POSOLOGIA DELL’ESERCIZIO FISICO

L’attività fisica è come un farmaco e come tale va somministrata da chi la conosce; se poca, non sortisce nessun effetto, se troppa, può risultare tossica.” R. Margaria (1901 – 1983)

Opportunamente somministrato questo farmaco cura e previene diverse patologie e svariati tipi di disturbi. Ha delle implicazioni positive sullo stato di salute in genere, aiuta a ritrovare il benessere perduto migliorando la condizione fisica e l’umore; non può sostituirsi a tutti i trattamenti farmacologici, ma risulta un ottimo coadiuvante (Leggi l’articolo “Movimento nuovo farmaco”).

C’è un bisogno specifico di muoversi per ciascuno di noi che non è mai uguale a quello di un’altra persona. Siamo unici anche nel ricevere la giusta posologia di attività fisica sia per migliorare la forma fisica e la salute sia per risolvere qualche disturbo articolare o combattere una patologia in atto.

Posologia, dal greco “quanto” e “studio” è il termine per definire le modalità, i tempi e il dosaggio di assunzione di un farmaco prescritto che si estende anche alla somministrazione dell’attività fisica a ciascun individuo.

Il dosaggio è la misura, la quantità di esercizio fisico, quel “carico di lavoro” muscolare e cardiovascolare consigliato che influisce sul sistema nervoso, immunologico ed endocrino.

Il dosaggio è, nello specifico, la quantità di “principio attivo” da somministrare per produrre un effetto. 

Stimolare le capacità di resistenza, forza e flessibilità significa utilizzare i “principi attivi” che rendono efficace l’attività fisica come farmaco. 

Mantenersi in salute con l’attività fisica non richiede un dosaggio elevato di esercizi né un’attività fisica specifica: quello che conta è integrare nella giusta misura i tre principi attivi resistenza, forza e flessibilità.

I 3 “principi attivi” combinati assieme danno infatti all’uomo la garanzia di una condizione fisica equilibrata e ottimale per affrontare la vita.

Con la resistenza riusciamo a sostenere uno sforzo fisico di un’intensità medio-bassa in un intervallo di tempo medio-lungo.

Con la forza sosteniamo uno sforzo fisico di intensità medio-alta in un periodo di tempo brevissimo-breve.

Con la flessibilità contrastiamo la rigidità e permettiamo alle articolazioni del corpo di raggiungere i massimi gradi di escursione.

Il dosaggio dell’esercizio fisico è in funzione delle caratteristiche di ogni singola persona: sesso, età, peso corporeo, livello di fitness, problematiche muscolo-articolari, patologie in atto, farmaci associati; dei fattori psicologici, delle sue esigenze personali e deve generare specifici effetti.

Le differenze individuali vanno considerate per programmare un’attività fisica a ciascuna persona che dia sollecitazioni e stimoli differenziati e non generalisti come nei numerosi tutorial sul web!

La corretta posologia si basa sul un lavoro individuale, costante, lineare con incrementi continui allo scopo di aumentare la tolleranza allo sforzo verso un obiettivo stabilito.

Il riscontro positivo che la persona deve avere dal corretto dosaggio somministrato è il senso generale di benessere psicofisico. Affaticamento che perdura a fine training, disturbi specifici o un disagio generalizzato sono indicatori di una posologia di esercizi non adeguata.

Andare in affanno così come vivere lo sforzo possono essere quantificati dalla percezione secondo una scala di valori da zero a 10.

  • 0 (zero) la persona è inattiva come quando sta seduta;
  • 1-2 non prova fatica né affanno e tutto procede al meglio;
  • 5-6 l’intensità è moderata;
  • 7-8 l’attività è vigorosa;
  • 8-9 misura il massimo affanno sostenuto senza fermarsi o la massima fatica muscolare sopportata.
  • Il valore 10 rappresenta l’impossibilità a eseguire quella data attività fisica.

Come già sottolineato, il dosaggio serve a creare su misura un piano di attività fisica per ogni singola persona

Solo i professionisti del settore possono prescrivere il corretto dosaggio per ciascuno con competenza, professionalità e responsabilità (medici specialisti dello sport, laureati in scienze motorie, fisioterapisti e trainer certificati). Le precise indicazioni date e la personalizzazione evitano i cosiddetti “effetti collaterali” che il farmaco movimento può avere se non somministrato adeguatamente.

