COSA SUCCEDE AL TUO CERVELLO QUANDO FAI ATTIVITÀ FISICA REGOLARMENTE?

I benefici che un’attività fisica fatta regolarmente assicura a tutti, non riguardano soltanto l’aspetto fisico, la funzionalità del corpo e di ogni suo organo, ma pure il nostro cervello e il sistema nervoso.

Fare esercizio fisico con regolarità, infatti, agisce sulle funzioni cerebrali come:

  • memoria
  • attenzione e concentrazione
  • pensiero creativo
  • resistenza ai fattori stressogeni

Ma non solo.

Aiuta a rendere più veloci oltre che a processare le innumerevoli informazioni in maniera più rapida.

Vediamo allora 7 benefici in dettaglio.

In questo articolo:

  • 1) Stress sotto controllo
  • 2) Ansia e attacchi di panico
  • 3) Attenzione e concentrazione
  • 4) Stop alla neuro degenerazione
  • 5) Miglioramento della memoria
  • 6) Preparazione all’apprendimento
  • 7) Controllo delle emozioni negative
  • Il meccanismo di base fondamentale

Stress sotto controllo

Fare attività fisica con regolarità ha un’azione diretta sulla gestione dei livelli di cortisolo (l’ormone prodotto dalle ghiandole surrenali su richiesta del cervello).

Il cortisolo, considerato l’ormone dello stress, ha la funzione di tenere allertato l’organismo quando alza i suoi livelli nel sangue.

Se questi livelli di cortisolo permangono però alti significa che il cervello e l’intero organismo sono sotto stress prolungato e non riescono a rilassarsi.

In che modo l’esercizio fisico interviene in questo caso?

Durante l’attività, che rappresenta una forma di stress fisico buono per l’organismo, il livello di cortisolo di innalza, ma a termine dell’allenamento il livello si abbassa ancor di più rispetto l’inizio dell’attività fisica.

riduzione stress attività fisica roberto travan

Non solo, ma continuando a praticare l’attività fisica, il livello di cortisolo non si innalzerà più di tanto e scenderà sempre al termine.

Con il tempo e la regolarità nella pratica, migliorerà la risposta allo stress non soltanto dopo l’attività fisica, ma pure in qualsiasi situazione di stress che la vita riserva.

Ansia e attacchi di panico

attività fisica gestione ansia roberto travan

Gestire l’ansia e tenere sotto controllo gli attacchi di panico, che si manifestano con un battito cardiaco accelerato e all’impazzata, un respiro affannoso e una pressione sanguigna elevata, è possibile con l’esercizio fisico.

Perché allenarsi significa provocare questi stessi sintomi come il cuore che batte forte, la pressione che si innalza, il respiro corto senza che destino preoccupazione.

Facendo attività fisica ci abituiamo a considerare positive queste sensazioni, a valutare come inevitabili, ma vitali.

Ecco che, in caso di ansia o di attacco di panico, il cuore in gola e la mancanza d’aria, vengono vissuti meno negativamente e in modo meno drammatico perché già fatta esperienza con regolarità.

Attenzione e concentrazione

attività fisica concentrazione roberto travan

Migliorare la capacità di concentrarsi oggi che siamo bombardati da numerosi stimoli continui, è un risultato che possiamo ottenere praticando una regolare attività fisica.

Molti studi dimostrano infatti che il cervello, quando si pratica dell’esercizio fisico, svolge una diversa attività nelle aree dei lobi parietale e frontale.

Queste aree sono particolarmente importanti per l’attenzione selettiva.

Stop alla neuro-degenerazione

Muoversi di più e con regolarità mette ogni individuo al riparo dalle patologie neuro degenerative come l’Alzheimer, la demenza senile, ecc.

La condizione di neuro infiammazione del cervello, che mette a rischio chiunque di sviluppare tali malattie, si riduce con l’attività fisica.

Per contro migliorano l’apprendimento, la memoria e cala il declino cognitivo.

Il cervello, infatti, riceve molte sostanze benefiche, aumenta la sua vascolarizzazione capillare con un maggior apporto di ossigeno, migliora la densità delle sinapsi e la connettività tra le diverse aree.

neuro degenerazione attività fisica roberto travan

Muoversi regolarmente potenzia il cervello anche con l’avanzare dell’età quando questo organo risulta meno modificabile.

L’invecchiamento, infatti, comporta una serie di cambiamenti cerebrali:

  • il cervello si riduce di peso, così come il flusso sanguigno
  • si riduce di conseguenza la disponibilità di serotonina e dopamina, neurotrasmettitori che fanno conseguire un declino delle prestazioni motorie e cognitive
  • diminuisce il numero dei neuroni

Miglioramento della memoria

L’attività fisica stimola il cervello e migliora le capacità mnemoniche grazie ad una connettività superiore tra il giro dentato (regione dell’ippocampo nel nostro cervello deputata alla formazione dei ricordi) e altre aree cerebrali.

memoria attività fisica roberto travan

Queste hanno il compito di recuperare i ricordi passati e di fare distinzione tra le memorie simili.

Sembra si restringa meno l’ippocampo, ovvero rallenta il suo naturale processo di atrofia che normalmente avviene con la senilità.

Preparazione all’apprendimento

L’attività fisica soprattutto nei ragazzi, oggi in calo causa l’utilizzo delle tecnologie attuali,:

  • agisce sul cervello dando migliore performance scolastica
  • dona benessere psicologico
  • contribuisce ad uno sviluppo positivo
  • e combatte i deficit dell’attenzione

Gli studi di neuroscienze concordano infatti che l’esercizio fisico regolare, non solo a scuola, ma pure fuori, ha un effetto sulla crescita strutturale del cervello, sulla plasticità simpatica, sul miglioramento delle funzioni neuro cognitive in particolare su quelle esecutive.

Starsene a lungo seduti per i ragazzi significa inibire l’apprendimento perché ossigeno e glucosio se ne vanno per gravità più copiosamente verso gli arti inferiori e meno verso il cervello.

apprendimento attività fisica roberto travan

I ragazzi risultano più assonnati perché si trovano in una condizione di riposo e non di attività.

Il cervello “realizza” che non c’è bisogno di attivarsi e più melatonina viene rilasciata, pertanto fanno fatica a concentrarsi.

Corpo attivo mente attiva!

Ai ragazzi (bambini e adolescenti) si raccomandano 60 minuti di attività aerobica di media-alta intensità ogni giorno e un’attività fisica più impegnativa, come il lavoro di rinforzo muscolare, tre volte almeno alla settimana.

Controllo delle emozioni negative

Le emozioni sono l’espressione di una risposta a innumerevoli stimoli esterni ed interni all’individuo e determinano un comportamento.

Quelle negative come la rabbia, la tristezza, la paura, ad esempio, alterano lo stato d’animo dell’individuo e compromettono la salute psicofisica.

Ecco che l’attività fisica praticata regolarmente favorisce la produzione e trasmissione delle endorfine, sostanze endogene che aiutano a ristabilire l’equilibrio alterato dalle emozioni negative.

attività fisica emozioni negative roberto travan

Si modifica così l’umore verso il positivo e insieme la percezione del dolore al punto da incrementare la resistenza nel sopportare le avversità.

Con l’attività fisica si alza il livello della dopamina che tiene sotto controllo la depressione.

Il meccanismo di base fondamentale

C’è un meccanismo di base fondamentale che aiuta a capire come l’attività fisica regolare aiuti il cervello.

Quando il corpo si muove più intensamente, si innalza la frequenza cardiaca con un conseguente aumento del flusso sanguigno verso il cervello.

Ecco che quest’organo, ossigenato e alimentato con il glucosio in modo più importante potenzia tutte le sue funzioni e migliora le sue condizioni garantendo la sua salute.

Una maggiore funzionalità vascolare cerebrale rafforza l’efficienza neuronale di tutte le aree cerebrali.

cervello attività fisica roberto travan

Il cervello prende dal corpo circa il 20% dell’energia disponibile.

Ma quando le richieste sono superiori come durante le funzioni e gli sforzi mentali di memorizzazione, apprendimento, ricerca di soluzioni, ecc. serve un quantitativo di ossigeno e di glucosio maggiore per dare alle cellule nervose più carburante.

La stretta connessione tra l’attività fisica e attività cerebrale comporta lo sviluppo e il mantenimento del nostro cervello e delle funzioni cognitive.

Essere attivi e praticare dell’esercizio fisico vuol dire anche favorire la moltiplicazione delle cellule nervose, i neuroni e rafforzare le connessioni tra di esse.

L’esecuzione costante e regolare di un’attività fisica, in pratica, rende il cervello più attivo, più adattabile e flessibile.


Fonti di consultazione

  • Muovi il corpo per potenziare il cervello“, Anders Hansen, Vallardi
  • Mente-corpo, cervello, educazione: l’Educazione fisica nell’ottica delle neuroscienze” Diana Olivieri
  • Kardinska Institutet, Dipartimento di Neuroscienze, studio pubblicato sulla rivista Cell


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CELIACHIA E ATTIVITÀ FISICA

Chi è celiaco lo sa di trovarsi in una condizione in cui convivere tutta la vita con l’utilizzo di alimenti gluten free per la propria dieta. E viene spontaneo chiedersi quali scelte, quali comportamenti, quali attività siano compatibili con il disturbo della celiachia nonostante essere celiaco non rappresenti alcun limite nella pratica di uno sport o dell’attività fisica in genere.

In questo articolo:

  • Cos’è la celiachia?
  • Come si cura?
  • L’importanza dell’attività fisica
  • Come interviene l’attività fisica nella celiachia?

Cos’è la celiachia?

La celiachia si manifesta come un’infiammazione cronica del tratto di intestino tenue causata dal glutine contenuto negli alimenti. Il glutine, costituito da due tipi di proteine, è presente nel grano o frumento e in alcuni cereali come la segale, l’orzo, l’avena, la spelta, il farro.

Il glutine è responsabile dell’alterazione sia della struttura che della funzionalità dell’intestino tenue. Con un’azione tossica sui tessuti della parete intestinale, il glutine provoca una risposta immunitaria da parte dell’organismo contro gli elementi antigienici presenti in esso.

La celiachia è pertanto un disordine autoimmune: il sistema immunitario reagisce agli alimenti contenenti glutine e sviluppa una reazione infiammatoria che danneggia la mucosa di quel tratto di intestino rendendo atrofici e appiattiti i villi intestinali.

Questa alterazione dei villi intestinali che risultano meno estroflessi porta ad una difficoltà di assorbimento dei nutrienti da parte dell’intestino tenue. Le conseguenze del ridotto assorbimento possono comportare una forma di malnutrizione per il soggetto celiaco. 

L’organismo, infatti, con difficoltà ha a disposizione i nutrienti dal cibo di cui necessita. Se il soggetto celiaco è uno sportivo, ad esempio, il limitato assorbimento di minerali e vitamine come ferro, magnesio, calcio, vitamina B 12 e acido folico può pregiudicare la sua performance.

La celiachia colpisce circa l’1% della popolazione mondiale e così pure in Italia con una netta influenza di genere (le donne sono colpite il doppio degli uomini).

Alla base di questa condizione c’è una predisposizione genetica particolare, ma anche altri fattori come le infezioni intestinali, lo stress, l’alimentazione possono scatenare la celiachia.

Oggi la celiachia si diagnostica subito e meglio che in passato e ciò ci informa di una diffusione maggiore tra le varie popolazioni, ma a volte la diagnosi non è così immediata.

Accade infatti nei soggetti adulti nei quali risulta silente, potenziale o mascherata da una sintomatologia pseudo gastrointestinale.

Diete a base di troppi carboidrati (pane, pizza, pasta, ecc.) e il fast food hanno influenzato in tutto il mondo il modo di alimentarsi.

Ovviamente il problema si presenta quando si introduce troppo glutine che può alterare le pareti intestinali soprattutto oggi che il contenuto di glutine è aumentato nei prodotti da forno causa la rapida lievitazione.

C’è da precisa che il glutine non fa male a chi non ne è sensibile e che l’influenza dello stress, ad esempio può essere invece determinante sulla mucosa intestinale.

I sintomi più comuni della celiachia sono:

  • gonfiore addominale, meteorismo (aria in pancia), stipsi, diarrea, dolore addominale;
  • affaticamento e stanchezza frequenti fino a diventare una spossatezza cronica (anche dovuti all’anemia per ridotto assorbimento del ferro);
  • variazioni del peso corporeo;
  • mal di testa;
  • dolori articolari, gonfiori alle gambe;
  • problemi cutanei.

Mentre i bambini lamentano solitamente dolori addominali, diarrea, vomito calo del peso corporeo con possibili ripercussioni sulla crescita, gli adulti presentano una sintomatologia più lieve unita ad alcuni scompensi come la carenza di ferro.

La carenza di ferro comporta una ridotta produzione di emoglobina, contenuta nei globuli rossi che trasportano all’ossigeno e una riduzione del numero di globuli rossi presenti nel sangue (anemia).

Da ciò si ha come conseguenza un trasporto ed una diffusione di ossigeno a livello polmonare e muscolare piuttosto scarso. Ecco il perché dell’affanno e della difficoltà nella respirazione, a volte nella celiachia.

Come si cura?

