpo che implica un dispendio energetico da parte dell’organismo, allora anche andare in bicicletta, seguire un corso o un programma in palestra, praticare uno sport è ciò che ci risulta più comprensibile. Ma pure utilizzare il corpo per spostare, sollevare, riordinare, accudire come in ambito lavorativo, domestico, assistenziale o del tempo libero significa fare comunque attività fisica purchè con regolarità, con un’intensità e una durata sufficienti.

Al contrario, sedentarietà e inattività (leggi l’articolo “Sedentari o inattivi”) rappresentano quel comportamento, come stare a lungo seduti o sdraiati, il cui dispendio energetico è pari o inferiore all’1,5 dell’equivalente metabolico.

[Piano d’azione globale dell’attività fisica 2018-2030 “Persone più attive per un mondo più sano” testo tradotto a cura di R. Chiodo Karpisky, UISP Progetto Active Voice].

Muoversi poco o quasi niente ha un’influenza diretta sul metabolismo del glucosio, sul metabolismo generale e sul sistema cardiocircolatorio così da rendere l’individuo debole, vulnerabile e a rischio di patologie o contagi.

La persona attiva è colei che inserisce l’attività fisica nella sua routine quotidiana.

Le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardano i 150 minuti consigliati di attività fisica di moderata intensità alla settimana per gli adulti comprendendo quella impiegata per gli spostamenti, in ambito lavorativo e ricreativo e i 60 minuti di attività quotidiana da moderata a intensa per gli adolescenti.

Ovviamente gli effetti dell’attività fisica sulla fisiologia del sistema immunitario sono diversi a seconda che sia regolare, di media intensità oppure ad alta intensità. Ciò significa che il rischio di infezione soprattutto delle vie aeree superiori varia: è minimo quando l’attività fisica è moderata, è molto elevato quando il soggetto è sedentario e sale ancora di più quando il soggetto pratica un’attività fisica molto intensa e di lunga durata (sovrallenamento sportivo).

[SIMG Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie].

Un’intensa ed estenuante attività fisica o sportiva comporta, infatti, al termine della stessa e per la durata di un certo numero di ore (valore soggettivo), una ridotta concentrazione di linfociti.

Mentre i linfociti (cellule del sangue che appartengono ai globuli bianchi e producono anticorpi) si attivano nel sangue durante l’esecuzione dell’attività fisica per proteggere l’organismo, al termine invece, causa l’entità dello sforzo, riducono la loro azione immunitaria. È definito Open Window il fenomeno della durata massima di 72 ore in cui gli atleti e tutti coloro che fanno intensa attività fisica a livello agonistico o amatoriale subiscono un forte calo dell’attività del sistema immunitario.

Al contrario, un fisico di qualsiasi età stimolato regolarmente con attività fisica non troppo elevata che lo mantiene allenato è in grado di rispondere in maniera efficace alle sollecitazioni esterne e a eventuali contagi perché abituato a saper recuperare nella fase di riposo dopo l’attività fisica. 

Cosa significa ciò? 

Significa che durante lo svolgimento di attività fisica si creano delle microlesioni fisiologiche alle fibre muscolari che determinano uno stato infiammatorio. Tale infiammazione rappresenta una reazione immunologica naturale dell’organismo che si manifesta nella fase di recupero per riparare le fibre muscolari da quelle microlesioni causate durante l’esercizio fisico. Come dire che l’azione immunitaria si rende più efficace in una condizione di infiammazione provocata dall’attività fisica sul muscolo. Senza movimento non avvengono le microlesioni muscolari, non si crea quello stato infiammatorio che attiva la risposta immunitaria e quella di riparazione. Proprio come un vaccino che attiva le proprietà del sistema immunitario senza scatenare la malattia così da stimolare i meccanismi fisiologici di difesa dell’organismo contro le infezioni (risposta anticorpale).

Ma cos’è un vaccino?

Il vaccino inoculato nelle persone sottoposte a vaccinazione è costituito da virus o batteri inattivi (uccisi) o attenuati (resi innocui, privati cioè della loro capacità infettante) oppure da sostanze da loro prodotte (tossine inattivate).

Il vaccino è realmente lo strumento più efficace per prevenire l’insorgenza di alcune malattie gravi, per evitare di ammalarsi, soprattutto le categorie a rischio o di trasmettere una malattia impedendo il diffondersi di epidemie.

Vaccinarsi è semplice, ma alcuni soggetti possono correre il rischio di effetti collaterali, inoltre, nessun vaccino ha un’efficacia del 100%. Tuttavia, se il numero di persone vaccinate è elevato e supera una data soglia, i virus hanno maggiori difficoltà a diffondersi da un individuo all’altro e anche coloro che non sono vaccinati sono indirettamente protetti. È questa la “protezione di comunità” o herd immunity o “immunità di gregge”.

Così, se il vaccino garantisce l’immunità personale salvaguardando l’individuo vaccinato e al contempo l’immunità collettiva, una regolare costante attività fisica non solo migliora la risposta immunitaria del nostro sistema, ma pure la risposta di immunizzazione attiva del vaccino inoculato.

Far diventare l’attività fisica un’abitudine giornaliera, salutare come nutrirsi, idratarsi, riposare, ecc. aiuta ad essere più resistenti alle malattie infettive.

L’attuale pandemia del coronavirus Covid-19 e i rischi futuri danno l’opportunità di ribadire quanto uno stile di vita sano, basato sulla pratica di una dosata e continua attività fisica costituisca una regola di vita e un coadiuvante nella vaccinazione.