Nella posologia dell’esercizio fisico si utilzzano i fattori intensità, frequenza, durata, modalità e progressione che servono a caratterizzare ogni seduta di attività fisica. Così  l’intensità (quale e quanto impegno fisico), la frequenza (numero di volte al giorno, alla settimana, al mese), la durata (tempo necessario di esecuzione), la modalità (quali esercizi), la progressione (come evolvere con gradualità fino al raggiungimento dell’obiettivo) combinate in un preciso protocollo di lavoro in cui vengono rispettati i 3 “principi attivi” (resistenza, forza e flessibilità) possono trovare indicazione non soltanto in coloro che desiderano migliorare qualitativamente e quantitativamente la loro vita, ma soprattutto in coloro che:

  • sono in sovrappeso / obesi; 
  • hanno il diabete;
  • hanno dolori muscolari articolari;
  • hanno la pressione alta;
  • sono in menopausa; 
  • sono convalescenti da una malattia oncologica;
  • si trovano nella fase post infarto
  • soffrono di sindrome funzionali (fibromialgia, colon irritabile, stress).

Non basta lasciarsi incuriosire dalla varietà di esercizio fisico e attrarre da quelli che piacciono di più oppure farsi consigliare un certo numero di esercizi specifici da eseguire un dato numero di volte per un numero di serie(ad esempio, tre serie di 10 piegamenti…) come abitualmente viene insegnato. 

Non è la ricerca del miglior esercizio o della migliore sequenza a fare la differenza nel risultato finale, bensì la corretta posologia che indichi cosa, come, quanto, quando e perché fare se si vogliono evitare gli effetti negativi o indesiderati.

Oltre alla scala di valori da 0 (zero) a 10 per monitorare l’esecuzione della propria attività fisica c’è anche il riferimento al respiro. 

Moderata o media è l’attività in cui il respiro è lievemente accelerato con o senza sudorazione, elevata è l’attività in cui il respiro e il battito cardiaco sono accelerati, con sudorazione. 

Attività fisiche moderate o medie sono, ad esempio, camminare a ritmo sostenuto, andare in bicicletta, fare giardinaggio, spalare la neve o la ghiaia oltre a molte altre attività quotidiane, sportive o del tempo libero.

Attività fisiche ad elevata intensità sono correre, bici a ritmo sostenuto, nuoto, sci di fondo, esercizi con attrezzi. 

Certo è che le condizioni e le caratteristiche fisiche di ciascuna persona possono alterare questo riferimento. Così, un’attività fisica come il Nordic walking, per esempio, è moderata se il soggetto è allenato, è elevata per un soggetto inattivo, o anziano o con problemi di salute!

La raccomandazione di muoversi 150 minuti la settimana in maniera moderata o i 30 minuti al giorno camminando oppure i 75 minuti di sport o di attività fisica elevata o la combinazione di attività motorie di diversa intensità non vanno interpretate come la posologia di movimento per ciascun individuo!

La posologia, lo ribadisco, è l’indicazione precisa per ogni  individuo del dosaggio dei tre principi attivi, resistenza, forza e flessibilità.

Ecco perché anche un’attività fisica frazionata nell’arco della giornata, ad esempio, per meglio inserire l’esercizio nella routine delle varie attività quotidiane, può rivelarsi utile nella posologia ad alcuni soggetti particolari come gli anziani. 

Partendo dal presupposto che “poco è meglio di niente” è, come già dimostrato, che il fitness (= buona salute e buona forma fisica) aumenta anche con un giorno soltanto di attività fisica la settimana (Pollack et al. 1980), risulta evidente che quantità minime di attività fisica comportano ugualmente benefici alla salute.

Come un farmaco, muoversi nei vari momenti della giornata può avere un’azione diversa a seconda del bioritmo della singola persona. Così, praticare dell’attività fisica di primo mattino ha l’effetto di svegliare il metabolismo e di mantenerlo attivo per l’intera giornata. Al mattino il livello di zuccheri nel sangue è molto basso perché l’organismo ha affrontato un lungo digiuno durante il riposo notturno e il corpo, influenzato dal rilascio di cortisolo, beneficia di un consumo del grasso corporeo favorendo il dimagrimento. Il rilascio di endorfine garantisce anche il benessere psicofisico dando buonumore fin dalle prime ore del giorno.

Nella fascia oraria centrale della giornata e al termine del pomeriggio il nostro corpo è in grado di fare sforzi intensi grazie al sistema ormonale attivo, al cortisolo in circolo e ad un metabolismo efficiente.

L’attività fisica serale ha invece efficacia nell’eliminare le tensioni somatizzate nell’arco da giornata nel diminuire il livello di stress.