I soggetti celiaci non sono in grado di ingerire quegli alimenti che contengono glutine presenti in molti cereali che sono però fonti primarie di carboidrati.

La celiachia non trattata ha grosse ripercussioni sullo stato infiammatorio causato dal glutine e sui problemi di assorbimento dei nutrienti da parte dell’intestino. Ma non basta.

Il problema per un celiaco è anche quello della contaminazione con il glutine nella preparazione dei piatti, nella manipolazione impropria degli alimenti e dell’ansia di venire a contatto con il glutine.

La dieta senza glutine è, a tutti gli effetti, un trattamento terapeutico salvavita, la terapia da seguire tutta la vita con grande scrupolo, rigore e costanza.

Il consiglio è di farsi aiutare nella programmazione di un piano alimentare dal nutrizionista

Poiché la celiachia non è una malattia legata ad una cura farmacologica, ma alla rigorosa non assunzione di glutine tossico per il celiaco, è di vitale importanza saper scegliere cosa mangiare.

Non è sufficiente acquistare quei cereali gluten free come il riso, la quinoa, il mais, il miglio, l’amaranto, il grano saraceno perché i carboidrati non devono mai mancare, ma bisogna:

  • reintegrare le eventuali carenze di minerali e vitamine;
  • variare le scelte a tavola per raggiungere un’alimentazione completa;
  • fare attenzione agli alimenti preconfezionati per celiaci in quanto contengono grassi, zuccheri, additivi, addensanti, ingredienti per una corretta conservazione e per risultare simili ai prodotti tradizionali. Questi prodotti preconfezionati hanno un indice glicemico alto che favorisce l’aumento del peso, la resistenza insulinica e alcuni disturbi metabolici;
  • considerare che ogni piano alimentare individuale elaborato garantisce la performance sportiva, aumenta il rendimento fisico, innalza la tolleranza alla fatica e favorisce un rapido recupero.

Chi pratica un’attività fisica o sportiva deve curare l’alimentazione adeguatamente perché il cibo è la principale fonte di energia, il carburante per l’organismo.

La celiachia sembra non essere soltanto un problema di alimentazione senza glutine, ma pure psico-relazionale. I soggetti celiaci vanno supportati nell’accettazione di una condizione che dura un’intera vita, che comporta un cambiamento di stile di vita in cui il cibo sembra essere un nemico e che rende conflittuale il rapporto con la propria immagine corporea.

L’essere umano è un sistema complesso bío-psico-sociale con una parte fisica, organica, con funzioni psicologiche, emozioni e affetti, connesso e in interazione con l’ambiente e le persone.

Secondo questo modello bío-psico-sociale, risolvere un problema, una malattia o un disagio significa occuparsi di tutti questi tre aspetti integrati tra loro.

Una rigorosa dieta senza glutine aiuta a tenere sotto controllo le conseguenze che la celiachia causa come artrosi, artralgia e/o artrite, osteoporosi, astenia, affaticamento, malessere generale, anemia e che hanno un’importante influenza nello svolgimento dell’attività motoria, ma a sua volta l’attività fisica può contribuire insieme al regime dietetico senza glutine a gestire queste condizioni fisiche limitanti e di sofferenza.

L’importanza dell’attività fisica

Le linee guida del Ministero della Salute sostengono che un’attività fisica di intensità media, costante e regolare è necessaria a chiunque a migliorare la qualità della vita perché l’organismo funziona a pieno regime solo quando il corpo è attivo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si batte da anni nel ribadire che 60 minuti al giorno di attività fisica da moderata a vigorosa sono necessari per i bambini e gli adolescenti e che 150 minuti alla settimana di attività fisica di intensità moderata sono indispensabili agli adulti per apportare significativi benefici alla salute.

Praticare poca attività fisica è sempre meglio che non praticarne affatto. A qualunque età muoversi ed essere più attivi supera di gran lunga i danni determinati dall’inattività e dalla sedentarietà (leggi l’articolo del blog “Sedentari o inattivi?”).

Si conoscono da tempo i benefici dell’attività fisica, ma è sempre utile ricordarli in sintesi per non dimenticarli. Eccoli:

  • migliora l’utilizzo del glucosio come fonte energetica e riduce il rischio di diabete di tipo 2;
  • controlla il livello di colesterolo nel sangue e evitando l’ipercolesterolemia e abbassa la pressione arteriosa prevenendo l’ipertensione;
  • diminuisce il rischio di malattie cardiache, cardiocircolatorie e respiratorie;
  • favorisce quel dispendio energetico necessario alla stabilità del peso corporeo e ad evitare sovrappeso ed obesità;
  • riduce e molto spesso risolve i problemi muscolo scheletrici oltre che rendere resistenti le ossa e allontanare il rischio di osteoporosi;
  • aiuta soprattutto i giovani a tenere a distanza quei comportamenti disfunzionali come l’alcol, il fumo, la droga, la violenza favorendo il benessere psicologico e l’autostima;
  • riduce gli effetti degli stati d’ansia, di stress o di depressione regolando anche il sonno;
  • facilita la socializzazione.

Se tra i sintomi e i disturbi della celiachia si elencano l’apatia, la debolezza, l’affaticamento o l’anemia ciò non deve lasciare intendere che l’attività fisica sia controindicata.

La celiachia non penalizza lo sviluppo della forza muscolare, il miglioramento della resistenza, il controllo del peso corporeo o la performance sportiva.

Come interviene l’attività fisica nella celiachia?

Prima di tutto agendo sull’aspetto psicologico

Pare ci sia una stretta relazione tra celiachia e ansia sia quando il soggetto è alle prese con la ricerca della diagnosi precisa soffrendo di gonfiore intestinale, diarrea, affaticabilità, sia quando, diagnosticata, deve modificare scrupolosamente il suo regime alimentare.

Gli stati d’ansia o di depressione sono aspetti psicologici in relazione con la celiachia.

Questi stati sono legati alla capacità del soggetto di affrontare la condizione patologica e il rigore nel cambiamento alimentare, unica cura per la celiachia.

Se la celiachia può rappresentare per qualcuno un disagio anche psicologico a cui si legano le ansie e timori, rendere salda l’accettazione della malattia è compito non solo della psicologia.

L’attività fisica può aiutare il celiaco a trovare le risorse interiori per affrontare la condizione, a non cedere a quella forma larvata di debolezza che mina il benessere psicofisico della persona.

L’attività fisica ha, infatti, quegli effetti positivi sull’umore, merito della stimolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ghiandole surrenali da parte di una migliore circolazione sanguigna cerebrale, che modificano:

  • lo stato d’animo e l’emotività;
  • il concetto di sé o autostima;
  • la vitalità.

E l’attività fisica lo fa attraverso 4 processi:

  • riduce il livello dell’ormone cortisolo nel sangue che influisce sullo stress e sullo stato depressivo;
  • stimola l’organismo a rilasciare le le endorfine, sostanze responsabili di un benessere fisiologico;
  • aumenta il livello di serotonina che migliora l’umore;
  • regala una sensazione di appagamento e soddisfazione che influisce sull’aumento del livello di autostima.

Con l’attività fisica il celiaco si sente meglio con il corpo, ha una migliore percezione corporea.

La celiachia non rappresenta alcun impedimento alla pratica di qualsiasi attività motoria e disciplina sportiva. Al contrario, essere sempre fisicamente attivi contribuisce a mantenere efficiente l’organismo, a far fronte a qualsiasi evenienza legata alla salute pur con un punto debole come la condizione di celiachia.

È l’intestino tenue il primo bersaglio della celiachia che, oltre ad un regime dietetico senza glutine, si mantiene efficiente e libero da infiammazione.

Fare attività fisica anche in gruppo, magari in palestra, permette al celiaco di dedicarsi a se stesso e al contempo di svagarsi e divertirsi socializzando.

In fondo in palestra, essendo un luogo in cui non condividere il cibo, il celiaco può sentirsi bene e sentirsi come gli altri, come se non fosse celiaco.

Fonti di consultazione: 

  • “Guida Sport & Celiachia” 
  • “Medline
  • “Pubmed” 


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“Questo è un libro che riguarda tutti noi, sportivi e non. Fare movimento, fare esercizio fisico aiutano nella vita fino da quando, giovani, pratichiamo lo sport. Scegliere di continuare ci aiuta a sentirci giovani e a mantenerci in salute. Il corpo che abbiamo ci deve accompagnare per un lungo cammino ed il nostro compito è di mantenerlo sempre nelle migliori condizioni possibili.” – dalla prefazione di Alberto Tomba
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ATTIVITÀ FISICA QUANDO HAI POCO TEMPO

In molti vorremmo tenerci in forma, ma poi, alla resa dei conti, è sempre il tempo a mancare. E quando il tempo per l’attività fisica è davvero scarso, preferisci rinunciare pensando che poco non serve a nulla. 

Ma non è così. 

Scopriamo insieme cosa fare.

In questo articolo:

  • Quanto tempo dedicare all’attività fisica
  • Il movimento, parte integrante della vita quotidiana
  • Cosa trovi sul web e nelle app
  • I miei consigli

Quanto tempo dedicare all’attività fisica

Se ci tieni a:

  • avere una buona forma fisica e un’estetica migliore
  • tenere sotto controllo il peso corporeo
  • combattere quei dolori articolari e muscolari
  • contrastare la posizione a lungo seduta (leggi il blog “Perché troppo fermi e seduti fa male?”) sul lavoro, a scuola, in casa 

è chiaro che ti devi muovere anche per un tempo breve.

Per raggiungere questi obiettivi bisogna attivare il corpo facendo lavorare l’intera muscolatura nel rispetto delle caratteristiche individuali, dell’età e della condizione fisica di partenza (ex sportivo, sedentario, inattivo, ecc.) perché non basta sperare che le cose cambino da domani (leggi il blog “Sedentari o inattivi?”)…

Se le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardano i 30 minuti al giorno (prevedendo 2 giorni di riposo settimanale) o i 150 minuti alla settimana per gli adulti e gli anziani, i 50 – 60 minuti al giorno per i giovani e i ragazzi significa che quei minuti devono essere l’impegno minimo per stare in salute.

L’attività fisica è lo strumento per stare bene e muoversi meno di 150 minuti alla settimana o addirittura niente vuol dire fare ben poco per garantirti la salute. Con meno di 20 minuti al giorno di attività fisica rischi, infatti, quelle problematiche legate alla sedentarietà, come:

  • il sovrappeso e l’obesità per un mancato equilibrio della composizione corporea (percentuali di massa grassa, massa magra e liquidi)
  • il diabete di tipo 2
  • le patologie cardiache e cardiocircolatorie a partire dalla pressione alta
  • uno stato di infiammazione
  • i tumori
  • l’invecchiamento.

Un’ interessante soluzione per raggiungere i tempi consigliati di attività fisica giornaliera per la salute e la forma fisica è di frazionarli in intervalli di 5 – 10 minuti.  Alla fine della giornata la somma dei brevi momenti di esercizio fisico giornaliero può essere anche superiore alle aspettative.

Il movimento, parte integrante della vita quotidiana

Se trovare il tempo, anche minimo, per praticare qualche esercizio fisico o dell’attività motoria in genere non è prioritario, val la pena ricordare che il nostro corpo è fatto per muoversi (leggi il blog “Abbiamo un corpo fatto per muoversi!”) e non per restare fermo con le sue spiacevoli conseguenze.

Una soluzione agevole è quella di sfruttare tutte le occasioni nell’arco della giornata quando lavori, sei in casa, ti sposti, ecc. per muoverti con maggiore consapevolezza.

Legare l’esecuzione di un movimento a qualche impegno quotidiano aiuta a trasformarla in una sana abitudine. Così, alcuni piani di scale fatti a piedi senza usare l’ascensore, distribuire la spesa in due borse per portarle ben bilanciato fino in casa, i lavori domestici, di manutenzione o di giardinaggio eseguendoli come fossero esercizi fisici possono rientrare dignitosamente nella pratica di un’attività motoria.

Le priorità, gli impegni quotidiani e settimanali spesso ti distraggono dall’idea che praticare un po’ di attività fisica ogni giorno è salutare e necessario. Non solo, ma saper trasformare ciascun gesto in una corretta esecuzione motoria ti fa totalizzare quel tempo consigliato per la salute senza accorgertene.

Inizia a cambiare con piccole azioni nella tua vita e con buon senso affidati alla competenza dei professionisti del movimento che sanno tradurre la tua quotidianità in esercizio fisico.

Cosa trovi sul web e nelle app

Ci sono tanti modi di fare attività fisica quando il tempo a disposizione è davvero poco. 

Per chi non riesce a ritagliarsi un minimo spazio da dedicare all’esercizio fisico o evita di iscriversi in palestra il web e le app offrono numerose soluzioni da  7 – 10 minuti o consigli su come attivarsi senza impiegare un tempo eccessivo.

C’è chi suggerisce di iniziare con una camminata (leggi il blog “Perché camminare è la migliore attività fisica”) veloce magari in un’alternanza di salita-discesa-pianura e con un impegno di tutta la muscolatura del corpo (es. la tecnica del Fartlek), 2-3 volte a settimana per almeno un’ora. Dalla camminata a passo spedito si può decidere in un secondo momento di correre.