Il vaccino diventa indispensabile quando il rischio di contagio porta al manifestarsi della malattia, come accade oggi, e alle complicazioni respiratorie gravi che necessitano di ricovero ospedaliero. Ciò è necessario per non fare collassare il sistema sanitario, ma è anche un atto di responsabilità mantenersi fisicamente attivi per rendere più efficace l’azione del vaccino e per avere un organismo sano, funzionale che si protegge da sé.

Altre fonti: 

  • docenti.unime.it “Le difese dell’organismo”
  • scienzainrete.it “Vaccini e anticorpi, la rivoluzione dell’immunologia”

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L’IMPORTANZA DELL’ATTIVITÀ FISICA PER I RAGAZZI

Bambini e adolescenti dai 6 ai 17 anni sarebbero fisicamente attivi per loro natura se avessero sempre occasioni e opportunità per dimostrarlo. I ragazzi, oggi più che mai, hanno la necessità di esporsi alle più diverse attività fisiche, dal gioco allo sport individuale o di squadra, dalla ginnastica alla frequentazione della palestra, dalle attività ricreative all’aiuto fisico in casa perché si muovono poco.

Appartengono ad una generazione digitale, una generazione seduta e il tempo trascorso davanti uno schermo è inevitabilmente un tempo di inattività fisica. Il tasso di sedentarietà e inattività (leggi l’articolo del blog: “Sedentari o inattivi?”), infatti è elevato

Connessi, iperconnessi, aggiornatissimi, con dita rapide su tastierine e schermi, i ragazzi hanno un corpo fermo e muoversi poco o non muoversi affatto li porta spesso a ripiegare sul cibo e a predisporsi ad un futuro di sovrappeso. Il cibo diventa spesso per loro lo sfogo che aiuta a gestire le emozioni, a far fronte ai problemi, ad affrontare lo stress, ad assecondare la noia e a gratificarsi. 

Ma il corpo umano, il loro giovane corpo fisico è strutturato per muoversi ogni giorno mentre i modelli di vita li orientano all’ipocinesia (leggi l’articolo del blog: “Analfabetismo motorio”). Passare troppe ore fermi o seduti produce danni diretti al loro organismo e alla loro salute psicofisica privandoli invece di quei numerosi benefici che rafforzano lo stato di salute generale e rallentano il naturale processo di invecchiamento da adulti.

L’ attività fisica dei ragazzi, infatti, condiziona la loro crescita (termine che identifica l’aumento delle dimensioni dell’organismo giovane) influisce sullo sviluppo (termine che identifica le modificazioni funzionali legate alla crescita dell’individuo giovane) e sulla maturazione (termine che identifica il raggiungimento delle forme di un corpo adulto e della sua completa funzionalità).

Ma quali sono allora i benefici dell’attività fisica?

  • Favorisce una migliore composizione corporea tra percentuale di massa magra (muscolatura) e massa grassa (adipe) 
  • previene le eventuali alterazioni della colonna vertebrale
  • sviluppa la forza fisica, la resistenza, la flessibilità e il controllo ( i 4 Pilastri del “Metodo Da Domani Mi Muovo”)
  • riduce il rischio di disturbi osteoarticolari e delle problematiche muscolo scheletriche
  • potenzia il sistema cardio respiratorio e quello immunitario (leggi l’articolo del blog: “Attività fisica e sistema immunitario”)
  • aumenta le attività metaboliche (del metabolismo basale e di quello dopo la pratica dell’attività fisica)
  • incrementa l’ossidazione dei grassi e della spesa energetica quotidiana
  • regola la ciclicità ormonale
  • migliora la qualità del sonno e tiene sotto controllo l’ansia e gli stati depressivi

L’attività fisica aiuta i ragazzi nello sviluppo delle competenze motorie e delle abilità fisiche, cognitive, emozionali, nella conoscenza di sé. Con l’attività fisica essi acquisiscono il senso del proprio corpo, un corpo forte, sano, bello capace che incoraggia l’autonomia e l’indipendenza, che migliora l’immagine di sé, che contribuisce all’accettazione di sé e ad una più elevata autostima.

La loro vita è piena di continui cambiamenti fisici, di sbalzi ormonali pertanto i ragazzi hanno bisogno di rendersi consapevoli della loro identità corporea in divenire.

L’attività fisica può aiutarli, ma molte volte hanno necessità di una spinta a muoversi di più e dell’incoraggiamento degli adulti.

Il ruolo degli adulti è centrale. Anche se nei bambini l’influenza dei genitori, e soprattutto della madre, è determinante mentre negli adolescenti conta più l’opinione dei coetanei che quella parentale, gli adulti possono fare molto.

I sistemi di credenza dei genitori (ad esempio, il valore che viene dato o meno alla pratica dell’attività fisica) e il loro comportamento influenzano le scelte dei ragazzi. 

È vero che i figli di genitori fisicamente attivi fanno più attività fisica dei figli di genitori inattivi perché contano le abitudini sportive dei familiari, ma qualunque genitore può stimolarli verso lo stile di vita più attivo.

Ai bambini  e agli adolescenti è consigliato di praticare almeno un’ora di attività fisica al giorno fino a far diventare questa pratica una buona abitudine. Quei 60 minuti di movimento devono includere quelle attività che fanno battere più velocemenete il loro cuore, che costruiscano i loro muscoli e rendano più resistenti le loro ossa.