L’OMS ribadisce che esiste un legame tra la quantità di attività fisica e la speranza di vita e, che interagire con il proprio ambiente attraverso le varie forme di movimento, a tutte le età, contribuisce a preservare la salute. Ma per aumentare l’attività fisica e disincentivare i comportamenti sedentari bisogna dare a ciascuno la giusta posologia.

Fonte: ACSM’s resource manual for Guidelines for exercise tasting and prescription. Amercan College of Sports Medicine

Fonte: World Health organization. Strategia per l’attività fisica 2016-2025

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PERCHÉ TROPPO FERMI E SEDUTI FA MALE?

Passiamo buona parte della nostra vita fermi e seduti davanti uno schermo e al volante senza sapere cosa accade al nostro organismo.

Le implicazioni sullo stato di salute e sulla forma fisica, oltre che sull’umore, sono davvero tante, ma non abbiamo consapevolezza che possano portare a sindromi metaboliche, a ripercussioni cardiovascolari o addirittura a tumori del colon-retto.

Quei problemi sono troppo lontani nel tempo per preoccupare: meglio capire cosa succede alla nostra salute nell’immediato.

Abitualmente rimaniamo fermi e seduti per un tempo più lungo di quello che trascorriamo dormendo. Da 6-8 a 13-15 ore al giorno sul lavoro, negli spostamenti, a casa, statici su una sedia, un sedile o una poltroncina non possiamo sfuggire all’azione della forza di gravità (Leggi anche “ATTIVITÀ FISICA E FORZA DI GRAVITÀ“) che ci schiaccia. 

La forza di gravità a cui siamo sottoposti, infatti, costantemente ci tira verso il basso, ci chiude, ci comprime, ci accorcia, riduce la mobilità delle nostre articolazioni, ci incurva irrigidendoci. Le posizioni in cui stiamo a lungo, l’inattività e l’influenza della forza di gravità modellano il nostro corpo fino a fargli assumere l’aspetto che vediamo riflesso ogni giorno nello specchio!

Curvi in avanti con la schiena a C quando siamo seduti, imponiamo ai dischi delle vertebre della nostra colonna una pressione poco naturale irritando le radici nervose e di seguito i nervi che si diramano da lì. A risentirne è tutta la colonna vertebrale che rimane in una postura scorretta e i cui dischi schiacciati non vengono nutriti né alleggeriti da un peso corporeo poco uniforme.

Il tratto cervicale, allungato in avanti per assecondare lo sforzo oculare al terminale o alla guida, si trova a reggere il peso della testa e a condizionare anche il tratto dorsale.

Ci ritroviamo così a stare gobbi e a ingobbirci nel tempo.

Il disequilibrio che si crea coinvolge pure le spalle che, chiuse in avanti mantengono alcuni gruppi muscolari in stiramento ed altri in accorciamento, con una conseguente limitazione di movimento.

Alcuni muscoli come i glutei, poco sollecitati a contrarsi, al contrario molto allungati e stirati, perdono il loro tono e creano un ulteriore squilibrio a livello di bacino.

L’articolazione dell’anca resta costantemente in flessione alterando i tessuti molli che, come i legamenti, i tendini, la capsula articolare, perdono parte della loro elasticità mentre l’ileo-psoas, muscolo flessore dell’anca, resta in accorciamento.

I muscoli addominali sono sottoutilizzati non essendo implicati nel controllo di una stazione eretta o nel mantenimento di una postura e lasciano rilassata la nostra pancia. Un sano tono muscolare addominale, invece, oltre a sostenere il core, aiuta anche il processo digestivo e la respirazione.

Stando fermi e seduti il diaframma non ha possibilità di espandersi in uno spazio addominale ridotto: gli atti respiratori sono brevi, poco ossigeno entra e poca anidride carbonica esce, le costole si alzano appena e il tratto dorsale rimane bloccato. Respirare bene è, invece, un requisito vitale per garantire una buona postura, per condizionare i movimenti del nostro corpo, lo stato mentale e l’efficienza intestinale!

E che dire di eventuali disturbi uro genitali, di perdite urinarie (soprattutto nella donna dei cinquant’anni in su) per mancato lavoro dei muscoli perineali e del trasverso dell’addome?

Ma la serie di disturbi e disequilibri fisici che stare a lungo seduti comporta, non finisce qui.

Una postura ferma e in chiusura come quando sediamo per ore porta gli strati della fascia connettivale ad aderire l’uno sull’altro riducendo la mobilità articolare e muscolare. Il tessuto connettivo, infatti, avvolge, fascia e fornisce una struttura a tutte le componenti del nostro organismo: continuo dalla testa ai piedi, come una rete connette ogni parte del nostro corpo e lo condiziona interamente.