C’è chi propone poi due tipi di attività fisica a intervalli, ad alta intensità come l’HIIT (High Intensity Interval Training) e l’allenamento Tabata che hanno le caratteristiche di concentrare sforzi elevati in intervalli di tempo molto breve. 

La differenza tra le due metodologie sta nel tempo tra un esercizio fisico e il successivo: più lungo nell’ HIIT rispetto il Tabata (ideato negli anni 90 dal medico giapponese Izumi Tabata, alterna 20 secondi di esercizi di potenza a pause di 10 secondi, la sessione dura circa quattro minuti e comprende circa 7-8 esercizi) e di minore intensità.

L’indicazione di queste due tipologie di allenamento breve è solo per persone già allenate, che hanno sempre fatto attività fisica o uno sport partendo con l’HIIT di intensità medio-alta per poi passare al Tabata che prevede esercizi di alta intensità.

L’approccio ad alta intensità, sconsigliato a chi si avvicina all’attività fisica per la prima volta o per riprendere dopo lunghi periodi di inattività, prevede un rigoroso riscaldamento (leggi il blog “Riscaldamento solo nello sport?”) della muscolatura.

Sottoposti a forti sollecitazioni, i muscoli devono innalzare la loro temperatura per evitare gli infortuni (leggi il blog “Contrattura, stiramento o strappo muscolare?”) e devono avere maggiore elasticità. Altrettanto importante dopo la breve, ma intensa sessione, è l’ allungamento delle fibre muscolari, tendinee e legamentarie con esercizi adatti.

Anche l’allenamento GAG (gambe-addominali-glutei) rientra tra le attività in poco tempo per coloro che sono già più o meno attivi.

Quando si consulta il web, che dà numerosi spunti e suggerimenti, chiediti

quali sono:

  • la tua condizione fisica
  • la tua età 
  • la familiarità con l’esercizio fisico 
  • da quanto tempo sei inattivo
  • la tua esperienza e conoscenza  delle basi dell’esercizio fisico. 

Questo serve per capire:

  • quale tipologia di attività fisica è adatta per te 
  • quale intensità, 
  • quale sequenza di esercizi, 
  • quante ripetizioni
  • quante pause, 
  • ecc.

in pratica il giusto dosaggio di esercizio fisico per le tue caratteristiche e i tuoi obiettivi.

Il tuo corpo ha un bisogno fisiologico, biomeccanico e biochimico di muoversi rispondendo agli stimoli di resistenza, di forza, di flessibilità, di equilibrio e controllo (cit. Metodo Starbene Group). Ecco perché farti guidare dalla competenza di un professionista del settore che ti fornisce la posologia (leggi “Posologia dell’esercizio fisico”) di esercizio fisico nel tempo più breve possibile a te che tempo non hai.

I miei consigli

Se riesci ad organizzare ogni giorno i rituali dei pasti (3 momenti), del sonno notturno (6-8 ore), dell’igiene personale (doccia, 2-3 volte per lavarsi i denti, ecc.) dello svago mentale (TV, social, relazioni sociali e familiari), puoi pensare di  inserire anche il tuo protocollo di attività fisica personalizzato secondo una corretta posologia. 

Pochi minuti al giorno di esercizi specifici devono prevedere un equilibrato dosaggio di stimolo di esercizio fisico dei 4 pilastri (cit. Metodo Starbene Group):

  • resistenza (lavoro aerobico o cardio come camminare, correre, pedalare, nuotare, ecc.) 
  • forza (stimolo che tonifica la muscolatura utilizzando il peso del corpo, o altri ausili come elastici, manubri o altri carichi)
  • flessibilità (lavoro di allungamento delle strutture muscolari, tendinee, legamentarie e di massima ampiezza articolare)
  • equilibrio e controllo (stimoli propriocettivi controgravitari per garantire una corretta postura e stabilità del corpo in automatico).

Un esempio di rituale da distribuire nell’arco di una giornata e ripetuto poi durante la settimana, prevede: 

  • alla mattina dopo il risveglio un esercizio di propriocezione (controllo / equilibrio) – resta in equilibrio su un piede con la gamba di carico leggermente piegata per 10” – 20”, da ripetere 2 volte
  • alla mattina dopo l’esercizio di controllo, qualche esercizio di flessibilità seguendo il metodo dello stretching – estensione delle braccia in alto e in avanti, flessione del busto laterale e in basso
  • durante l’orario di lavoro, soprattutto se troppo seduto, alzati ogni ora e resta in movimento per 5 minuti (dopo 6 ore di lavoro totalizzi 30 minuti di movimento!)
  • scegli 2 / 3 momenti alla settimana per eseguire il lavoro di forza per gli arti inferiori – piegamento / squat, 10 / 12 ripetizioni per 2 / 3 serie
  • scegli 2 momenti alla settimana per camminare con passo energico (la sensazione è personale) per circa 30 / 40 minuti  

Ricorda che l’esecuzione corretta di qualsiasi esercizio fisico che fai con regolarità è fondamentale per averne beneficio. Questo ti permette successivamente di aumentare la sua efficacia diventando più “sensibile” al lavoro muscolare.  

Quando sei in grado di sentire quali muscoli si contraggono, quali  parti del corpo si muovono bene, hai la consapevolezza di compiere correttamente il gesto motorio. 

A quel punto l’esercizio diventa veramente efficace, il tempo di impegno può essere breve e i risultati visibili.

Percepire che quei minuti di attività fisica ogni giorno sono solo per te, sono un tuo spazio di grande valore, un gesto di rispetto verso te stesso, di responsabilità verso la tua salute.



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Atleta o persona semplice che sia, oggi più che mai ciascuno deve sentirlo forte e perseguirlo con determinazione. Il movimento è una necessità.” – dalla prefazione di Deborah Compagnoni.
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PERCHÉ FARE ATTIVITÀ FISICA IN PALESTRA ANCHE D’ESTATE?

Sembra che l’estate sia sinonimo di pausa, vacanza, mare e spensieratezza, zero impegni se non di puro piacere.

Nel contempo la stagione estiva richiede una bella forma fisica per non vivere il disagio del costume o dell’abito leggero e per far fronte agli innumerevoli e imperdibili eventi. 

Ma come fare se rinunci  alla palestra d’estate?

In questo articolo:

  • Cosa succede se smetti l’attività fisica o rinunci  alla palestra?
  • Perché è importante il lavoro in palestra?
  • Alcuni suggerimenti utili

Cosa succede se smetti l’attività fisica o rinunci alla palestra?

L’attività fisica fatta con scrupolo non conosce stagioni né interruzioni.

A volte è lo stato mentale, quel “settarsi” solo su:

  • d’estate fa caldo, meglio non fare fatica;
  • estate, tempo di vacanze e relax;
  • tanta vita serale e notturna;
  • niente palestra fino a settembre;

che fa dimenticare in fretta i benefici di un esercizio fisico continuo o l’idea di riprendere proprio in estate che le giornate sono più lunghe e sembra di avere più tempo a disposizione.

Accade che il corpo si adatta con estrema facilità al ritmo della pausa estiva. E la mancanza di attività fisica modifica fin da subito lo stile di vita.

Già dopo alcune settimane di abbandono dell’attività fisica il corpo accusa i primi segni della sedentarietà.

Eccoli:

  • ogni parte del corpo, ma soprattutto estremità e addome tendono a trattenere liquidi (stasi linfatica) e, causa anche le temperature più elevate, hai la sensazione di essere più gonfio;
  • tendi ad essere meno attivo in generale, più svogliato, meno scattante, meno motivato anche nel fare attenzione allo stile di vita, a ciò che mangi con conseguente aumento del peso. L’attività fisica, infatti, ti aiuta a rimanere organizzato e focalizzato, a seguire uno stile di vita più salutare perché è facile cadere in tentazione quando si è inattivi e aumenta il desiderio di alimenti meno sani;
  • il metabolismo rallenta bruciando meno energia perché la richiesta da parte dell’organismo è inferiore, ma non solo. Senza attività fisica che attiva il metabolismo, non benefici di quel consumo calorico elevato nei minuti seguenti alla pratica dell’attività motoria. Ancora una volta con conseguenze sulla bilancia!
  • la massa muscolare non sollecitata adeguatamente dal movimento perde volume, trofismo ed elasticità, si modifica nella vascolarizzazione, nella distribuzione delle fibre, nella ridotta sezione trasversale lungo un processo lento e graduale di perdita (atrofia). La conseguente debolezza muscolareminore stabilità alla colonna, alle articolazioni con disequilibri muscolari che tornano a dare disturbo;
  • il volume muscolare viene pian piano occupato dal tessuto adiposo con percentuali diverse tra massa magra (muscoli) e massa grassa (adipe); la composizione corporea, infatti, che comprende massa magra, massa grassa e liquidi, si altera;
  • la quantità di attività fisica fatta o non fatta determina una diminuzione o un innalzamento della glicemia in quanto più o meno zuccheri servono a dare energia. E così anche per i livelli di insulina e colesterolo che con l’attività fisica invece si normalizzano;
  • la resistenza diminuisce perché il sistema cardiovascolare è meno efficiente, il cuore perde l’allenamento, cala una parte dell’elasticità dei vasi sanguigni con un inevitabile innalzamento della pressione arteriosa, così come la capacità respiratoria che ti manda in affanno già dopo un piano di scale perché lo scambio d’ossigeno a livello polmonare avviene con maggiore difficoltà e il corpo si stanca più facilmente;
  • l’intestino diventa pigro perché viene a mancare una buona irrorazione sanguigna a livello della muscolatura striata (muscoli scheletrici) e della muscolatura liscia (propria degli organi interni) con conseguenti lento transito e svuotamento intestinale;
  • l’equilibrio ormonale si altera sia sul piano del riposo che del sonno. Lo stress può aumentare.

Perché è importante il lavoro in palestra?

Frequentare la palestra anche d’estate ha i suoi innumerevoli vantaggi. Che gli obiettivi siano una migliore forma estetica del tuo corpo, la garanzia di salute, la performance fisica e sportiva o il benessere psichico e mentale, ci vuole un proseguimento o un completamento del lavoro.

La palestra è luogo dedicato al movimento (leggi il blog “Per chi odia la palestra”), quello spazio attrezzato dove poter praticare il tuo dosato esercizio fisico sotto la guida attenta del tuo trainer.

Se la palestra è il posto dove:

  • mantieni il controllo sul peso corporeo perché molta frutta e qualche gradito gelato d’estate lo fanno “lievitare”;
  • risolvi quei problemi muscolari e articolari, come quelli di schiena o di ginocchio, di spalla o di postura che necessitano di specifici esercizi di forza, di flessibilità e di controllo per contrastare la posizione seduta (leggi il blog “Perché troppo fermi e seduti fa male”);
  • riesci a distrarti, a eliminare lo stress e le tensioni quotidiane, a pensare un po’ a te stesso lasciando fuori i pensieri, condividi piacevolezza, benessere e socialità ritrovando il buon umore e recuperando energia;
  • trovi l’ambiente con la temperatura ideale per rendere piacevole il tuo allenamento. Dopo l’esperienza Covid delle palestre l’aria è più che mai depurata, deumidificata e sanificata;
  • sei accolto e accompagnato dai trainer sinceramente interessati alle tue richieste e ai tuoi bisogni. Acquistare agilità, tonificare la muscolatura, portare la frequenza cardiaca e respiratoria più sù secondo un corretto dosaggio può essere fatto grazie all’aiuto di professionisti. Il trainer ti segue, infatti, verso la consapevolezza del movimento corretto, del giusto carico di lavoro, dei tempi di esercizio e di riposo essenziali per ottenere i risultati desiderati. Il lavoro di definizione della forma fisica avviene solo se si mantiene la massa muscolare attiva e allenata;
  • ti rendi immediatamente conto che non può bastare solo camminare (leggi il blog “Perché camminare non basta?”), pedalare o nuotare al mare poiché la stagione estiva lo favorisce. Queste restano solo delle buone intenzioni e ottime idee, ma non diventano azioni.

Alcuni suggerimenti utili

Il corpo ha bisogno di ricevere costantemente quegli stimoli che solo in palestra si possono dare. La muscolatura deve essere sollecitata con una varietà di esercizi e con l’uso di attrezzi per una migliore efficienza ed una elevata funzionalità.

Cosa suggerirti, allora?

Innanzitutto considera di non sospendere totalmente la presenza in palestra nel periodo estivo. I mesi estivi possono essere organizzati con qualche seduta, anziché l’abituale frequentazione oppure con sedute più brevi ogni tanto solo per svolgere quella parte di attività fisica o quegli esercizi che da solo non fai e che integrano il tuo percorso motorio.

Così, per esempio, se d’ estate ti appresti a spostarti in bicicletta, a fare qualche bella nuotata in mare oppure sei certo di camminare o correre di più stimolando il pilastro della resistenza con un lavoro aerobico, sappi che non vanno trascurati gli esercizi dei pilastri forza, flessibilità, controllo ed equilibrio.

Con qualche appuntamento in palestra durante l’estate, la presenza del tuo personal trainer, l’utilizzo di attrezzi e dispositivi, la piacevolezza dell’aria condizionata nelle sale, magari anche in pausa pranzo, puoi davvero pensare ad un completamento o a un graduale inizio di attività.