I ragazzi hanno bisogno di praticare sia un’attività fisica moderata che richiede uno sforzo moderato di esecuzione come spostarsi il più possibile a piedi per andare a scuola, ad esempio, usare la bicicletta per pedalare su percorsi pianeggianti in leggera salita o una cyclette, i pattini o lo skateboard, aiutare i genitori nei lavori di manutenzione domestici e di giardinaggio, giocare all’ aria aperta, portare fuori il cane, sia un’attività fisica intensa di rinforzo muscolare e osseo come la corsa, il salto con la corda, il nuoto, il calcio e altri sport, le arti marziali, l’arrampicarsi, la bicicletta in salita o in velocità in pianura, gli esercizi in palestra con pesi, elastici ed attrezzi.

L’intensità dell’attività fisica non può essere espressa come valore assoluto: ciò che può sembrare un’alta intensità per un determinato giovane è in realtà bassa per un altro. Che i ragazzi svolgano sempre un’attività fisica moderata e almeno tre volte la settimana un’attività fisica di alta intensità lo si coglie con il talk test: si tratta di un’attività fisica moderata quando essi sono in grado di parlare tra loro, ma non riescono a cantare una canzone, si tratta di un’attività fisica intensa quando aumenta il loro ritmo respiratorio, sudano e non riescono a parlare se non poche parole e di getto per poi ansimare.

È fondamentale che le attività motorie scelte piacciano, divertano i ragazzi, li impegnino, ma sempre con piacevolezza e che siano adatte alla loro età, al loro livello di abilità, che siano dosate (leggi l’articolo del blog: “Posologia dell’ esercizio fisico”) e adeguate alle loro caratteristiche fisiche e attitudinali.

Sembra un fattore fisiologico e spontaneo, ma la partecipazione dei ragazzi a qualunque forma di attività motoria o la pratica di uno sport specifico si riduce drasticamente in adolescenza [2008, Physical Activity guidelines for Americans. Washinton, DC: U.S. Department of Health and Human Services].

Molti sono infatti i ragazzi che abbandonano e smettono di fare attività fisica o lo sport per i più svariati motivi: pigrizia, per mancanza di interesse, per i pressanti impegni scolastici, perchè troppo stanchi, impegnati o di cattivo umore, mancanza di soldi, di motivazione, per timore di un confronto con gli altri  (Tergerson e Kong, 2002) o perché non vogliono essere condizionati da ciò che sottrae tempo agli amici e alla vita sociale.

Il contributo degli adulti in questi casi è importante. La spinta, la motivazione, il consiglio dei genitori possono aiutare i ragazzi a muoversi o a riprendere la pratica dell’attività fisica. Infondo gli adulti sono il loro riferimento più importante e in genere rappresentano l’esempio di un modello di comportamento utile. Ai genitori si chiede pertanto di aiutarli nell’organizzare al meglio il loro tempo (lo screen time ovvero il lungo tempo trascorso davanti il pc, la tv o curvi sul proprio cellulare deve essere controllato e in alcuni casi ridotto), nell’offrire loro continue occasioni di movimento anche in un ambiente urbano con i suoi spazi limitati e i pericoli, nello stimolarli e incoraggiarli a creare una routine quotidiana come una semplice camminata, ad esempio dopo cena accompagnandoli [Content source: Division of Nutrition, Physical Activity, and Obesity, National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion]. 

Un genitore può dare forma a nuove attitudini e a nuovi comportamenti per portare il giovane verso un cambiamento dello stile di vita

Passare dall’inattività e sedentarietà ad un comportamento fisicamente più attivo mette al riparo i ragazzi da abitudini rischiose come il fumo, l’alcol, la droga, dall’irritabilità, dall’aggressività che porta alla delinquenza e al vandalismo o, al contrario, dalla depressione e dagli stati ansiosi.

Alla loro età i ragazzi non percepiscono i vantaggi dell’attività fisica per la loro condizione di salute futura, non colgono l’importanza di avere uno stile di vita più attivo e preferiscono investire il tempo diversamente.

I ragazzi non sono sempre informati che restare a lungo inattivi incide anche in ambito scolastico con difficoltà di concentrazione, di attenzione e apprendimento. L’ attività fisica non solo favorisce una loro crescita salutare e migliora il loro umore, ma li sostiene nel raggiungimento degli obiettivi, nello sviluppo dell’iniziativa e della soluzione ai problemi.

Le buone abitudini di praticare costantemente dell’attività fisica durante la giovinezza in genere proseguono e si mantengono anche nell’età adulta creando così quello stile di vita più attivo e salutare.

Aiutiamo i ragazzi a trovare la motivazione e mano a mano anche il piacere nel fare dell’attività fisica. Sosteniamoli affinché non perdano il controllo del peso corporeo, del loro aspetto esteriore, della salute e rinforzino la loro identità.


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CAMMINARE PER FARE ATTIVITÀ FISICA

Camminare è un’azione che coinvolge il corpo in un impegno totale solo quando è eseguita bene e quando presuppone di avere libere le articolazioni del piede (dita e alluce), della caviglia, del ginocchio, dell’anca, del bacino, della schiena fino alle spalle. Blocchi articolari importanti, tensioni muscolari o legamentari infatti condizionano il modo di camminare.

Ciascuno di noi ha un suo stile personale nel camminare determinato da molti fattori compresi anche quelli culturali e religiosi, le malattie, i traumi e gli altri eventi della storia individuale, le influenze familiari e sociali.

Il nostro modo di camminare rappresenta infatti la nostra postura in movimento che ad ogni passo si rinnova: se è una buona postura, non ha bisogno di nuovi adattamenti, se è cattiva richiede qualche aggiustamento nell’andatura. 

Attenzione che imparare a camminare in maniera più funzionale richiede tempo. 

Se un bambino impara nuove abilità in tre-sei sei mesi, l’adulto che deve sostituire alcuni movimenti scorretti con altri più funzionali, ha bisogno di più tempo, di consapevolezza e volontà.