Un corpo troppo fermo fa aumentare i valori della glicemia, del colesterolo e la quantità di tossine in circolo. Il cuore ne risente causa una circolazione sanguigna e linfatica rallentate, un’alterazione della pressione e una minore quantità di grassi bruciati.

E se sangue e linfa scorrono con minore velocità da seduti (magari con le gambe accavallate!), possono nascere disturbi agli arti inferiori (Leggi anche “MUOVERSI PER…FAR CIRCOLARE“. Non solo gonfiori e pesantezza, ma rischio di trombosi per formazione di coaguli (trombo).

Stare fermi seduti non aiuta il transito intestinale, non fa bene al microbiota del nostro intestino (Leggi anche “INTESTINO E ATTIVITÀ FISICA“) così come comporta seri rischi per il tratto del colon e del retto (emorroidi, ragadi, ecc.).

Particolare attenzione va fatta anche al pancreas e alla sua produzione di insulina che serve a tenere sotto controllo i livelli di glucosio per produrre energia. Stare seduti più di 8 ore al giorno porta ad un aumento del 90% del rischio di diabete di tipo 2. (Leggi anche “COME COMBATTERE IL DIABETE CON L’ATTIVITÀ FISICA“)

A questo punto, viene voglia di alzarsi e muoversi?

Già nell’atto di alzarsi, infatti, o di muoversi da una posizione statica mantenuta a lungo, si innesca una serie di reazioni a livello molecolare nel nostro organismo. Grazie all’insulina, per esempio, si attivano in pochi secondi i sistemi cellulari e muscolari che permettono di regolare i livelli di trigliceridi, glicemia e colesterolo nell’immediato.

Il nostro corpo è stato progettato per muoversi svincolandosi dalla forza di gravità nella continua ricerca di posture equilibrate. Più ci muoviamo e migliori diventano le posture che adottiamo soprattutto quando siamo costretti a stare a lungo fermi e seduti.

Tre sono i comportamenti da adottare per ridurre i danni fisici causati dalle posizioni statiche e le conseguenze per la nostra salute:

  • essere consapevoli che stare a lungo fermi e seduti e controindicato;
  • avere una seduta adeguata alle proprie caratteristiche fisiche e alle proprie esigenze intervallando il tempo trascorso da seduti con qualche esercizio fisico;
  • curare la propria forma fisica e lo stato di salute muovendoci per rendere il corpo adatto a stare a lungo fermo e seduto senza danneggiarlo.

La consapevolezza arriva quando impariamo a “sentire” che la postura adottata da fermi e seduti può essere migliorata.

Solo la sensibilità e la percezione di come stiamo quando siamo fermi e seduti rende sostenibile il cambiamento della postura. 

Il movimento che avviene nel nostro corpo quando eseguiamo un esercizio fisico per alternare la posizione da fermi e seduti, la contrazione dei muscoli che eseguono quell’esercizio, la percezione di cosa e dove sta avvenendo, sono elementi che devono essere “sentiti”. “Sentire” con il corpo significa essere consapevoli che qualcosa sta accadendo.

Avere una sedia o poltroncina adatta non significa ricercare l’ultimo modello in fatto di design! I designer, infatti, studiano il corpo umano per creare sedute confortevoli ed ergonomiche, ma dimenticano che non siamo fatti per stare fermi e seduti troppo a lungo.

Rivolgere l’attenzione a nuova sedia può a volte convincerci che i problemi di salute si risolvano soltanto così e non applicandoci dell’esercizio fisico! 

Allora, come stare seduti in modo sano?

Scegliere di farlo senza appoggiare la schiena e senza appoggiarsi ai braccioli stimola il lavoro della muscolatura addominale e della schiena così come posizionare un cuscino a cuneo in modo da avere le anche più alte delle ginocchia. 

Inoltre, la seduta su superfici instabili come una fit-ball o un cuscino pneumo-elastico contenente aria permette quei micro movimenti che mobilizzano in continuità le articolazioni e ci liberano da molte tensioni.

Una seduta adatta ed ergonomica non ci risparmia dall’intervallare il nostro lungo tempo trascorso in posizione statica con qualche esercizio fisico! 

Ecco allora che alzarci e camminare da una stanza ad un’altra, rimanere un po’ in piedi andando sulle punte e sui talloni sia a ginocchia estese che a ginocchia flesse, inginocchiarsi in posizione di affondo per allungare i flessori dell’anca (ileo-psos), mettersi in posizione quadrupedica (a gatto) incurvando la schiena in alto e in basso, può essere ripetuto più volte e può dare un grande beneficio.