Se vengono a mancare i corretti stimoli motori al corpo, soltanto perché decidi di sospendere la palestra fino all’autunno, avvii quel lento processo di regressione fisica che nel mondo atletico sportivo viene definito detraining. Le ripercussioni e le lente modificazioni che avvengono quando interrompi l’attività fisica riguardano gli ambiti:

  • metabolico
  • cardiorespiratorio e cardiovascolare
  • muscolare
  • ormonale

Il termine inglese detraining traduce il deallenamento ovvero la scelta volontaria o non di interruzione della pratica dell’attività fisica per un periodo con conseguenze proporzionali alla pausa e con una perdita di resistenza, forza, flessibilità ed equilibrio.

Gli effetti sono del tutto individuali, fortunatamente reversibili (basta riprendere a fare esercizio fisico!) che dipendono da alcuni fattori come l’età, dall’abitudine a muoverti e dalla forma fisica di partenza.

Non fermarti è il suggerimento che ti garantisce quella condizione di salute ottimale ad affrontare ogni evento quotidiano e ogni eventuale rischio. Essere in forma, pronto ad ogni evenienza è, in fondo, un vantaggio importante per tutti.

A volte basta ripensare al benessere vissuto quando si è in forma, vitali, prestanti grazie all’attività fisica e desiderare ancora quella piacevole sensazione.

La gratificazione che ne deriva può aiutarti a trasformare la tua presenza in palestra d’estate in una sana abitudine.



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Da Domani Mi Muovo – 1 – La Storia
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Atleta o persona semplice che sia, oggi più che mai ciascuno deve sentirlo forte e perseguirlo con determinazione. Il movimento è una necessità.” – dalla prefazione di Deborah Compagnoni.
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Da Domani Mi Muovo – 2 – L’Inizio
“Questo è un libro che riguarda tutti noi, sportivi e non. Fare movimento, fare esercizio fisico aiutano nella vita fino da quando, giovani, pratichiamo lo sport. Scegliere di continuare ci aiuta a sentirci giovani e a mantenerci in salute. Il corpo che abbiamo ci deve accompagnare per un lungo cammino ed il nostro compito è di mantenerlo sempre nelle migliori condizioni possibili.” – dalla prefazione di Alberto Tomba
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PERCHÉ CAMMINARE NON BASTA?

Lo sappiamo che camminare fa bene, è un movimento naturale ed è indicato a tutti perché non richiede troppo impegno. Anche l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) raccomanda, in fondo, quei 10 mila passi al giorno per mantenersi in salute e combattere la sedentarietà.

Ma uscire per una passeggiata, portare fuori il cane o sostenere di camminare abbastanza come unica attività motoria, può davvero essere sufficiente?

In questo articolo:

• I vantaggi di camminare

Camminare non è tutto

Come impegnarsi oltre a camminare

I vantaggi di camminare

Camminare è un movimento fisiologico di locomozione bipede per spostarsi, un’attività fisica di tipo aerobico e di intensità media.
È la forma di esercizio preferita perché non necessita di una preparazione, di una forma fisica e nemmeno di particolari abilità motorie.

Camminare (leggi il blog “Camminare per fare attività fisica”) determina un impatto (basso nei soggetti normopeso, elevato nei soggetti sovrappeso) sulle articolazioni come piedi, caviglie, ginocchia, anche degli arti inferiori e sulla parte lombosacrale della colonna vertebrale che viene assorbito interamente dalle strutture muscolari, tendinee, legamentarie, articolari e ossee del nostro apparato locomotore.

Se camminare fa gravare il peso corporeo sulle articolazioni sopracitate, stimola invece la muscolatura in una reazione antigravitaria per tenere il corpo in piedi, eretto.
Il movimento di oscillazione degli arti superiori in contrapposizione a quello degli arti inferiori favorisce inoltre una lieve rotazione del busto che rende meno rigido il corpo.

I vantaggi di camminare sono innumerevoli:

accelera il metabolismo rendendolo più efficiente e favorisce un maggiore dispendio energetico (più calorie bruciate rispetto la condizione di riposo) con una discreta influenza sul peso corporeo;

facilita la circolazione linfatica che trova nei muscoli degli arti inferiori, impegnati nella camminata, la sua pompa;

nutre le cartilagini degli arti inferiori e della colonna vertebrale grazie alla spinta gravitaria;

aiuta il transito intestinale favorendo le sue funzioni;

abbassa il valore della pressione arteriosa soprattutto quando c’è ipertensione;

migliora l’utilizzo del glucosio riducendo il rischio di diabete di tipo 2 o tenendo sotto controllo la situazione quando la patologia è in atto;

riduce la quantità di cortisolo prodotta in risposta allo stress, facilita il riposo e il sonno, agisce sull’ ansia, l’umore e lo stato depressivo:

protegge il cuore, il sistema circolatorio e quello respiratorio;

riduce gli effetti dell’invecchiamento e le forme degenerative che portano alle patologie croniche e ai tumori agendo sull’infiammazione.

Camminare non è tutto

Anche se camminare consente di stare spesso all’aperto, di ricevere la luce solare necessaria per la produzione di vitamina D, di avere un contatto con la natura, di ritrovare uno stato di rilassamento e di benessere con grande beneficio sul piano psico-fisico, come attività motoria non basta.

Certo, per coloro che partono da zero, convalescenti da interventi chirurgici o da malattie, per quelli che non hanno abitudini sportive e magari sono anche sovrappeso, per chi vive costantemente in una condizione di sedentarietà e inattività (leggi il blog “Sedentari o inattivi?”) causa le modalità di studio o di lavoro (leggi il blog “Sopravvivere allo smartworking con l’attività fisica”) una semplice passeggiata può dare buoni risultati.

Ma da un punto di vista fisiologico, biologico e biomeccanico il corpo è stato programmato per muoversi, e non solo spostarsi, e per svolgere qualunque genere di attività motoria risponda agli stimoli vitali di resistenza, forza, flessibilità, controllo e equilibrio.

Pensare, dunque, di ambire ad una buona forma fisica, di tenere sotto controllo il peso corporeo, di evitare quei dolori muscolari e articolari o il mal di schiena, di badare un po’ di più all’estetica del corpo, per non parlare di prevenire i disagi fisici e le malattie, allora camminare non è sufficiente.

Camminare, anche tanto ogni giorno, non è l’attività fisica che sviluppa i muscoli aumentandone il volume e rendendoli più sodi o che dà flessibilità e maggiore elasticità al corpo!

E se camminare risponde soltanto alla capacità di resistenza cioè di lavorare in aerobia migliorando la funzionalità del sistema cardiocircolatorio e dell’apparato respiratorio (lavoro sul fiato), ci sono esercizi necessari per allenare anche la forza, la flessibilità, il controllo e l’equilibrio.

Dare un unico stimolo al corpo come quello aerobico della camminata (resistenza) cambia in modo non favorevole la composizione corporea.

Attivare il corpo in maniera completa significa:

coinvolgere tutti i gruppi muscolari e il maggior numero di fibre muscolari nel loro ruolo dinamico e statico;

portare la muscolatura ad un livello di impegno e di sforzo elevati, ma adeguati alle caratteristiche della persona, comprese l’età, la condizione fisica, ecc.

fare un certo numero di ripetizioni, seguire una progressione secondo l’indicazione del trainer a cui affidarsi e rispettare i tempi di recupero.

Per ottenere dei risultati soddisfacenti su condizione e forma fisica, che abbiano a sua volta risvolti sulla stato di salute, dobbiamo mettere in conto un po’ di fatica.
Se a camminare non facciamo alcuna fatica significa che non richiediamo ai nostri muscoli nessuno sforzo. Senza sforzo il corpo, di conseguenza, non attua quegli adattamenti che portano ai benefici risultati.

Come impegnarsi oltre a camminare

È vero che se ci basiamo sulla camminata come unica attività fisica giornaliera a cui seguano i desiderati effetti, dovremmo impegnarci a farla:

a passo sostenuto con variazione di velocità (100 passi al minuto rappresentano una camminata veloce, 130 passi al minuto una camminata molto veloce). Camminare con un’andatura di circa 4 km all’ora attiva il processo che brucia i grassi di riserva mentre con un passo più accelerato l’organismo utilizza prima gli zuccheri presenti come energia pronta da utilizzare e secondariamente o in minore misura i grassi;
con variazione di pendenza (salita e discesa, gradini, ecc.);
su terreni diversi che diano al piede uno stimolo mai uguale (asfalto, ciotoli di fiume, roccia, sabbia, muschio, neve o terra appena dissodata, ecc.) e ostacoli lungo il percorso;
per una durata minima di un’ora.

Variare il ritmo, l’intensità e la velocità della camminata così come la diversità di superficie sotto i piedi e la difficoltà di percorso, comportano un impegno muscolare e un dispendio energetico differenti.

Potremmo anche decidere di camminare tenendo le braccia flesse al gomito anziché lungo i fianchi per ricevere uno stimolo a marciare a passo sostenuto. Le braccia flesse mentre si cammina coinvolgono i muscoli addominali obliqui che danno stabilità al tronco così da rendere più allenante e impegnativa la nostra camminata.
Inoltre, l’appoggio corretto del piede a terra e la spinta propulsiva che la punta del piede dà al momento dello stacco dal suolo rende più attiva e completa la camminata.

Ma ancora non basta.

Camminare attiva la resistenza fisica che è la capacità di un corpo di tollerare uno sforzo di tipo aerobico di media e lunga durata, ma un’attività fisica considerata completa aggiunge quotidianamente o alcune volte la settimana esercizi specifici di:

forza che è la capacità muscolare di un corpo di sviluppare tensioni contraendosi per superare o opporsi alle resistenze esterne come il peso del corpo, pesi vari, carichi o elastici;
flessibilità che è la capacità di un corpo di muoversi in modo flessuoso e fino al massimo grado di estensibilità, senza limitazioni o dolore grazie all’ampia escursione e mobilità articolare, all’ allungamento e all’elasticità delle strutture muscolari, tendinee, legamentarie e capsulari. È il contrario della rigidità;
equilibrio e controllo che sono le capacità di un corpo di mantenere ferma una posizione contro gravità oppure di compiere un movimento o una sequenza di movimenti senza caduta, e reagendo agli elementi destabilizzanti. Equilibrio e controllo sono il risultato di precisi processi neurologici a cui prendono parte la volontà cosciente, gli schemi motori involontari controllati dal cervelletto, i sistemi sensitivi propriocettivi profondi e quelli oto-vestibolari.

Il consiglio, quindi, è di dedicare almeno 2 volte alla settimana agli esercizi specifici di forza, utilizzando manubri, elastici, pesi o il proprio corpo come peso in una routine funzionale.

Solo il lavoro di forza può definire la forma e il volume muscolari perché gli esercizi di forza e le loro sollecitazioni consentono di recuperare la perdita di massa magra (i nostri muscoli), a vantaggio della massa grassa (il tessuto adiposo), di mantenere soda e trofica, anziché flaccida, la muscolatura.

Il lavoro di forza può anche essere fatto di brevi momenti ad alta intensità alternato a quello di resistenza come camminare, fatto di lunghi intervalli di tempo a bassa o moderata intensità, così da favorire il rilascio di quegli ormoni che attivano l’organismo.

Affidarsi ad un trainer che ci supporti con una serie di esercizi personalizzati in palestra o in autonomia è la migliore scelta per dare stimoli e fornire sollecitazioni alla muscolatura che altrimenti perde lentamente la sua massa e la forza soprattutto dai 40-45 anni in poi.
Con il lavoro fisico di forza, con la ripetizione del gesto e la velocità di esecuzione aumenta anche la potenza muscolare.
Non sottovalutare però il fatto che trasformare la spesa settimanale con le sue borse da portare in casa in una seduta di lavoro di forza è una forma di allenamento casalingo!

Ci sono poi gli esercizi di flessibilità conosciuti anche come allungamento (la tecnica più in uso è quella dello stretching) che praticati regolarmente alcuni minuti al giorno (da eseguire con gradualità al mattino dopo il risveglio per attivare il corpo, dopo una camminata, un lavoro domestico impegnativo e durante il tempo trascorso al computer, per esempio) restituiscono elasticità a livello muscolare, tendineo, legamentario e articolare.

Guadagnare mobilità significa evitare quelle condizioni di dolore e limitazione legate alla rigidità.

E infine gli esercizi per l’equilibrio e il controllo posturale per dare stabilità al nostro corpo sia quando siamo fermi in certe posizioni e contrastiamo la forza di gravità sia quando eseguiamo movimenti di una certa complessità rimanendo stabili.

È dal mancante equilibrio che si allena la stabilità perché il sistema neuromuscolare si adatta gradualmente dall’appoggio instabile (su tavolette, superfici morbide, ecc.) a quello stabile.

Solo con il coinvolgimento di ogni singolo muscolo con precise contrazioni è possibile reagire ad un eventuale caduta, è possibile adattare la camminata o la stazione eretta al terreno sconnesso o il controllo in un gesto complesso.

Anche l’equilibrio per essere migliore ha bisogno di esercizi adatti.

In qualsiasi momento della giornata e in qualunque condizione legata all’ambiente in cui ci troviamo, il sistema tonico posturale insieme al lavoro muscolare adatta l’equilibrio ai continui cambiamenti.