Ognuno di noi ha inoltre la sua cadenza preferita nel camminare che dipende dalla lunghezza della gamba e che in genere rappresenta il ritmo con cui si deambula al minor consumo energetico.

Quando camminiamo, un piede alla volta rimane sempre sul terreno in appoggio e l’equilibrio, la coordinazione con le braccia sono il risultato di una stretta collaborazione tra il controllo top-down del cervello, lo stimolo botton-up di piedi e gambe, il controllo del midollo spinale sul ritmo.

Ogni porzione del piede ha una funzione diversa nella dinamica del passo. 

Il tallone è il primo punto di contatto con il terreno, l’arco plantare è responsabile dell’elasticità e quindi dell’adattamento del piede al suolo, la parte anteriore fino alle dita rappresenta il vero punto di forza perché dà la spinta per mandare in avanti il corpo e compiere così il passo.

Camminare è un’azione che si svolge su tre piani di movimento: 

  • sagittale-mediano (movimento verso destra – sinistra), 
  • frontale (movimento avanti – dietro) 
  • trasverso (movimento alto – basso).

Quasi tutti ci muoviamo in modo un po’ asimmetrico. Abbiamo un piede preferenziale con cui iniziamo sempre il primo passo senza rendercene conto, mentre il piede che resta a terra e più statico e regge il peso. Ecco perché la muscolatura può risultare diversa tra una gamba e l’altra.

Poggiamo il tallone a terra come prima parte, ma poi carichiamo più il lato esterno o interno del piede e la spinta delle dita può non essere sempre completa terminando con quella dell’alluce.

Il ciclo del passo si divide in otto fasi funzionali, secondarie alle due principali di appoggio (stance) e di oscillazione (swing), necessarie a svolgere i compiti di: 

  • carico del peso corporeo;
  • sostegno su una gamba sola;
  • progressione dell’arto inferiore in avanti.

Si può scegliere di camminare lentamente allo scopo di impegnare di più tutte le strutture articolari coinvolte (ogni tanto è bene farlo anche a piedi scalzi, leggi l’articolo del blog: “Attività fisica a piedi scalzi”) o perché si parte da zero causa i problemi osteoarticolari, l’età avanzata, il sovrappeso, le cardiopatie, l’inattività, la sedentarietà e si vuole fare il primo passo verso il recupero della forma fisica, la prevenzione e la cura della propria salute oppure verso un’attività fisica più impegnativa.

Camminare, infatti, è un’attività fisica di intesità moderata che stimola la resistenza utilizzando il meccanismo energetico aerobico così da migliorare la forma fisica e la salute metabolica.

Per aumentare l’intensità e renderla più allenante si può aumentare la velocità  del passo (sostenuto) e/o la durata (es. 30-45 minuti = tempo breve, 45-90 minuti = tempo medio, oltre i 90 minuti = tempo lungo).  

L’intensità può variare anche per l’asperità del terreno e per la pendenza: terreni variabili sotto i piedi e cambi di pendenza richiedono un impegno muscolare maggiore. 

Percorsi in salita e discesa, terreni sconnessi sui quali i piedi eseguono correttamente le fasi del passo, esercitano le nostre articolazioni e tessuti annessi (muscolare, connettivale, tendineo, legamentario) in un ottimo lavoro di mobilità, propriocettività e allungamento dando più funzionalità all’intero apparato locomotore e più efficacia all’allenamento.

Rendere più veloce il proprio modo di camminare significa aumentare la lunghezza del passo e la frequenza. Anche il movimento rapido delle braccia sincronizzato con quello delle gambe (i gomiti stanno più in flessione per ridurre il tempo di oscillazione del braccio avanti e indietro rispetto la spalla) aiuta a mantenere l’andatura veloce dei piedi.

La camminata rapida o sportiva è un modo volontario di camminare a ritmo accelerato (dai 5 ai 7 km/ora circa) in cui è necessario sapere e poter articolare bene il piede: poggiare con sicurezza il tallone, compiere più passi spingendo energicamente sulle dita fino allo stacco dell’ alluce da terra, dà maggiore potenza alla camminata.

Per camminare velocemente ci vuole una buona consapevolezza corporea e soprattutto nessuna limitazione o impedimento come portare uno zaino sulle spalle, trascinare un trolley da viaggio, spingere un carrello, tenere qualcuno per mano o il cane al guinzaglio che riduce i movimenti della parte superiore del corpo, impedisce l’oscillazione delle braccia e del bacino.

Prepararsi a camminare con una serie di esercizi è importante affinché sia sostenibile e più naturale possibile per tutti:

  • oscillare le braccia portandole ben indietro e in alto per ottenere la massima mobilità delle spalle;
  • mobilizzare alluce, dita, piede, caviglia sia dalla posizione in piedi sia da seduto aiutandosi con le mani;
  • scendere alcune volte in piegamento naturale con le ginocchia flesse fino dove è consentito per attivare la muscolatura delle cosce;
  • andare sulle punte e sui talloni per mobilizzare ancora la caviglia e stimolare la muscolatura del polpaccio;
  • in piedi, ruotare il busto sul bacino fermo per attivare la muscolatura del tronco.

Gli esercizi descritti consentono di aumentare il flusso sanguigno in tutto il corpo, di attivare le strutture che verranno maggiormente sollecitate inizianda a camminare, di stimolare l’organismo all’attività. 

Dedicàti pochi minuti alla preparazione (meglio se ogni giorno) non resta che infilare scarpe comode e uscire. 