Per eliminare gli effetti negativi accumulati nelle ore trascorse da seduti è importante, anche per chi pratica da tempo attività fisica (specifiche sedute settimanali dedicate), alternare la posizione seduta con gli esercizi.

Per chi si muove poco, decidere di iniziare a praticare con regolarità una corretta e dosata attività fisica, meglio se consigliata da personale esperto, è una scelta responsabile. 

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ATTIVITÀ FISICA E SONNO

Un terzo della nostra vita se ne va dormendo o tentando di farlo, ma sono in molti a non avere una buona qualità di sonno. Eppure dormire bene circa 7-8 ore al giorno è indispensabile per il nostro benessere, la salute e per un buon funzionamento del nostro cervello.

Il sonno è una condizione di riposo fisico e psichico perlopiù notturno,  che si contrappone allo stato di veglia, nella quale l’organismo ha ridotte attività e interazione con l’ambiente per consentire la conservazione e il recupero energetico. 

Le funzioni del sonno, in realtà, sono pure quelle rivolte alla memoria e all’apprendimento perché dormendo si assimilano e si generalizzano le informazioni, si consolidano nuove memorie mentre l’attività cerebrale rimane attiva riorganizzandosi.

È dal mancato sonno che si coglie la sua importanza: dormire poco o dormire male causa mancata regolazione dell’umore, irritabilità, deficit dell’attenzione, uno sbadigliare continuo, indebolimento del sistema immunitario che non tiene più a bada molte patologie, aumento dei rischi di disturbi cardiaci, di diabete e di obesità.

Come si svolge il sonno?

Le quattro fasi del sonno, dal sonnolento a quello paradosso, sono organizzate in cicli di circa 90 minuti che si ripetono mediamente 4-6 volte durante la notte e sono determinate da specifiche modificazioni che avvengono nell’organismo e nell’attività cerebrale.

Fase 1: è la fase di dormiveglia in cui il corpo entra in uno stato di sonno leggero; i muscoli si rilassano, la temperatura corporea si abbassa, il battito cardiaco rallenta, i movimenti degli occhi non sono ancora rapidi (NREM) e il tutto si predispone al passaggio verso un sonno più profondo.

Fase 2: è la fase di sonno medio in cui il corpo si addormenta. La temperatura corporea si abbassa ulteriormente, le ghiandole endocrine producono in maggior quantità gli ormoni specifici della crescita cellulare e, insieme all’invio di sangue alla muscolatura e al contributo dei sistema immunitario, lavorano in un processo di riparazione dei tessuti, di ricostruzione di quelli muscolare favorendo la rigenerazione.

Fase 3: lo stato del sonno è ancora più profondo e dal quale è difficile risvegliarsi. Gli occhi si muovono lentamente, il metabolismo corporeo rallenta e, passando alla fase successiva, si entra decisamente nel sonno lentoprofondo.

Fase 4 (REM): detta anche sonno delta, è caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dell’attività cerebrale. La respirazione si fa irregolare, gli occhi chiusi iniziano a muoversi rapidamente (REM = Rapid Eye Movements) ma in modo irregolare, la muscolatura involontaria risulta immobilizzata perché perde il suo tono e si sogna. È questo il cosiddetto sonnoparadosso in cui l’organismo, pur addormentato profondamente, presenta un’attività cerebrale molto simile a quella caratteristica dello stato di veglia: il cervello consuma ossigeno per rimanere attivo e il sonno è qualitativamente più leggero.

Il sonno dunque è efficace per un buon recupero, ma la sua durata e la sua qualità molto dipendono dalla condizione di stanchezza da cui il corpo ha necessità di recuperare. 

Cosa significa? 

Che il nostro corpo ha bisogno di stancarsi, di affaticarsi, di muoversi un po’ giorno per avere garantito un buon sonno ristoratore.

“La sedentarietà è con ogni probabilità nemica del buon riposo” cita Orfeu Buxton, specialista del Centro dei disturbi del sonno del Brigham and Women’s Hospital di Boston e con uno studio la National Sleep Foundation ha evidenziato che è prima di tutto la qualità del sonno a migliorare con l’attività fisica. 

Questo spiega perché molte persone sedentarie lamentino con frequenza disturbi del sonno e risvegli notturni.

L’inattività fisica è pertanto il reale nemico del sonno.