Così, se camminare regolarmente allunga le aspettative di vita, avere un corpo resistente, forte, flessibile e “in equilibrio” ci fa sentire bene e:

• ci preserva da cadute, traumi infortuni vari;
• ci rende più attivi ed efficienti nel lavoro, nello sport, nelle diverse attività quotidiane;
• ci difende dalle patologie cardiache, metaboliche, e degenerative;
• ci dona un aspetto estetico migliore oltre che garantirci l’adattamento ai contesti in cui viviamo.



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MIGLIORA LA RESPIRAZIONE CON L’ATTIVITÀ FISICA!

Le problematiche legate al covid hanno fatto emergere l’importanza della respirazione. Diventare consapevoli del nostro respiro e della sua qualità è un passo verso la salute. Possiamo imparare a respirare bene o a respirare meglio di quanto sappiamo fare.

In questo articolo:

  • Come respiriamo – La funzione respiratoria
  • Perché respiriamo male?
  • Attività fisica e respirazione
  • Cosa accade all’apparato respiratorio durante l’attività fisica?
  • Esercizi per respirare con il diaframma
  • Quali benefici?

Come respiriamo – La funzione respiratoria

Non ci rendiamo conto di respirare perché è un atto del tutto automatico: migliaia di atti respiratori coinvolgono il nostro apparato respiratorio ogni santo giorno.

Un adulto compie in media dai 12 ai 20 atti respiratori al minuto (frequenza respiratoria) mentre un bambino dai 20 ai 40.

Alterniamo l’inspirazione, fase attiva in cui catturiamo l’aria attraverso il naso o la bocca per farla arrivare lungo le vie respiratorie (faringe, laringe, trachea, bronchi, bronchioli, polmoni) agli alveoli, con l’espirazione, fase passiva di rilascio elastico dei muscoli inspiratori e del tessuto polmonare per espellere l’aria.

Con l’inspirazione portiamo ossigeno (O2) agli alveoli polmonari dove avviene lo scambio gassoso attraverso il sangue e con l’espirazione portiamo fuori il gas di scarto rappresentato dall’ anidride carbonica (CO2)

Il modo naturale di respirare è quello di un bambino: basta osservarlo come gonfia la sua pancina ad ogni atto inspiratorio per accorgerci che usa correttamente il diaframma, muscolo inspiratorio a cupola sotto la gabbia toracica che separa polmoni e cuore dall’addome e dei suoi organi interni.

Perché respiriamo male?

Noi adulti perdiamo la naturalezza dei bambini nel respirare in modo ottimale e quindi nell’utilizzare il diaframma, principale muscolo inspiratorio.

Moltissimi di noi caratterizzano la propria respirazione in una serie di respiri brevi, superficiali, frequenti in cui sono coinvolti altri muscoli inspiratori meno efficaci e con minore partecipazione del diaframma per le seguenti cause:

  • stiamo seduti troppo a lungo (Perché troppo fermi e seduti fa male?) per svolgere attività lavorative o di studio al computer (Sopravvivere allo smartworking con l’attività fisica) in posture che limitano l’espansione toracica;
  • scarsa attività fisica per sedentarietà e inattività responsabile della carenza di ossigeno nell’organismo;
  • sovrappeso che compromette il modo di respirare. Il grasso accumulato a livello addominale e toracico impedisce al diaframma la sua contrazione e limita l’espansione della gabbia toracica durante l’atto inspiratorio. Il respiro risulta affannoso e “corto” con conseguenti affaticamento e dispendio energetico;
  • lo stress quotidiano e l’ansia ci condizionano a respirare in modo rapido, poco profondo con la parte apicale del torace coinvolgendo anche i muscoli cervicali e senza poter utilizzare pienamente il diaframma;
  • il fumo, molte patologie respiratorie e oggi più che mai le conseguenze legate al covid. Chi è guarito dal covid sa che stanchezza e affanno sono i sintomi più frequenti che permangono. Così, perdita del tono muscolare e respirazione corta compromettono la condizione fisica.

Moltissime persone, dunque, respirano velocemente, in maniera superficiale e hanno il fiatone di fronte ogni impegno muscolare. Ciò caratterizza la cosiddetta iperventilazione: significa che siamo paradossalmente affamati d’aria perché non facciamo arrivare abbastanza ossigeno all’organismo pur respirando con una certa frequenza!

Attività fisica e respirazione

Respirare bene attraverso il naso che riscalda e pulisce l’aria dalle impurità aiuta lo svolgimento di qualsiasi attività fisica o dello sport. A sua volta l’attività fisica aiuta a migliorare la respirazione per ottimizzare lo scambio alveolare tra l’aria inspirata contenente ossigeno e il sangue che, ossigenato, rifornisce i muscoli di energia.

Respirare bene è strettamente legato al movimento ed è l’attivatore dell’esercizio fisico. La funzionalità respiratoria, infatti, con l’ossigenazione del sangue, consente un buon lavoro muscolare e l’ottimizzazione dello sforzo fisico alzandone la tolleranza. 

Le persone sedentarie e inattive (Sedentari o inattivi?) lo sanno: per ogni minimo impegno della propria muscolatura vanno in affanno. L’attività fisica unita ad una respirazione corretta ha effetti sull’intero sistema cardio-respiratorio così da eliminare il cosiddetto fiatone: la gabbia toracica si espande e il diaframma si abbassa in un alternarsi funzionale.

L’attività fisica, e via via aumentandone il livello, aiuta a “fare il fiato”, ma ciò deve essere fatto in maniera graduale soprattutto per chi è inattivo.

L’aiuto del trainer è indispensabile per creare il programma di esercizi strutturato nel tempo per ogni esigenza in modo da consentire alle persone di adattarsi.

L’attività fisica deve essere di fatto personalizzata. Riuscire a parlare mentre si fa esercizio non porterà mai ad avere l’affanno. Brevi pause di recupero soprattutto all’inizio che creano il cosiddetto “allenamento a intervalli” sono utili per avere fiducia, conservare intatta la motivazione ad attivarsi e per continuare a fare sempre di più.

Cosa accade all’apparato respiratorio durante l’attività fisica?

Durante la pratica dell’attività fisica di qualsiasi tipo i muscoli si attivano, lavorano di più con un conseguente maggiore consumo di ossigeno ed una maggiore produzione di anidride carbonica. Polmoni e cuore prendono parte in questo processo: gli uni catturando l’ossigeno (= energia) attraverso la respirazione ed eliminando il prodotto di scarto rappresentato dall’anidride carbonica, l’altro pompando il sangue ricco di ossigeno ai muscoli che si contraggono.

La respirazione aumenta da una frequenza a riposo di circa 15 volte al minuto  fino a 40-60 volte al minuto durante l’esercizio insieme all’accelerazione del flusso sanguigno con conseguente aumento del trasporto di ossigeno.

Ma con una pratica costante e regolare di attività fisica (il corpo umano è predisposto per aumentare il suo livello di attività fisica!) migliora la funzionalità e la forza della muscolatura e del sistema cardiorespiratorio. Ciò significa che, muovendoci di più e quotidianamente, abbiamo un corpo attivo che cattura più efficacemente l’ossigeno trasportato dal sangue e lo invia ai muscoli per soddisfare il fabbisogno energetico cellulare. 

Siamo in grado cioè di eseguire tutte le attività motorie, sportive o lavorative con facilità e con un dispendio energetico inferiore. In questa situazione i muscoli allenati, più efficienti richiedono meno ossigeno e producono meno anidride carbonica perché migliorano l’efficienza negli scambi gassosi, nel prendere ossigeno dal sangue e cedere l’anidride carbonica. Ciò si traduce in una riduzione della quantità d’aria da inspirare ad ogni singolo esercizio e di quella da espirare.

È il cuore, inoltre, che allenato con l’attività fisica, ha più forza contrattile ovvero spreme di più le sue cavità, spinge più sangue ad ogni singolo battito e fa arrivare ossigeno alle cellule con maggiore frequenza. 

Fare attività fisica riduce la frequenza respiratoria e favorisce l’economia del respiro: chi si attiva di più respira più lentamente inspirando una minore quantità d’aria a riposo rispetto una persona sedentaria, inattiva o sovrappeso che è costantemente in affanno.

Esercizi per respirare con il diaframma

Una ginnastica del respiro fa bene a chiunque. In fondo, respirare a pieni polmoni recuperando l’elasticità polmonare grazie ad un corretto uso del diaframma è ciò che garantisce un’ efficace ventilazione alveolare ed una conseguente buona ossigenazione.

Se ci sono difficoltà ad espandere i polmoni e allargare la gabbia toracica per blocchi articolari, rigidità al dorso, contratture muscolari o altro, è bene far precedere gli esercizi di respirazione da alcuni allungamenti della muscolatura del tronco, e da alcuni esercizi di flessibilità per allentare le tensioni.

Ecco gli esercizi utili da eseguire per qualche minuto al giorno:

  • in piedi, appoggiando una mano sulla pancia sotto lo sterno, controllare che ad ogni inspirazione la mano si sposti in avanti mentre la pancia si gonfia (sta lavorando e diaframma!);
  • allungare il tempo di ogni inspirazione e di ogni espirazione in modo da compiere tra i 5 e i 10 atti respiratori al minuto (respirazione lenta e profonda). Ripetere questo esercizio più volte nella giornata (meglio il mattino, a metà giornata e la sera);
  • aggiungere progressivamente a questa respirazione lenta qualche secondo di apnea (trattenere il fiato per circa 4 secondi) tra un’ispirazione profonda (4-6 secondi) ed un’ espirazione passiva (4-8 secondi).

Acquisita questa tecnica di respiro, collochiamo una seconda fase di apnea anche a fine espirazione.

Il mio consiglio è di partire sempre da una espirazione lenta e volontaria che ci permetta di svuotare completamente i polmoni. A quel punto possiamo iniziare con la serie di esercizi e quindi con un’inspirazione lenta e profonda che riempia al massimo i polmoni d’aria.

Quando abbiamo imparato la respirazione diaframmatica siamo in grado di passare all’esercizio di respiro completo:

  • in una posizione comoda (disteso o semisdraiato) inspirare attraverso il naso lentamente riempiendo la parte inferiore dei polmoni (respirazione diaframmatica);
  • senza alcuna interruzione nell’inspirazione, prendere aria espandendo la parte toracica media;
  • completare l’inspirazione riempiendo anche la parte toracica alta senza forzare, il tutto in circa cinque secondi;
  • trattenere l’aria solo qualche secondo per permettere lo scambio di gas a livello alveolare (i polmoni cedono ossigeno al sangue e si riempiono di anidride carbonica); 
  • lasciare uscire passivamente l’aria attraverso il naso fino al completo svuotamento. Ripetere alcune volte.

Per chi desidera cimentarsi in esercizi più evoluti ecco l’esercizio della respirazione alternata:

  • in posizione comoda, tappare una singola narice del naso con un dito, consentire l’espirazione attraverso quella narice libera e farla seguire dall’inspirazione, poi tappare l’altra narice, respirare l’aria e inspirare alternando così da una narice all’altra per alcune volte.

Imparare a respirare lentamente e profondamente grazie all’uso del muscolo diaframma risulta semplice perché richiede di concentrarci solo sugli atti inspiratorio ed espiratorio.

Quali benefici?

Sebbene la respirazione sia una funzione automatica controllata dal nostro sistema nervoso autonomo, può essere in realtà influenzata e modificata volontariamente. Ciò significa che siamo in grado di condizionare e di ottimizzare il nostro stato fisico e psichico-emozionale imparando a respirare bene.

Gli esercizi respiratori e quelli abbinati agli esercizi fisici durante la pratica di un’attività fisica danno i seguenti benefici:

  • migliorano la funzionalità e l’efficienza dell’apparato respiratorio donando più elasticità alla cassa toracica;
  • migliorano gli scambi gassosi (entra più ossigeno e viene eliminata più anidride carbonica) che favoriscono i processi metabolici del nostro organismo con una conseguente maggiore efficienza fisica, più energia vitale e superiore qualità della vita;
  • mantengono più corretta e funzionale la nostra postura evitandoci gli atteggiamenti viziati di collo, dorso, schiena, ecc.
  • favoriscono un buon grado di rilassamento, benessere generale e più elevata concentrazione aiutandoci a tenere sotto controllo e a gestire meglio l’ansia, lo stress, le reazioni emotive.

Gli esercizi di respirazione aiutano a svuotare la mente, ad indurre una profonda calma, una piacevole detensione fisica, ad apprendere e memorizzare meglio oltre che migliorare la qualità del sonno e del riposo.

Ma se saper respirare bene è fondamentale per tutti, diventa indispensabile per chi pratica un’attività fisica o sportiva.

I benefici ulteriori sono:

  • una maggiore resistenza agli sforzi fisici;
  • una migliore gestione della tensione nervosa;
  • un aumento delle sicurezze, delle proprie certezze e dell’autostima.


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L’ATTIVITÀ FISICA CAMBIA L’UMORE?

Alzarsi al mattino di buon umore o di umore nero può dipendere da molti fattori. Ma c’è qualcosa che già dal risveglio possiamo fare per partire di slancio e affrontare la giornata.