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PERCHÉ CAMMINARE È LA MIGLIORE ATTIVITÀ FISICA

Si cammina poco e si cammina male, meno di quei 30 minuti giornalieri consigliati, eppure camminare, per chi lo fa, resta la forma di esercizio preferita

Non richiede un elevato livello di forma fisica né un’abilità motoria specifica, può essere praticata quasi ovunque, soprattutto all’aperto, tra spazi verdi o urbani, non c’è bisogno di un particolare abbigliamento o di un’attrezzatura, non pone vincoli d’orario e nemmeno di contesto.

Da soli o in compagnia, camminare è un’attività motoria spontanea, la più antica e naturale per uomo. Per gli esseri umani, anche quelli sedentari e inattivi dei nostri giorni, camminare rappresenta la forma più comune e più semplice di fare esercizio fisico, eppure se ne fa poca.

Infondo camminare non comporta un grosso impatto del peso corporeo sulle singole articolazioni (anche, ginocchia, caviglie, piedi) perché viene assorbito per intero dall’apparato locomotore (ossa, articolazioni, muscoli, tendini e legamenti) per cui risulta l’attività fisica più adatta a tutti soprattutto a coloro restii a entrare in palestra, agli inattivi, agli anziani, alle persone con patologie croniche o dismetaboliche.

Perché camminare fa bene a tutto il corpo. Vediamo perché.

  • Stimola gli organi sottoposti a sforzi e stress a proteggersi e recuperare;
  • aiuta l’intestino favorendone il transito;
  • riduce il livello del colesterolo “cattivo” (LDL, lipoproteine che trasportano il colesterolo dal fegato alle cellule dell’intero organismo) ed alza il livello del colesterolo “buono” (HDL, lipoproteine che portano il colesterolo in eccesso dalle cellule dell’organismo al fegato per smaltirlo);
  • abbassa la pressione arteriosa;
  • tiene controllato il rischio di diabete di tipo 2;
  • ha effetti sul tasso metabolico (consumo di energia per generare calore) e sul peso corporeo (camminare per un’ora alla velocità di 4 km/ora, per esempio, richiede tra le 100 e le 200 calorie bruciando circa 6 gr. di grasso);
  • può far dimagrire se si tiene conto che i grassi bruciano nell’organismo solo dopo circa 20 minuti di attività e se si bada a ciò che si mangia. Il grasso delle cellule adipose è rappresentato dai trigliceridi immagazzinati nell’organismo ovvero quei composti di carbonio, idrogeno e ossigeno che, grazie all’attività fisica e al camminare liberano il carbonio che viene eliminato col respiro sottoforma di anidride carbonica e trasformano idrogeno e ossigeno in acqua;
  • comporta una riduzione dei marcatori di infiammazione e di molti indicatori di patologie tra cui quelle cardiovascolari;
  • dà benefici a certi disturbi respiratori;
  • rallenta le varie forme degenerative legate di invecchiamento originando anche cambiamenti plastici nella struttura del cervello:
  • favorisce la produzione di una molecola importante, il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (o Vegf, Vascular Endothelial Growth Factor) che stimola la vascolarizzazione cioè la crescita della rete capillare che porta ossigeno e nutrimento alle cellule del sistema nervoso, aumentando l’afflusso di sangue al cervello e intensificando l’attività neurocognitiva; 
  • ha un grande impatto sulla memoria e sull’apprendimento perché migliora la struttura e la funzionalità cerebrale popolando di nuove cellule proprio quelle aree della memoria e dell’apprendimento;
  • riduce la produzione dell’ormone cortisolo rilasciato normalmente in risposta allo stress e agisce sull’umore (camminando dopocena a passo sostenuto senza particolari sforzi si favorisce una vasodilatazione duratura, anche per l’intera notte, con una conseguente azione antistress); 
  • consente con il suo andamento ritmico di avere una maggiore lucidità e di raggiungere uno stato meditativo (leggi l’articolo del blog “La meditazione nel movimento” ) e creativo di problem- solving.

Già alzarsi in piedi per iniziare a camminare ha effetti immediati sulla pressione e circolazione sanguigne e, come sosteneva già Ippocrate più di 2000 anni fa, “camminare è una medicina”.

Per essere efficace la camminata non deve avere un’andatura troppo lenta né una mancanza di simmetria o di sincronia dei movimenti del corpo soprattutto tra il lato destro e quello sinistro come spesso accade alle persone anziane.

Camminare bene, saper camminare in modo funzionale nel rispetto delle proprie caratteristiche e del proprio stato emotivo evita alla lunga di compromettere l’apparato muscolo-scheletrico con dolori articolari, mal di schiena, disturbi muscolari, ecc.

Utilizzare male le articolazioni, i legamenti, i muscoli e loro tendini diventa un’abitudine consolidata che perpetuandosi nel tempo non fa che peggiorare la situazione.

Sapendo solo quanto sia importante camminare non ci siamo forse mai posti il problema se lo facciamo bene o se lo facciamo male e quali conseguenze può avere nell’un caso o nell’altro.

Certo è che se camminare giova alla salute, siamo responsabili di farlo bene per non farci del male.

L’uomo non è evoluto per smettere di camminare e di muoversi né di rendere queste attività motorie opzionali, pertanto non è mai troppo tardi per incominciare.

E se il problema è riuscire a camminare per almeno quei 30 minuti al giorno consigliati, meglio pensare di farlo più volte in una giornata per un tempo molto breve oppure, se la preoccupazione è di calcolare il numero totale di passi fatti in una giornata come indicatore dell’attività fisica svolta, allora meglio misurare la cadenza, il ritmo della camminata cioè i passi compiuti al minuto. 