Il nostro organismo è progettato per l’attività motoria, ma i grandi cambiamenti che hanno facilitato e migliorato la condizione di vita di ciascuno, hanno ridotto la quantità di attività motoria e spinto verso una maggiore sedentarietà, fattore di rischio di numerose condizioni patologiche moderne. 

Fra tanti effetti positivi della pratica di una certa quantità di attività fisica giornaliera sulla nostra salute fisica e psichica c’è anche il farci dormire meglio. 

Questi effetti sono conseguenza delle modificazioni fisiologiche che avvengono a livello del nostro corpo grazie all’attività fisica. 

È bene tenere presente che questi cambiamenti sono però temporanei ovvero cessano nel momento in cui cessa l’attività fisica e in breve tempo l’organismo ritorna come prima, il sonno disturbato come prima.

Allora, iniziamo a muoverci!

L’attività fisica ottimale consigliata è quella che coinvolge il sistema cardiocircolatorio, l’apparato respiratorio e quello muscolo-scheletrico in proporzioni equilibrate anche se ogni occasione per muoversi va sempre sfruttata.

La quantità e l’intensità dell’attività fisica sono fondamentali per consentire a ciascuno di noi, in base alle proprie caratteristiche e ai propri limiti, di trarne beneficio. Proprio come un farmaco, l’attività fisica deve essere dosata, in accordo con la tesi del fisiologo italiano prof. Margaria (Rodolfo M. 1901 – 1983) che ha ribadito che farne troppo poca non serve, non dà beneficio, troppa fa male.

A chiunque si consiglia un’attività fisica moderata come intensità, ma costante nel tempo, possibilmente quotidiana. Si può partire al mattino dopo il sonno notturno e prima di colazione con alcuni minuti di risveglio muscolare; durante la settimana alternare un giorno di attività di resistenza come camminare per almeno 30 minuti, con un’attività di forza utilizzando pesi o elastici per un minimo di 20 minuti. 

Perché l’attività fisica praticata con consapevolezza e piacere aiuta anche a liberare la mente, ad abbandonare le preoccupazioni e l’ansia che portano invece allo stress. L’ossigenazione dei tessuti, la produzione di sostanze euforizzanti come le endorfine, la vitalità percepita di un corpo che si muove quando si fa attività fisica hanno l’effetto di rilassare il corpo e di condurlo ad un buon sonno ristoratore

Approfondiamo.

L’attività fisica provoca un lieve aumento della temperatura corporea che, per alcune ore, rimane elevata rispetto i valori normali e favorisce l’eliminazione di tossine e prodotti di rifiuto accumulati dall’organismo.

Dopo questo intervallo di tempo, la temperatura scende e l’organismo può predisporsi al riposo e al sonno nel modo migliore.

C’è da notare che se l’attività fisica praticata consente all’organismo di raggiungere una temperatura più bassa durante il sonno, quell’abbassamento di temperatura corporea favorisce un’efficace sintesi proteica necessaria a riparare tutti i tessuti compresi quelli muscolari danneggiati durante l’attività fisica.

Gli studi su attività fisiche e sonno non sono ancora così numerosi nel portare a conclusioni definitive. Certo è che l’attività fisica (praticata per almeno un’ora al giorno e di livello medio-alto, cioè solo se richiede non meno del 60% della capacità respiratoria del soggetto) migliora la qualità del sonno, riduce il tempo necessario per addormentarsi così come il sonno condiziona l’attività fisica. Nello specifico, il sonnoparadosso in cui il cervello rimane attivo, si accorcia a favore del sonnolentoprofondo.

Sempre più gli studi scientifici stanno spostando l’attenzione sull’attività fisica praticata o meno anziché sui temi alimentari nel rispondere ai numerosi dubbi sulla salute. Anche per il sonno, è quanto ci si muove piuttosto che ciò che si mangia a fare la differenza (cit. Fondazione Veronesi).

Dunque, se svolgere attività fisica è essenziale per dormire bene, ridurre lo stress quotidiano, rigenerare l’organismo ed essere più attivi, farlo solo il fine settimana (Alon Avidan, professore di neurologia e direttore della UCLA Sleep Disorder Center afferma che, lattività fisica può davvero migliorare la qualità del sonno con una pratica regolare e costante di almeno 30 minuti, 3-4 volta la settimana anziché solo durante il weekend ) o concentrarla la sera prima di andare a letto è sconsigliato.