In questo articolo:

  • Definizione di umore
  • Cosa regola l’umore?
  • Alcuni consigli
  • L’attività fisica migliora l’umore
  • Cosa accade con l’attività fisica?

Definizione di umore

L’umore è uno stato d’animo, quell’atteggiamento soggettivo nel vivere emotivamente ogni istante della nostra vita e che varia più o meno frequentemente

Essere di umore buono o cattivo costantemente, subirne gli sbalzi a seconda delle circostanze, soffrire di disturbi fino alla patologia come la depressione è ciò che accade fisiologicamente.

L’umore è buono quando condiziona in modo positivo e propositivo tutti gli ambiti della nostra vita influenzando i pensieri, i comportamenti, le azioni.

L’umore è pessimo quando, al contrario, il condizionamento è negativo.

Il benessere o il malessere che proviamo quando siamo di buon umore o di pessimo umore si riversa nella nostra vita privata e pubblica, sociale e lavorativa caratterizzando le conseguenze.

Le alternanze tra buon umore e malumore sono inevitabili: cambiare umore è la risposta naturale ai fatti quotidiani e a cui non possiamo sottrarci.

Cosa regola l’umore?

L’umore (e così pure i disturbi o le patologie legati all’umore) è regolato dalla neurochimica e dalla neurobiologia. Tutto avviene all’interno del nostro organismo, nel nostro sistema nervoso e nel nostro cervello, ma si è soliti distinguere quegli elementi, quelle cause interne ed esterne a noi che condizionano il tono del nostro umore. 

Così, i fattori esterni possono essere:

  • l’incontro con una o più persone
  • il ricordo di un avvenimento
  • l’emozione di un particolare momento
  • l’ apprendere un’informazione o ricevere una notizia

ma pure:

  • il tempo atmosferico che cambia (chi non è nervoso quando viene brutto tempo o triste e malinconico quando piove?)
  • le stagioni che variano (soprattutto quando si va verso l’autunno-inverno)
  • la luce solare più o meno intensa o la lunga esposizione alla luce artificiale.

I fattori interni riguardano invece quei processi attivati dai neurotrasmettitori come la serotonina, l’adrenalina, la dopamina, dalle sostanze endogene prodotte dal nostro organismo che regolano e modificano l’umore.

Così cambiamo d’umore in relazione alle situazioni che viviamo, ai fatti che accadono, alle persone che interagiscono con noi e che condizionano le nostre emozioni.

Le emozioni contrapposte di gioia e tristezza, e pertanto il buonumore e il malumore, si alternano nella vita di tutti i giorni.

L’umore mutevole è fisiologico fino ad una data soglia definita da alcuni precisi sintomi. Questa soglia rappresenta il limite oltre il quale l’umore presenta le sue alterazioni di tipo depressivo o di tipo maniacale, bipolare.

I disturbi dell’umore sono in realtà disturbi emotivi che rimangono costanti e perdurano nel tempo, si manifestano in maniera intensa, eccessiva e creano disagi alla persona.

Alcuni consigli

Possiamo prenderci cura del nostro umore per favorire il nostro benessere e la stabilità verso il buonumore. Adottare comportamenti positivi e propositivi si può seguendo alcuni suggerimenti:

  • mantenere uno stile di vita sano grazie ad un’alimentazione corretta e a un’ adeguata attività fisica regolare e costante (oggi nel rispetto delle restrizioni contro il covid);
  • condividere le emozioni con gli altri in un dialogo continuo soprattutto quando viviamo momenti difficili (come oggi con la pandemia da covid). Ciò aiuta ad abbandonare il malumore e a uscire dall’isolamento della sofferenza;
  • dare tregua ai periodi di stress che creano malessere rallentando il ritmo, concederci qualche gratificazione e momenti di vita più semplice e tranquilla;
  • venire a contatto più spesso con la natura, esposti alla luce solare evitando di stare a lungo in ambienti chiusi illuminati solo da luci artificiali (come oggi con lo smartworking – leggi l’articolo del blog “Sopravvivere allo smartworking con l’attività fisica”);
  • accettare le situazioni complesse che alterano il nostro umore come ostacoli da superare e opportunità da cogliere.

Favorire il buon umore è sempre possibile a partire dal nostro corpo perché, quando il corpo si muove, si attiva, si allena trova quel giusto equilibrio che lo fa stare bene e dentro quel corpo che sta bene ci siamo noi che,come conseguenza, stiamo meglio.

L’attività fisica migliora l’umore

Il consiglio per il buonumore sta nella pratica di una sana attività fisica.

Meno sedentarietà e inattività, (leggi l’articolo del blog “Sedentari o inattivi?”) infatti, è infatti il punto di partenza per allontanare i pensieri negativi, eliminare le preoccupazioni e la malinconia, in una parola per cambiare l’umore.

Molto spesso alla parola “attività fisica” reagiamo con avversione pensando agli allenamenti ad alta intensità, sportivi o militari, riservati agli atleti, mentre qui si intende un’attività fisica moderata, regolare continua.

Chi decide di fare attività fisica per influire sul tono dell’umore deve tener conto delle sue caratteristiche fisiche, delle sue difficoltà e delle sue preferenze. Un’attività fisica piacevole ha molte più probabilità di essere praticata nel tempo e di dare fin da subito, proprio per la sua piacevolezza, il buon umore.

L’attività fisica deve rappresentare quell’esperienza positiva che distrae dagli elementi negativi e che ci consente di mantenere un buon equilibrio dell’umore.

Anche piccoli cambiamenti nella nostra vita quotidiana per dar spazio all’attività fisica possono portare benefici nella regolazione dell’umore.

Ma affidarsi ad un professionista laureato in scienze motorie (o ad un personal coach) è il primo passo per creare la propria routine motoria quotidiana. 

A volte c’è bisogno di frammentare gli obiettivi dell’attività fisica in piccoli passi purché realizzabili oppure di non concentrarsi solo su l’intensità degli esercizi perché gli effetti positivi sull’umore sono indipendenti dall’intensità.

La cosa importante è che l’attività fisica diventi un rituale giornaliero per avere quell’effetto terapeutico soprattutto quando insorgono i sintomi del cattivo umore.

Il buonumore che l’attività fisica ci dispensa passa attraverso il modo in cui la si fa. “Sentire” bene l’esercizio fisico eseguito in modo corretto, i muscoli coinvolti, le parti che si muovono aumenta la consapevolezza corporea: si percepisce la funzionalità del proprio corpo insieme ai punti di forza e ai punti di debolezza.

Pochi minuti di esercizi al mattino appena svegli come fosse la fase di riattivazione e di riscaldamento per risvegliare la muscolatura e l’apparato cardiocircolatorio dopo il sonno oppure 30 minuti di impegno aerobico come camminare a passo sostenuto ogni giorno è la minima quantità di attività fisica che fa la differenza di umore nel breve e nel lungo periodo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia 30 minuti di attività fisica giorno, non meno di cinque giorni alla settimana perché aiutano chiunque a sentirsi meglio.

Cosa accade con l’attività fisica?

L’attività fisica attiva l’intero sistema circolatorio e l’apparato respiratorio che, innalzando il calore interno, ossigenando di più i tessuti e togliendo le tensioni muscolari, inducono una sorta di rilassatezza e di calma interiore nell’immediato. Quando stiamo bene fisicamente anche l’umore cambia.

I cambiamenti neurochimici e neurobiologici che avvengono con l’attività fisica contrastano l’abbassamento dell’umore: la produzione di molecole di alcune sostanze endogene riattiva il benessere e genera il buon umore.

Ecco cosa accade con l’attività fisica: 

  • una migliore circolazione sanguigna a livello cerebrale stimola l’asse ipotalamo-ipofisi-ghiandola surrenale (HPA) e rende migliore e più efficace la risposta ormonale allo stress. Ciò significa che i fattori di stress quotidiani, familiari, di lieve entità non inducono una risposta esagerata e che recuperare dai momenti negativi è più rapido e soddisfacente. Così ne guadagna l’umore;
  • il rilascio delle endorfine, considerate gli ormoni del benessere, riduce la sensazione dolorosa perché esse hanno un effetto analgesico, tengono sotto controllo, inoltre, le alterazioni dell’umore e gli stati depressivi con la loro azione euforizzante paragonabile a quella delle sostanze oppiacee o della morfina. Ecco perché ci si sente bene dopo aver fatto dell’attività fisica!
  • il livello di cortisolo si abbassa tenendo così sotto controllo sia lo stress che gli stati depressivi. Non è un caso che le persone sedentarie soffrano di più di ansia e depressione rispetto le persone attive, che il livello di cortisolo sia alto e che ci sia minore produzione di endorfine. Il risultato è uno stato di rilassamento e di calma interiore; 
  • l’attività fisica stimola il rilascio di un’ altra importante sostanza endogena, la noradrenalina che contribuisce a stabilizzare l’umore;
  • sonno e riposo in genere migliorano e solo con un miglioramento si recuperano energia vitale e buonumore;
  • il metabolismo più efficiente e veloce tiene sotto controllo il peso corporeo riducendo l’effetto negativo dell’eccesso di peso. Il peso corporeo è legato infatti, al benessere psicoemozionale. Vedersi bene e in forma fisica migliora l’umore;
  • l’autostima sale perché la percezione di sé, il piacersi di più, il sentirsi più sicuri, l’immagine di sé migliorata è più gratificante potendo notare i risultati fisici ottenuti;
  • si evitano la pigrizia e l’abbandono ad uno stile di vita poco sano con ripercussioni sull’umore (disordine alimentare, alcol, sedentarietà, fumo, abuso di farmaci, ecc.);
  • ci si allontana dalle preoccupazioni e dai problemi, non ci si lascia condizionare da distrazioni o pensieri negativi così da migliorare la propria determinazione.

Facendo attività fisica guadagniamo in salute, forma fisica e benessere con un impatto positivo sull’umore.

Sarebbe sufficiente concentrarci sulla moltitudine di vantaggi che l’attività fisica dona all’organismo prevenendo molte patologie per sentirsi più felici e di buonumore!

È difficile riscontrare stati d’animo negativi come malumore, ansia e depressione nelle persone che fanno attività fisica. In fondo, è proprio muovendoci che “scarichiamo” la tensione delle situazioni complesse e allontaniamo il cattivo umore. Non solo, ma preveniamo questi disagi emotivi allenando costantemente corpo e cervello.      



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CONTRATTURA, STIRAMENTO O STRAPPO MUSCOLARE?

Succede più frequentemente agli adulti che sono meno “elastici” di giovani e bambini, facendo sport amatoriale o agonistico così come nella vita di tutti i giorni di procurarsi una contrattura, uno stiramento o uno strappo muscolare.

Sono tre tipi di trauma muscolare che vanno distinti per riconoscerli e risolverli.

La contrattura, lo stiramento e lo strappo, quest’ultimo definito di 1°, 2° o di 3° grado, sono considerati lesioni delle fibre muscolari. Ciò non significa che si verifichi in tutte tre le condizioni traumatiche una “rottura”, un’ interruzione della continuità muscolare, ma sicuramente uno stato alterato dell’equilibrio muscolare.

Vediamo insieme le differenze.

La contrattura muscolare rappresenta quella condizione di contrazione continua delle fibre muscolari che non si rilasciano per difesa. Poiché il muscolo è stato sottoposto a uno sforzo superiore alle sue possibilità di contrarsi, va in contrattura e così rimane per proteggersi da un ulteriore sollecitazione troppo intensa che causerebbe una lesione. 

Ciò provoca:

  • dolore (che insorge qualche ora o qualche giorno dopo il trauma);
  • rigidità muscolare;
  • perdita dell’elasticità;
  • limitazione funzionale, 

e toccandolo, il muscolo risulta più duro per l’aumentato tono muscolare.

La contrattura si verifica quando la muscolatura è affaticata e stanca già da un po’ di tempo e lo sforzo da compiere risulta elevato. Di fatto, la contrattura è una micro lesione del tessuto muscolare, ma nell’ambito delle lesioni funzionali che danno soltanto delle limitazioni, al contrario di stiramento e strappo che rappresentano invece delle lesioni strutturali ovvero anatomiche.

Allora, cosa fare?

La prima azione è di tenere a riposo il muscolo contratto anche quando si esclude la gravità del caso. Se la contrattura non è troppo rilevante ci si può aiutare da subito con un’automassaggio non energico, utilizzando creme, gel, pomate, olii a base di sostanze naturali insieme ad alcuni esercizi di allungamento lento e progressivo delle fibre muscolari rigide senza superare la soglia del dolore.

Quando la contrattura risulta invece dolorosa e limita le attività giornaliere, è allora consigliabile rivolgersi ad un fisioterapista

Una fisioterapia sia manuale che strumentale può rendere più veloci i tempi di recupero: taping, tecarterapia, laser a media e alta potenza, ultrasuoni, qualche massaggio decontratturante o una mobilizzazione nell’ambito della terapia manuale.

Dopo un trattamento fisioterapico il trainer può intervenire con gli esercizi di allungamento muscolare sia statico che dinamico da ripetere più volte nell’arco della giornata e insegnare l’ alternanza della contrazione e del rilassamento del muscolo. 