Uno studio pubblicato a maggio 2018 nel British Journal of Sport Medicine consiglia di raggiungere i 100 passi al minuto per una camminata di intensità moderata (velocità di circa 4,5 km/ora) che diventa un vero esercizio fisico, oppure di 130 passi al minuto e oltre per una camminata vigorosa che aiuta sia sul piano della forma fisica, del consumo calorico che della prestazione. In entrambi i casi lo schema è quello di un’attività fisica benefica.

Allora, perché attendere per iniziare? 

La risposta su come farlo nel prossimo articolo del blog…


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COME MIGLIORARE L’ASPETTO CON L’ATTIVITÀ FISICA

Il motivo per cui ad un certo punto desideriamo migliorare il nostro aspetto è prima di tutto per noi stessi, per quello stare bene che ci manca, per quel peso di troppo che da tempo ci portiamo addosso, per quella taglia persa e per l’affanno a salire i gradini di una scala, per l’attenzione che gli altri ci riserverebbero esclamando “Che in forma che sei!”, per quell’immagine nello specchio che non piace e, ancora di più, per quelle foto che non ci rappresentano più come vorremmo.

Si può fare molto per cambiare il proprio aspetto fisico, ma bisogna essere prima di tutto sicuri, convinti, decisi nel farlo.

L’intenzione di migliorare deve essere alla base del proprio agire: dobbiamo volerlo con convinzione e non limitarci soltanto a qualcosa che è scattato nella nostra mente come un “clic”. Migliorare l’aspetto fisico è un cambiamento che richiede tempo e costanza, per questo l’intenzione deve essere massima.

Se siamo insoddisfatti del nostro corpo, sappiamo che ciò non è il risultato di qualcosa avvenuto da un giorno all’altro. Così, nemmeno i miglioramenti potranno essere immediati perché non ci sono soluzioni per abbreviare il percorso!

Prendersi cura del proprio aspetto con l’attività fisica, che io considero “l’attivatore” di un processo, lo starter a cui segue la cura per ciò che si mangia, è la prima cosa da fare. Attivare il corpo fisicamente, infatti, spinge a pensare di rivedere anche l’alimentazione, di darci una regolata come se, attività fisica e corretta alimentazione, fossero due azioni necessariamente legate assieme. Vero è che siamo più stimolati e rigorosi nel rivedere cosa, come e quando mangiare nel momento in cui iniziamo a sentire i primi benefici dell’attività fisica.

Decidere di migliorare con l’attività fisica significa prima di tutto essere realisti su ciò che si può fare e quello che si decide di fare deve diventare il programma da svolgere. Che siano brevi intervalli di tempo al giorno o sessioni e allenamenti settimanali è fondamentale essere costanti e se si salta qualche volta, bisogna essere tolleranti, ammetterlo e continuare nel percorso .

Si tratta di riprogrammare la propria vita inserendo il rituale dell’attività fisica e dare così alla propria vita un altro corso.

La sedentarietà ci allontana dalle esigenze del nostro corpo come muoversi, bere più acqua, ad esempio.

Il nostro cervello, che lavora in economia e non si spreca, se non sotto stress, realizza che la muscolatura del corpo non utilizzata (perché inattivi e sedentari) non debba essere stimolata e perciò la dimentica. Così, quei muscoli inutilizzati alla lunga perdono il loro tono e il loro trofismo lasciando spazio al tessuto grasso e riducendone al minimo la funzionalità. A volte, in fondo, non serve cercare chissà cosa per decidere di migliorare il proprio aspetto: basta partire dal muovere di più il corpo! 

Siamo capaci di interessarci all’argomento, molto spesso di leggere parecchio al riguardo, di informarci di continuo, ma poi di non agire.

L’attività fisica va introdotta lentamente nella propria vita fino a cambiarne lo stile. 

Utilizzare l’esercizio fisico (declinazione di attività fisica con precise finalità – leggi l’articolo del blog: “Attività fisica o esercizio fisico?”) secondo i 4 pilastri di base (Forza, Resistenza, Flessibilità e Controllo) del metodo Da Domani Mi Muovo che ho codificato, porta a raggiungere i risultati attesi.

L’attività fisica fatta bene, insegnata correttamente da professionisti del settore serve a dosare bene il percorso. 

Il lavoro di forza con i pesi per dare tono e volume alla muscolatura viene integrato con quello di flessibilità per evitare rigidità articolari e rendere i muscoli meno tozzi e duri. Ma non basta. Si sa che un corpo tonico è più piacevole alla vista di un corpo troppo grasso, molliccio o rilassato, ma deve essere anche funzionale per apparire migliore. Ecco che gli esercizi di resistenza (lavoro aerobico come camminare, correre, pedalare, nuotare, vogare ecc. che stimola la funzionalità cardiaca e l’attività respiratoria così da far lavorare bene cuore e polmoni) insieme a quelli del pilastro del controllo (esercizi di propriocezione e di equilibrio) completano il percorso di miglioramento del proprio aspetto.

Essere iscritti in palestra (sapendo scegliere il tipo di palestra!) e frequentarla affidandosi alla competenza dei professionisti ed esperti del settore è una spinta decisiva nel miglioramento della propria immagine estetica, nel incrementare la fiducia in se stessi, nel senso di accettazione e di appartenenza al gruppo, alla collettività.

Se il tempo a disposizione per avere cura di sé è davvero poco, il mio consiglio è concentrare la propria attività fisica in alcuni intervalli brevi durante la giornata, senza spreco di tempo in cui la concentrazione e l’attenzione sull’esecuzione degli esercizi, però siano massime. 

Mantenere l’attenzione elevata mentre si esegue un esercizio fisico significa togliere tutti gli stimoli distraenti, non lasciarsi influenzare da ciò che non è pertinente, significa sentire che l’esercizio si svolge nel proprio corpo e quali parti va a a interessare. 