L’innalzamento della temperatura corporea e la produzione di adrenalina durante l’attività fisica stimolano l’organismo. L’adrenalina, infatti, che necessita di ore per essere smaltita, impedisce il sonno perché mantiene elevata la reattività dell’organismo: dilatando le vie aeree bronchiali esalta la prestazione fisica e rende difficile l’addormentarsi.

Chi soffre già di insonnia dovrebbe evitare di praticare attività fisica di sera tardi, soprattutto se intensa. Uno sforzo anaerobico come una seduta di sollevamento pesi o qualsiasi altro allenamento ad alta intensità comporta anche una produzione di acido lattico che per essere riassorbito necessita di alcune ore prima di coricarsi.

Al contrario, nella rivista Sleep Health (Mathias Basner e colleghi dell’University of Pennsylvania Perelman School of Medicine di Filadelfia) si avanzano supposizioni che l’attività fisica possa far bene anche se fatta prima di coricarsi a quei soggetti “gufo” pronti che normalmente possono rimanere attivi fino a tardi perché vanno a dormire tardi. Attività fisica serale sembra invece controindicata ai soggetti “allodola” che si destano presto il mattino e finisco presto la sera. 

Per evitare disturbi al sonno la sera basta praticare esercizi fisici leggeri, fare una passeggiata, seguire un corso di gruppo di ginnastica dolce, posturale, di Pilates, yoga o altro che sia anche rilassante.

Nell’arco delle 24 ore di un giorno il sonno rappresenta la fase più importante perché da essa dipendono l’attività cardiocircolatoria, quella del sistema immunitario, le funzioni psichiche e l’attività fisica ne migliora il ritmo.

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COVID 19: COME E PERCHÉ ESSERE RESPONSABILI DELLA PROPRIA SALUTE

Il fisico Carlo Rovelli in un suo recente articolo sul Corriere della Sera riflette così:

“[…] Ma diecimila italiani muoiono comunque in Italia, senza epidemia, in un anno qualunque, in ogni singola settimana. A tuttora l’epidemia non è la principale causa di morte in Italia. […] Diecimila morti sono tantissimi, ma sono moltissimi meno dei morti ogni anno per tumore. O per malattie di cuore. O semplicemente per l’età. E, non dimentichiamolo, sono immensamente meno del numero di morti nel mondo per fame o malnutrizione. Quello che sta veramente facendo questa epidemia è metterci davanti agli occhi qualcosa che di solito preferiamo non guardare: la brevità e la fragilità della nostra vita. […] perché la vita è bellissima e viverla è ciò a cui diamo più valore.”(*).

La vita è bella se stiamo bene perché star bene significa essere felici: in fondo, a tutti “Basta la salute!”

Stare bene ed essere in forma a tutte le età non è solo una questione di fortuna. Fatta eccezione per chi soffre di malattie congenite o ereditarie, per chi rimane vittima di eventi fuori dal proprio controllo, nasciamo in salute. 

Nel corso della nostra vita facciamo delle scelte e seguiamo uno stile di vita che preservano la nostra salute o la compromettono.

La responsabilità che ciascuno di noi ha verso la propria salute non ha sempre a che vedere con la fortuna o la sfortuna, con i meriti o i demeriti; riguarda invece ciò che si è fatto o non si è fatto nella propria vita fino a quel preciso momento. Le nostre scelte, in un continuo alternarsi di causa-effetto, hanno determinato i risultati del nostro stato di salute.

È vero che a volte è difficile o addirittura impensabile mettere in relazione una cattiva abitudine o un comportamento sbagliato di oggi con le conseguenze che avrà il nostro corpo domani perché non sono immediate e nemmeno visibili. Ed è pure vero che il nostro organismo, che tende costantemente ad un equilibrio (omeostasi) e ad autoripararsi, può migliorare o guarire spontaneamente, ma a patto che lo si rispetti e che si decida di fare scelte di vita corrette, oggi soprattutto verso il nostro sistema immunitario che ci protegge.

Il nostro organismo, infatti, reagisce alle aggressioni e si mantiene in salute, ma per avere una difesa efficace occorre collaborare.

Il sistema immunitario raggiunge la sua massima potenzialità dopo la pubertà e durante l’età adulta, ma dai cinquant’anni inizia il suo declino che caratterizza poi l’anzianità (senescenza delle cellule immunocompetenti e conseguente deficit immunitario fisiologico).

Sistema immunitario e organismo sono efficienti quando ciascuno di noi rispetta e persegue ogni giorno:

  • un’attività fisica regolare e adeguata
  • una sana alimentazione e l’idratazione
  • il corretto riposo
  • il buon funzionamento degli apparati respiratorio ed escretore.