Anche alcuni esercizi generali di bassa intensità fanno ritrovare alla muscolatura contratta la sua condizione naturale di partenza. Dopo qualche seduta si consiglia di aggiungere esercizi di tipo aerobico a completamento del percorso rieducativo.

Lo stiramento è l’effetto di un allungamento brusco e rapido delle fibre muscolari oltre il loro limite fisiologico durante l’esecuzione di un gesto sportivo o di un movimento di importante impegno muscolare.

Non si provoca una rottura vera e propria, ma il dolore localizzato è improvviso e acuto anche se non al punto di interrompere l’attività in corso. 

Altri segni che si evidenziano sono:

  • la limitazione funzionale;
  • una discreta rigidità (dalla conseguente contrazione di riflesso all’allungamento);
  • una riduzione della forza muscolare.

Come porre rimedio?

L’applicazione del ghiaccio nell’immediato, il riposo evitando continue sollecitazioni alle fibre muscolari stirate, un prodotto in crema o gel ad uso topico sono i provvedimenti da prendere subito in autonomia.

Per essere certi dell’entità del trauma ed escludere lo strappo muscolare è sempre bene rivolgersi ad una figura competente come il fisioterapista, il proprio medico di base, il fisiatra, l’ortopedico, il medico dello sport.

L’esame diagnostico ecografico è elettivo per una precisa diagnosi, ma anche in assenza di questo è possibile valutare se e quando ricorrere alla fisioterapia strumentale (kinesiotaping, laser a media e ad alta potenza, tecarterapia, ultrasuoni a contatto) per rendere più veloci i tempi di recupero dello stiramento muscolare.

Dopo circa una settimana dall’evento traumatico si può procedere con la massoterapia decontratturante, la terapia manuale e con i primi esercizi di allungamento.

Si associa a questo punto del percorso il lavoro del trainer con un blando lavoro aerobico che parte dall’uso della cyclette o del tapis roullant per una camminata e con gli esercizi di allungamento secondo la tecnica PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), in italiano “facilitazione propriocettiva neuromuscolare”,  che prevede l’allungamento muscolare in quattro fasi distinte:

  • portare il muscolo in allungamento in modo lento e graduale, sempre sotto la soglia del dolore;
  • contrarre il muscolo nella posizione di massimo allungamento per 15-20 secondi (contrazione isometrica);
  • rilasciare il muscolo per 5 secondi;
  • allungare il muscolo per altri 30 secondi:

Il lavoro aerobico può farsi via via più impegnativo con l’uso di altri attrezzi “cardio” come lo step, con l’aumento dell’intensità sul tapis roullant (camminata vigorosa e corsetta) e con gli esercizi di forza per ripristinare il trofismo muscolare.

Dopo due settimane dall’infortunio il soggetto può riprendere la sua vita attiva a pieno regime e lo sportivo le sue sedute di allenamento.

E infine arriviamo allo strappo muscolare o distrazione, vera e propria lesione delle fibre muscolari sottoposte a un esagerato impegno muscolare, ad un allungamento eccessivo, ad un’importante sollecitazione, durante uno scatto, una brusca e veloce azione o una contrazione improvvisa.

Il muscolo può risultare lesionato solo in alcune sue fibre (lesione di 1° grado), in una porzione consistente (lesione di 2° grado) oppure strappato interamente (lesione di 3° grado).

Lo strappo muscolare si caratterizza per il rumore della rottura (il “crac”, lo “stock”) percepito come un colpo forte al muscolo seguito da un dolore intenso e acuto e dall’avvallamento (il “buco”) della porzione muscolare lacerata.

Dopo un certo numero di ore si nota un versamento che a seconda del grado di lesione può presentarsi più o meno esteso, più o meno importante. Le caratteristiche dell’ematoma fino alla raccolta di sangue, il gonfiore e la rigidità del muscolo strappato possono dare subito la misura del danno.

La prima cosa da fare, oltre all’immediata sospensione dell’attività fisica sportiva o lavorativa in corso, è applicare il ghiaccio o un impacco freddo e rivolgersi ad uno specialista in traumatologia (ortopedico, fisiatria, medico dello sport) o al proprio medico di base per indagare la lesione. È probabile la successiva richiesta di un esame diagnostico elettivo come l’ecografia o la risonanza magnetica per la precisa valutazione della lesione e della prognosi. 

In caso di strappo muscolare sono generalmente indicati:

  • il riposo di alcune settimane; 
  • l’immobilizzazione e la compressione della parte lesionata;
  • lo scarico dell’appoggio con l’uso di stampelle quando lo strappo interessa la muscolatura degli arti inferiori;
  • la terapia fisica come tecarterapia, laserterapia o ultrasuonoterapia

L’azione tempestiva può evitare la formazione cicatriziale di fibrosità muscolari.

Lo strappo è un taglio delle fibre muscolari e il tessuto cicatriziale di riparazione che si forma tende infatti ad essere spesso rigido, toglie elasticità alle fibre muscolari ed espone il muscolo ad ulteriori traumatismi lesivi.

Ecco perchè l’intervento fisioterapico di terapia fisica diventa indispensabile, seguito dalla terapia manuale come il trattamento miofasciale per agire sul tessuto connettivo.

In caso di strappo bisogna attendere la 2ao 3asettimana dopo le cure mediche e fisioterapiche per iniziare il recupero attivo con esercizi aerobici (cyclette, tapis roullant, step) e la 3ao 4asettimana per il recupero attivo della forza grazie ad una serie di esercizi in isometria senza carico del peso e in isotonia con deboli carichi. 

Si passa poi a sollecitare il gruppo muscolare antagonista al muscolo lesionato fino ad arrivare agli esercizi in catena cinetica  chiusa (es. per arti inferiori come squat o leg press) per stimolare l’intera muscolatura dell’arto e non il solo muscolo lesionato.

Dopo la 4a– 5asettimana si procede con gli esercizi a resistenza elastica e  isocinetica per il recupero attivo di forza e trofismo muscolari.

[Andrews, Harrelson, Wilk. Physical Rehabilitation of the Injured Athlete, Philadelphia, 2004]

In caso di fibrosi dopo lo strappo muscolare ovvero ispessimento del tessuto connettivo nell’area della lesione che causa perdita dell’ elasticità e aderenze, utile è la fibrolisi con il foam-roller.

Il foam-roller permette con il passaggio ripetuto sulla parte rigida (mai superare la soglia del dolore!) di rompere i tessuti fibrotici e migliorare la distensione delle fibre muscolari e fasciali.

Ci sono persone più soggette ai tre infortuni muscolari appena descritti, soggetti più predisposti che non sempre sono agonisti dello sport o sportivi amatoriali. Anche i sedentari e le persone che non praticano attività fisica possono vivere l’esperienza della contrattura, dello stiramento o dello strappo muscolare come gli sportivi.

Questi i fattori condizionanti:

  • hanno dei disequilibri tra gruppi muscolari, vizi posturali o blocchi articolari che compromettono il lavoro muscolare non consentendo contrazioni e rilasciamenti completi delle fibre muscolari;
  • presentano un’ asimmetria degli arti (quando sono interessati gli arti inferiori);
  • compiono movimenti bruschi per la velocità di esecuzione (in particolare la velocità di accelerazione) sollecitando i muscoli in maniera eccessiva rispetto alla propria forma fisica;
  • si trovano a condizioni atmosferiche particolari e a temperature basse, magari senza badare all’abbigliamento tecnico o consono al freddo, nelle quali la muscolatura è già rigida in partenza e predispone ai 3 tipi di infortuni;
  • eccedono nell’affaticamento;
  • trascurano il fatto che la muscolatura posso essere stanca, affaticata e di conseguenza rigida ed esposta alle lesioni prima ancora di sottoporla ad un lavoro;
  • in ambito sportivo dimenticano il riscaldamento o lo rendono inadeguato, e così pure il defaticamento;
  • non dedicano attenzione agli esercizi di allungamento muscolare (stretching).

Funzionalmente, contrattura, stiramento e strappo avvengono quando il muscolo interessato si trova in contrazione eccentrica (tensione della fibra muscolare in allungamento) e ciò accade soprattutto ai muscoli flessori del ginocchio, la loggia posteriore alla coscia (ischio-crurali, bicipite-femorale), agli estensori del ginocchio, la coscia anteriore (quadricipite, sartorio, retto femorale), agli adduttori, al polpaccio (soleo, gastrocnemio), ma pure a collo e spalle (trapezio), ai pettorali e alla zona dorso-lombare della schiena.

Il riscaldamento e il defaticamento sono i momenti di preparazione e conclusione dell’ attività fisica, ma pure lavorativa, molto spesso trascurati. 

Sono due fasi distinte che devono essere personalizzate e che variano a seconda delle condizioni psico-fisiche del soggetto nonché di quelle meteorologiche e ambientali.

Il riscaldamento è indispensabile ad innalzare la temperatura corporea per rendere più veloci tutte le reazioni biochimiche dell’organismo e per eliminare l’attrito favorendo lo scorrimento delle parti durante l’esecuzione del movimento. Con il riscaldamento si innalza inoltre la frequenza cardiaca: l’aumentato battito del cuore favorisce un maggior trasporto di sangue e di conseguenza di ossigeno ai muscoli sottoposto allo sforzo.

Un insufficiente riscaldamento (che prevede anche cauti esercizi di allungamento statico e dinamico fatti a caldo) può compromettere il funzionamento dell’apparato muscolo-scheletrico: la viscosità tendinea e muscolare rimane alta facendo perdere l’elasticità nel movimento.

Venendo a mancare la flessibilità, la tensione eccessiva sull’unità muscolo- tendinea può causare l’infortunio che si manifesta nei tre casi sopradescritti.

Il defaticamento comprende gli esercizi di allungamento dei vari fasci muscolari volti a ripristinare le condizioni di partenza, prima dello sforzo muscolare.

I più importanti per gli arti inferiori sono: 

  • allungamento del polpaccio (composto dai muscoli gemello interno e esterno e soleo) > in piedi appoggiare le mani ad una parete con le braccia tese, tenere estesa una gamba con piede ben vincolato a terra mentre l’altra è piegata e permette al bacino di avanzare; gestire la tensione muscolare mantenendola per circa 60 secondi.  
  • allungamento specifico del soleo > la posizione è analoga all’esercizio precedente, procedere piegando anche il ginocchio della gamba che ha il piede vincolato dietro.
  • allungamento del quadricipite > in piedi con una mano in appoggio ad una parete, impugnare il piede della gamba controlaterale e flettere il ginocchio portando il tallone, per dietro, al gluteo; mantenere la posizione per 20 – 60 secondi.    

Prevenire gli infortuni come la contrattura, lo stiramento e lo strappo muscolare è sempre meglio che curare. Ed è compito del trainer esperto in scienze motorie guidare le persone ad avere una buona forma fisica di base per praticare attività fisiche sportive o lavorative adeguate alla propria preparazione, e a decidere di dedicare brevi intervalli di tempo al riscaldamento e al defaticamento. 

Stimolare i fasci muscolari con precisi ed adeguati esercizi fisici, favorire l’escursione articolare, l’elasticità muscolare, la forza e la resistenza (lavoro aerobico) sono i prerequisiti per una funzionalità muscolare ottimale ed un minor rischio di infortuni e traumi muscolari.

[Il materiale pubblicato consente un rapido accesso alle informazioni e ai suggerimenti dati per ogni relativo argomento. Tali indicazioni non si sostituiscono al parere medico e tecnico specialistico in ambito sanitario]

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EFFICIENZA FISICA CON L’ATTIVITÀ FISICA

Ci chiediamo mai quale sia il livello della nostra efficienza fisica quando abbiamo il fiato corto nel correre a prendere il treno o il bus, se facciamo qualche rampa di scale, se portiamo con fatica borse o pacchi pesanti?

Ci domandiamo ogni tanto se il nostro organismo funziona bene, se abbiamo una buona forma fisica o se abbiamo bisogno invece di darci una mossa?

Perché avere efficienza fisica significa svolgere tutte le attività quotidiane dal lavoro alla scuola, dalla casa al tempo libero, dall’assistenza agli spostamenti per andare e tornare, dalla spesa ai lavori domestici fino al gioco e allo sport con una certa energia e senza eccessivo affaticamento.

Ma non basta. Avere una buona efficienza fisica vuol dire anche essere nelle condizioni di poter far fronte agli imprevisti, a quelle richieste di maggiore energia rispetto lo standard giornaliero (come accelerare il passo perché in ritardo o spalare la neve dopo una abbondante nevicata o spostare qualcosa di ingombrante, per esempio!).

L’efficienza fisica non è soltanto godere di buona salute perché l’organismo non è malato e funziona regolarmente. Non è solo uno stato di benessere psicofisico che ci fa stare bene, ma una condizione fisica ottimale in cui siamo in grado di portare a termine le incombenze, i doveri e i piaceri quotidiani con sufficiente energia, serenamente.

L’efficienza fisica va distinta più nel dettaglio in efficienza fisica per la salute ed efficienza fisica per la prestazione. 

[“Definizioni e componenti dell’efficienza fisica e del benessere“, 05.2020 Bellucci M. – RAICultura] 

Cosa si intende?