Un’attenzione volontaria così indirizzata e focalizzata sull’esecuzione dell’attività fisica diventa concentrazione. In termini neurologici vuol dire stimolare il sistema attivante reticolare (R.A.S Reticular Activating System) meccanismo del nostro cervello che ci consente di porre priorità e attenzione all’esecuzione di ogni singolo esercizio fisico che vogliamo svolgere. 

Ecco che anche 10 minuti al mattino e 10 minuti il pomeriggio oppure alcuni minuti più volte nell’arco della giornata a partire dal risveglio facendo lavorare a rotazione tutti i gruppi muscolari possono dare i migliori risultati nel tempo.

Al contrario, quei risultati sperati non arrivano se l’attività fisica è praticata superficialmente, senza “sentire” l’esercizio, senza prestare attenzione e concentrazione ai muscoli e alle parti del corpo che lavorano.

Bisogna applicarsi, dedicarsi un po’ al giorno, impegnarsi. Avere alcune abitudini consapevoli aiuta ad avere una vita più organizzata al fine di migliorare se stessi.

Seguire il piano di azione del metodo Da Domani Mi Muovo riassunto dall’acronimo delle 3R: Regola (indicazione a cui attenersi secondo un preciso criterio, esecuzione di esercizio per raggiungere lo scopo), Rituale (sequenza di esercizi che seguono le regole date e che assume le caratteristiche di rito), Ripetizione (azione del ripetere la medesima sequenza di esercizi con regolarità nel tempo) evita che la propria esistenza scorra in modo casuale, come va, va!

Un bel comportamento, una bella postura (è difficile sentirsi ok e graziosi se ci si trascina, se le spalle stanno curve in avanti, se la fascia addominale è rilassata e non controlla la schiena per tenere eretto il busto!), il porsi di fronte agli altri con fierezza danno subito la sensazione a chi sta di fronte di un bell’aspetto.

L’attività fisica abbassa il livello di stress personale, favorisce l’attenzione, la memoria, riduce l’ansia, attenua lo stato depressivo se presente, porta benefici nelle relazioni e nel lavoro, così da far salire l’auto-stima.

Il nostro aspetto fisico cambia ai nostri occhi alla vista degli altri quando l’umore è buono e lo stato di benessere elevato.

Acquisire maggiore consapevolezza corporea e sicurezza, più energia, un miglioramento delle capacità psicofisiche, un ideale riposo notturno grazie all’attività fisica, danno a chiunque la pratichi regolarmente e con costanza, salute, bellezza (leggi l’articolo del blog: “Attività fisica e bellezza”), soddisfazione e affermazione della propria immagine.


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MUOVERSI: UN BISOGNO PRIMARIO?

I bisogni primari o fondamentali dell’uomo sono quelle necessità fisiologiche indispensabili per la sua sopravvivenza organica.

Così respirare per prendere ossigeno, termoregolarsi, idratarsi e nutrirsi, evacuare ed eliminare le scorie prodotte, dormire e riposare, riprodursi sono, per un istinto di autoconservazione, i primi bisogni da soddisfare con continuità.

Secondo un ordine di importanza, i bisogni primari sono appunto i primi a dover essere appagati attraverso una serie di azioni per garantire all’uomo la sua esistenza.

Ci sono anche i bisogni cosiddetti secondari che riguardano il benessere psicofisico di ciascuna persona come il bisogno di essere liberi o di sviluppare la propria dimensione interiore e spirituale; ci sono inoltre i bisogni soggettivi o opzionali che variano da persona a persona e sono in relazione al momento, al periodo della vita, alla contingenza del luogo e, infine, i bisogni indotti che sono quelli creati da un condizionamento esterno come le tendenze, la moda, la pubblicità.

Elencati secondo queste priorità o secondo una gerarchia biologica ed esistenziale come la piramide di Maslow (Abraham Maslow, 1954, “Hierarchy of Needs”), un modello motivazionale dello sviluppo umano che pone alla base i bisogni fisiologici più elementari, essenziali alla sopravvivenza dell’uomo per poi passare a quelli più elevati verso il vertice della piramide come il bisogno di sicurezza, di appartenenza, di stima (riconoscimento, approvazione), di autorealizzazione, non si fa riferimento preciso al bisogno di muoversi

Anche la versione della piramide elaborata più di recente dal performance- coach statunitense Anthony Robbins con i suoi bisogni di sicurezza, varietà, importanza, amore, unione o appartenenza, crescita, contribuzione (non necessariamente si passa attraverso tutti i livelli di questo modello gerarchico piramidale!) rimane un’indicazione di come si possa conseguire gli obiettivi superiori all’apice della piramide solo grazie ad un’energia sufficiente ottenuta dal soddisfacimento, prima di tutto, dei bisogni primari alla base della piramide.

Eppure muoversi è una necessità fisiologica che consente all’uomo di dare libero sfogo alle proprie energie, alla propria vitalità attraverso la fisicità. Lo si fa spostandosi, lavorando, praticano uno sport o dell’attività fisica, giocando. L’uomo è energia e ha bisogno di manifestarla attraverso l’attivazione del suo corpo.

Infondo muoversi era una necessità vitale già per i nostri antenati che dovevano procacciarsi il cibo, difendersi, trovare riparo, spostarsi. Muoversi rappresentava l’unica modalità per soddisfare tutti i bisogni primari.

L’uomo ha un apparato locomotore e muscolo-scheletrico tra ossa, articolazioni, muscoli, tendini e legamenti, che rappresenta circa il 70% della massa corporea e che gli consente di muoversi. 