Ce lo stanno suggerendo da quando il Covid 19 è diventato pandemico e da quando la nostra esistenza si svolge in spazi ristretti: un’attività fisica costante e regolare anche di moderata intensità aiuta a mantenere o migliorare la qualità della nostra vita.

L’attività fisica è raccomandata a tutti e soprattutto agli anziani, anche se la quantità, la durata e la modalità di esecuzione dipendono dal tipo di persona e dalla sua condizione fisica.

Dobbiamo muoverci, dunque, dobbiamo stare il più possibile bene per noi e per gli altri, ma prima di tutto bisogna voler star bene.

Già nel novembre del 1986 a Ottawa, in Canada, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) con la carta di Ottawa, in occasione del primo congresso internazionale sulla promozione della salute, emanava linee guida ben precise di cui in sintesi: 

[…] La salute si crea avendo cura di sé stessi e degli altri […] […] La salute è una risorsa da preservare, non un obiettivo da raggiungere […]

È chiaro che la salute è un diritto, ma allo stesso tempo una responsabilità personale e non deve gravare solo sull’assistenza sanitaria.

La carta di Ottawa si focalizza già dall’ora sulla promozione della salute quale processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla salute e di migliorarla. In una parola, prendersi cura di sé, essere consapevoli del proprio stato fisico e di provvederne.

Come diventare responsabili della propria salute?

Il primo passo nell’assumere la responsabilità della nostra condizione di salute e di forma fisica sta nel riconoscere e accettare che il risultato che stiamo vedendo in noi corrisponde alle scelte fatte.

Se facciamo un lavoro da seduti e non ci muoviamo abbastanza, se prendiamo i farmaci per coprire i disturbi anziché conoscerne le cause, se lasciamo che i chili di peso corporeo lentamente aumentino anziché controllarli, se diamo la colpa degli acciacchi e dei disturbi all’artrosi, alla menopausa o al clima in cui viviamo è ovvio che abbiamo rafforzato una moltitudine di false credenze.

La consapevolezza che i comportamenti adottati fino a ieri sono solo un mucchio di scuse, ci aiuta a diventare pian piano protagonisti della nostra buona o non buona salute.

Il secondo passo sta nell’indagare cosa non va, non funziona, cosa ci fa bene cosa si fa male anche se molte volte lo sappiamo, ma lo nascondiamo a noi stessi e ci inganniamo. 

Stare seduti, ad esempio, più di un’ora senza alzarci a fare qualche esercizio, lì per lì, non ci dà disturbi, però ci rende consapevoli che non fa bene al nostro organismo perché non fa circolare la linfa e da questo una serie di conseguenze quali un sistema immunitario che non ci difende, proprio ora che ne avremmo bisogno…

Il terzo passo consiste nel prendere una decisione, la decisione di stare bene. Il termine deriva dal latino de (= da) e caedere (= tagliare, rompere) e significa dare un taglio col passato, significa escludere ogni altra possibilità scegliendo solo una strada da percorrere con impegno e senza voltarsi indietro.

Se abbiamo il diabete e la pressione alta, dei chili di troppo perché ci muoviamo poco è chiaro che decidere non vuol dire solo esprimere una preferenza o un desiderio ( “Vorrei tanto pesare di meno per non trovarmi in affanno dopo aver salito quattro gradini!”), bensì orientarsi verso una nuova meta. 

Quando decidiamo di fare qualcosa per la nostra condizione di salute e di forma fisica rompiamo col passato.

Senza timore e senza condizionamenti esterni, ci avviamo verso una direzione più salutista, avendo dentro una motivazione, una ragione forte che non lascia dubbi.

Oggi che dobbiamo e vogliamo schivare il coronavirus, ci è più chiaro cogliere che non basta mantenere la distanza sociale, indossare una mascherina, lavarsi spesso le mani e/o usare i guanti per proteggerci. 

Bisogna avere un corpo sano che funzioni bene, una salute che ci difenda da qualsiasi contagio, da un largo spettro di patologie, bisogna essere responsabili del proprio stile di vita e non spostare la responsabilità sul  Servizio Sanitario e lo Stato.

Per far questo abbiamo lo strumento più potente in nostro possesso che è la possibilità di scegliere.

E scegliendo in una direzione o in un’altra, decidendo o non decidendo ogni giorno, noi costruiamo o demoliamo la nostra salute. 

(*) Corriere della Sera – 1 aprile 2020 – Carlo Rovelli – “Coronavirus a lezione di umiltà: siamo fragili, ne usciremo uniti”

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