Si distingue una condizione di efficienza fisica per garantire la salute quando le sue 5 componenti ovvero:

  • la funzionalità cardiorespiratoria
  • la composizione corporea
  • la forza
  • la resistenza muscolare 
  • la flessibilità 

sono tutte rispettate. 

Soprattutto nell’adulto e nell’anziano la scarsa rappresentazione di questi 5 parametri di riferimento porta lentamente e inesorabilmente alla compromissione dello stato di salute, della qualità della vita e all’insorgenza di malattie da ipocinesia cioè da mancanza di movimento.

Si distingue poi un’efficienza fisica per la prestazione intendendo quella condizione ideale nell’ambito dello sport, della competizione, delle performance fisiche in cui altre 5 componenti devono essere sviluppate con l’allenamento: 

  • l’agilità
  • la velocità
  • la potenza intesa come forza esplosiva
  • la coordinazione neuromuscolare 
  • l’equilibrio.

Nel bambino l’efficienza fisica per la salute e l’efficienza fisica per la prestazione si equivalgono mentre già dall’adolescente e poi nell’adulto e nell’anziano si distinguono.

In questo articolo voglio circoscrivere soltanto il tema dell’efficienza fisica (Physical Fitness) per la salute perché una buona efficienza fisica consente al nostro corpo di rallentare i processi degenerativi legati all’invecchiamento e alla scarsa funzionalità di organi, apparati e sistemi, in una parola, di stare in salute.

Essere efficienti fisicamente significa prima di tutto desiderarlo e volontariamente sviluppare quelle abilità assopite mantenendosi attivi nel tempo. 

Come farlo? 

Bisogna ricercare uno stile di vita attivo e pertanto più sano che oggi rappresenta l’obiettivo del presente e del futuro per contrastare le conseguenze dell’ipocinesia in questo periodo ancora più diffusa e aggravata dalla pandemia da covid (limitazione degli spostamenti fisici, palestre chiuse, diffusione dello smartworking, ambiti sportivi ridotti nelle attività, scuola online, ecc.)

Per raggiungere un buon livello di efficienza fisica non basta certo dedicarsi a qualche passeggiata (attività motoria fondamentale per un sedentario o un inattivo che decide di iniziare!), ma bisogna soddisfare tutte le componenti che caratterizzano l’efficienza fisica (funzionalità cardio respiratoria, composizione corporea, forza, resistenza muscolare, flessibilità).

Nello specifico:

  • la funzionalità cardiorespiratoria indica l’avere il fiato in ogni attività, in ogni sforzo o impegno muscolare al quale il nostro corpo è sottoposto. Tale funzionalità è necessaria a fornire costantemente energia all’organismo durante il prolungarsi dell’attività. 
  • la composizione corporea riguarda il rapporto tra la massa magra (muscolatura) e la massa grassa (grasso corporeo) in un giusto equilibrio, la presenza di liquidi e il peso corporeo in una situazione di normo peso. 
  • la forza rappresenta la capacità del muscolo di produrre e attivare la massima tensione muscolare nel sollevare, spostare o tirare pesi
  • la resistenza consente di eseguire continue contrazioni per periodi di tempo prolungati senza cedere, senza mollare mai
  • la flessibilità muscolare e articolare favorisce l’esecuzione del movimento fino alla sua massima ampiezza e non con limitazioni. In una parola, l’essere sciolti, svincolati e non rigidi.

Rispettare questi cinque parametri significa raggiungere una vera efficienza fisica.

Si tratta quindi di muoversi, di attivarsi di più perché l’attività fisica può ottimizzare i benefici per la salute se

  • viene praticata sempre regolarmente, per tutta la vita
  • comprende un impegno da parte della maggior parte dei muscoli del corpo, non solo quelli degli arti inferiori (per camminare o correre ad esempio)
  • si estende alle più svariate attività fisiche
  • contribuisce ad un dispendio energetico calorico giornaliero
  • include anche momenti di intensità più elevata.

La sedentarietà, l’inattività (leggi l’articolo del blog “Sedentari o inattivi?”), l’invecchiamento, il decadimento fisico causato dall’ipocinesia (mancanza di movimento) compromettono l’efficienza fisica poiché agiscono su tutte le sue componenti deteriorandole e riducendole.

Il risultato è la stanchezza fisica, la fatica, condizione in cui siamo incapaci di compiere un gesto, di portare a termine un lavoro sul piano fisico per mancanza di energia e per una diminuita prestazione muscolare.

Appare chiaro allora che soltanto una corretta e adeguata attività fisica può ripristinare o mantenere l’efficienza fisica di un individuo, a qualunque età.

L’impegno fisico deve essere graduale e dosato (leggi l’articolo del blog “Posologia dell’esercizio fisico”) in base alle caratteristiche di ciascun soggetto e alle sue condizioni fisiche.

L’attività fisica comporta nel tempo quegli adattamenti fisiologici necessari per il raggiungimento di una buona efficienza fisica:

  • I tessuti, gli organi, gli apparati e i sistemi del nostro corpo si adattano con tempi diversi agli stimoli dell’attività fisica 
  • l’apparato locomotore ha un adattamento rapido con un conseguente aumento della massa muscolare e del suo tono grazie ad una migliore sintesi proteica, l’idratazione dei tessuti è ottimale soprattutto del collagene 
  • migliora il metabolismo delle cartilagini con il conseguente ispessimento, con articolazioni più nutrite e lubrificate dal liquido sinoviale
  • migliora il metabolismo del calcio e quindi delle ossa con una maggiore densità ossea e capacità di resistenza meccanica (ossa più dure e resistenti). 

Con un adattamento a più lungo termine anche gli apparati cardiocircolatorio e respiratorio migliorano

  • il cuore pompa meglio e di più grazie all’aumentata capacità contrattile, in conseguenza a ciò la gittata cardiaca aumenta mentre diminuisce la frequenza cardiaca a riposo
  • i vasi sanguigni diventano più elastici grazie al miglior trofismo e i capillari conducono più sangue anche in periferia, diminuiscono le resistenze periferiche e la pressione arteriosa
  • la capacità respiratoria si ottimizza grazie all’ampiezza degli atti respiratori e all’espansione della gabbia toracica così da favorire il trasporto di ossigeno nel sangue attraverso la rete capillare in ogni minima parte del corpo.

Il nostro organismo si adatta progressivamente ad una attività fisica personalizzata (che deve essere costante e regolare) purché guidata dalle figure competenti come i trainer, i medici specialisti, i fisioterapisti nella durata, nell’intensità, nella qualità, quantità e modalità. [Zambelli S. “La strada per l’efficienza fisica”, Fitness & sport]

Muoversi di più, praticare più attività fisica significa fare un primo passo verso uno stile di vita attivo per poi decidere di puntare anche ad una migliore efficienza fisica.



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ABBIAMO UN CORPO FATTO PER MUOVERSI!

Abitiamo il nostro corpo per un’intera esistenza e diamo per scontata la meraviglia del suo funzionamento. E non siamo al corrente che il nostro corpo è un compromesso tra forza e mobilità.

Ma come siamo riconoscenti a questo prodigio della natura? 

Buona parte di noi praticando poca attività fisica, non curando troppo l’alimentazione, lasciandolo appesantire e ammalare lentamente.

L’importanza di muoverci, soprattutto per garantirci una vita sana ha una sua storia che si rivela solo alla fine degli anni Quaranta con uno studio condotto in Gran Bretagna sui conducenti e bigliettai degli autobus a due piani di Londra.

Il dott. Morris del Medical Research Council si era reso conto che ogni giorno in ciascun mezzo di trasporto a due piani c’era un conducente che trascorreva l’intera sua giornata lavorativa stando sempre seduto e un bigliettaio che, al contrario, stava tutto il tempo in piedi e non solo, ma saliva e scendeva i gradini tra i due piani dell’autobus innumerevoli volte durante il suo turno di lavoro.

Il dott. Morris studiò per due anni i due gruppi di 35.000 conducenti e bigliettai a confronto per capire quanto l’aumento dell’incidenza di infarto e coronaropatia si associasse al livello di attività fisica fatta. Scoprì che, pur tenendo conto di molte variabili e, a prescindere dalla loro forma fisica, i conducenti presentavano il doppio delle probabilità di avere un infarto, perché sedentari, rispetto ai bigliettai sempre in movimento.

Era la prima volta, in una Gran Bretagna che si stava riprendendo dal conflitto mondiale, che uno studioso dimostrava il legame diretto e misurabile tra attività fisica e condizione di salute.

Dagli anni 40 in poi gli studi per avvalorare la tesi che muoversi di più produca innumerevoli benefici ci sono moltiplicati.

Non c’è organo, apparato o sistema nel nostro corpo che non abbia influenze positive dalla pratica dell’attività fisica.

Camminare con regolarità e costanza, ad esempio, riduce il rischio di infarto, di ictus e di diabete, rafforza le ossa e potenzia il sistema immunitario, stimola la produzione e regolazione degli ormoni, abbassa notevolmente le probabilità di tumori come quello al seno e al colonretto, migliora l’umore, ritarda l’invecchiamento e la senilità.

Se scoprissero un farmaco con gli effetti di un’attività fisica di moderata intensità (leggi l’articolo del blog “Movimento nuovo farmaco”) il successo sarebbe a livello mondiale.

Quanta attività fisica occorre fare, dunque?

Certo non esiste un numero preciso e universale perché qualunque tipo di attività fisica fa bene, in realtà, se adatta alle proprie caratteristiche e praticata con costanza nel tempo. E anche se da anni l’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si batte per coinvolgere tutte le fasce di popolazione e di età con una precisa quantità di attività fisica raccomandata (leggi l’articolo del blog “La piramide dell’attività fisica”), c’è da precisare che gli stessi obiettivi consigliati e quantificati sono stati definiti tali perché generalmente alla portata di tutti e non per le reali capacità delle persone.

Il problema è che di esercizio fisico ne facciamo davvero poco e soprattutto non con regolarità e costanza.

Per essere i discendenti di antenati cacciatori-raccoglitori che in media percorrevano circa 30 km al giorno e che avevano corpi snelli e atletici per attivarsi quasi sempre, noi siamo molto lontani dall’assomigliare a loro.

I nostri progenitori, inoltre, per far fronte a periodi di magra, immagazzinavano i grassi come riserva di carburante, mentre noi abbiamo grasso stoccato nel nostro corpo per affrontare una vita sedentaria senza movimento!

Di scorte addosso ne abbiamo molte e tanti di noi, da non rendersene più conto. E dato che la capacità di adattamento è tipica dell’uomo, oggi tutti adattiamo il nostro comportamento (quello di accettarsi sovrappeso perché sedentari e inattivi! Leggi l’articolo del blog “Sedentari o inattivi?”) ad un modello che è socialmente condiviso.

Si ingrassa ovunque, nel mondo, per mancato movimento. Ma i dati statistici più interessanti relativi alla popolazione degli Stati Uniti sono quelli riguardanti l’aumento di massa: una donna pesa in media oggi quanto un uomo nel 1960! In sessant’anni il peso medio di una donna è salito da 63,5 a 75,3 kg e quello medio di un uomo da 75,3 a 89 kg. D’altra parte non ci vuole molto a ingrassare: senza attività fisica che lo bruci anche un biscotto alla settimana si trasforma in un kg di peso in più all’anno!

Il risvolto drammatico è che molti bambini sovrappeso oggi saranno obesi domani con un conseguente accorciamento della loro vita rispetto ai propri genitori per disturbi legati al peso.

Si sa che dimagrire è difficile, ma come minimo, ed è veramente il minimo che si possa fare, dovremmo alzarci più spesso e muoverci un po’.

Alzarci dalla sedia o dalla poltrona brucia 107 calorie all’ora, camminare ne brucia circa 180. In uno studio condotto con dei volontari che sperimentavano una serata a guardare la televisione, si ha avuto come risultato il consumo di 65 calorie in più all’ora cioè circa 240 nell’arco della serata per coloro che ad ogni pausa pubblicitaria si alzavano dal divano e gironzolavano per la stanza muovendosi liberamente.

Anche solo stare più a lungo in piedi rispetto a chi sta a lungo seduto senza fare interruzioni comporta un consumo di energia maggiore (leggi l’articolo del blog “Perché troppo fermi e seduti fa male?”).

Il solo esistere comporta un certo dispendio energetico. Come riferisce James Levine esperto di obesità alla Mayo Clinic e all’Arizona State University la “termogenesi da attività non associata all’esercizio fisico”  rappresenta il consumo calorico di base in una qualunque giornata. Così cuore, cervello e reni ne consumano circa 400 al giorno, il fegato ne consuma 200, ma questo non giustifica l’inattività.

Muoversi di più dà suoi risultati in termini di benessere e di salute, ma ciò che sembra davvero rilevante è che chi ha l’abitudine di fare costantemente attività fisica tende ad avere anche uno stile di vita più sano, a curare l’alimentazione misurandone le quantità e la qualità e ad ottenere quei risultati di migliore forma e condizione fisiche che stando seduti non ci sarebbero.

L’attività fisica costante e una corretta alimentazione non garantiscono una vita più lunga, ma aumentano la probabilità di averla, la vita e una vita di certo migliore!

* da “Breve storia del corpo umano” – Bill Bryson – Ugo Guanda Editore


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