Perché l’uomo è fatto per muoversi. 

E se del movimento il nostro corpo non può farne a meno, è chiaro che muoversi è un bisogno primario.

Il grande sviluppo tecnologico ha annullato spostamenti, sforzi e azioni legati alla fisiologia umana mettendo i nostri corpi in modalità sedentaria. Alle comodità disponibili si aggiunge l’innata pigrizia tale da rendere l’uomo un essere inattivo, ampiamente giustificato nell’epoca attuale.

Spesso dimentichiamo che il corpo umano ha bisogno di spendere l’energia che produce quotidianamente e può farlo soltanto attraverso la sua motricità. La possibilità di muoversi e l’abilità di farlo contribuiscono a mantenere le capacità funzionali e cognitive acquisite, aiutano il sistema cardiocircolatorio a funzionare bene, favoriscono il controllo del peso corporeo e l’efficienza dell’apparato muscolo-scheletrico, influiscono positivamente sull’ipertensione, l’osteoporosi, il diabete e su alcune malattie psichiatriche.

Muoversi è un’esigenza e chi si muove ogni giorno sta meglio.

Chi non fa movimento è destinato ad andare incontro ad un lento decadimento che si manifesta con un peggioramento delle condizioni generali sia di carattere fisico che psichico.

La vita per ciascuno di noi è movimento fino dal grembo materno. E dopo aver vissuto in apnea per nove mesi veniamo al mondo iniziando a respirare (1° bisogno primario) in modo perfetto sfruttando la capacità polmonare (capacità che da adulto viene meno!) e muovendoci spontaneamente istintivamente.

Da neonati e da bambini non abbiamo consapevolezza del nostro respiro né del corpo che si muove di continuo per soddisfare due bisogni vitali. Tutto avviene in automatico, senza apprendimento. Da piccoli ci autoregoliamo da soli, poi pian piano veniamo educati dall’imitazione del genitore e, in connessione con le emozioni che viviamo, il soddisfacimento di questi bisogni fondamentali può modificarsi. 

Solo da adulti siamo in grado di renderci conto di non farlo bene e di avere necessità di imparare a farlo correttamente. Solo così possiamo godere di un grande benessere psicofisico, solo così vediamo diminuire lo stress e preservare la condizione di salute ottimale. Respirare male e rimanere inattivi, ad esempio, significa non soddisfare a pieno i primi nostri bisogni primari.

Nel periodo della nostra infanzia il corpo in continuo movimento ci permette di acquisire competenze, di conoscere e sperimentare le potenzialità innate, l’altro da noi e l’intero mondo che ci circonda. 

Muoversi è indispensabile alla nostra crescita armonica, allo sviluppo delle varie abilità, all’apprendimento e segue i ritmi naturali di ciascuno di noi bambino, in modo autonomo.

La realtà che viviamo, organizzata ma limitante è improntata sulla sedentarietà e l’inattività sia per i bambini che per gli adulti. La realtà attuale, infatti, non tiene in considerazione il bisogno fisiologico del bambino e nemmeno quello dell’adulto di liberare la vitalità attraverso il movimento oltre che di ricevere quel nutrimento senso-motorio necessario per vivere. 

L’agire motorio rappresenta la quantità totale dei singoli movimenti che l’apparato locomotore muscolo-scheletrico è in grado di fare e che dà all’individuo l’opportunità di mantenere o migliorare la consapevolezza e l’interiorizzazione corporea, di venire a contatto con gli altri e con l’ambiente circostante.

Oggi c’è un bisogno crescente di muoverci di più. Uno stile di vita sedentario che dà il via ad una serie di patologie croniche (leggi l’articolo del blog:”Patologie croniche e attività fisica”) non ci fa apprezzare la nostra natura e il nostro vivere.

Muoversi attivandosi fisicamente nel quotidiano (casa, lavoro, spostamenti, tempo libero) o praticando attività fisica e sport deve diventare una sorta di nuova mentalità, di una nuova credenza affinché si possa venire a contatto con il proprio essere nel soddisfacimento di tutti i bisogni primari.

A coloro che hanno già fatto della pratica motoria una buona abitudine, va consigliato di dare continuità perché i benefici non possono durare (si perde in termini di resistenza, di efficienza cardiovascolare, ecc.).

Se a volte capita di abbandonarla, il segreto è diversificare l’attività fisica prima dell’interruzione per ritrovare sempre la motivazione e il piacere nel praticarla. 

Un buon livello di attività fisica eseguita costantemente durante l’intera vita è associato ad un ottimo risultato in termini di salute.

L’essere umano è biologicamente più funzionale quando è fisicamente in forma e gode di buona salute. Ciò gli consente di affrontare qualsiasi situazione, di esporsi a qualsiasi condizione come, oggi, stare a lungo seduti (leggi l’articolo del blog: “Perché troppo fermi e seduti fa male?”), lavorare in smartworking (leggi l’articolo del blog: “Sopravvivere allo smartworking con l’attività fisica”), avere un corpo alcalino (leggi l’articolo del blog: “Un corpo alcalino con l’esercizio fisico”), ecc. senza pagarne le conseguenze.

Se nutrirsi è un bisogno fondamentale (che si manifesta fin dalla nascita) altrimenti moriamo di fame, ad esempio, perché non si insiste abbastanza sull’essere sempre attivi e in movimento come bisogno primario che consente al nostro corpo di funzionare al meglio e di essere in salute?

Ogni essere umano deve poter soddisfare i bisogni primari e deve soddisfarli in modo tale che l’organismo tragga sempre dei benefici.

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Dunque, muoversi, è un nostro bisogno primario.


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